Diario di bordo / 4 Castaway

di MARCO GAROFALO*

Riprendere la navigazione dopo un fermo di parecchi giorni è faticoso soprattutto con mare incrociato e onda formato di tipo oceanico. Soprattutto lo stomaco di Vittorio ne risente subito. La prima notte di navigazione e i turni sono quindi più difficili da sopportare. Nel mio turno solitario sposto un cuscino in pozzetto perché non si bagni con l’umidità notturna e un movimento improvviso mi spaventa e mi fa perdere gli occhiali: un battito d’ali di un piccolo uccello che è venuto a riposare sulla nostra barca, unica “terraferma” per lui disponibile. È più spaventato di me perché il cuscino era il suo rifugio, poi si quieta e si apposta sul gommone sgonfio caricato a poppa e là sta dopo aver abbondantemente defecato. Guardo gli strumenti e non li leggo, sono senza occhiali, di notte e quasi mi cago sotto anch’io, poi recupero gli occhiali caduti, lavo gli escrementi sacramentando e prendendomi un rimbrotto dal comandante per lo spreco di acqua di questa operazione. Mi rimetto davanti al quadro strumenti e al timone sotto lo sguardo preoccupato del volatile che ci lascerà qualche ora dopo, disturbato dalla manovra sulla vela di mezzana.

Prosegue la navigazione e usiamo anche le due vele di prua tangonate con una velocità di circa 5 nodi, spinti da soli 8/10 nodi di vento in poppa. 

Il secondo giorno di navigazione è caratterizzato da poco vento, onda meno formata e tanto caldo. Mi cimento in una spaghettata con pomodoro fresco, basilico e soprattutto magnifico cacio ricotta portato da Piero e il gradimento mi conforta, essendo la mia premiere in cucina, dopo tanti exploit di ottimi cuochi! 

Un tentativo di giustificazione alla nostra passione per il cibo: mangiare bene in navigazione mantiene buono l’umore degli equipaggi ed evita ammutinamenti, per questo i cuochi erano e sono così importanti e stimati sulle navi. 

Ora scrivo queste note alle 2 am mentre faccio il mio turno. Ricambio la cortesia fattami da Piero che mi ha risparmiato un turno la notte scorsa e non lo sveglio. Indosso per eccesso di zelo il giubbotto con cintura di sicurezza, in tasca un magnifico aggeggio che, in caso malaugurato di caduta in mare, si può attivare ed emette un segnale ricevibile dalla barca e che facilita, si fa per dire, il recupero del MOB (man over board), una cerata leggera quasi inutile perché anche di notte non fa mai freddo. Nella nostra cena tra equipaggi ci raccontano di un ragazzo finito in mare con l’osso del collo fratturato per la rottura della ritenuta del boma, che gli ha fatto prendere la scotta della randa addosso con relativo sbalzo fuori bordo. Non portava cintura di sicurezza ed il padre lo ha recuperato solo per una luce che il ragazzo ha attivato in acqua. Questi racconti orrorifici servono però a ricordarci che davvero le precauzioni, soprattutto di notte, non sono mai esagerate.

 La navigazione è tranquilla mi dice Vittorio. In realtà, appena faccio un giro d’orizzonte scopro una grossa luce bianca (nave o peschereccio?) che seguo fino a quando ci sfila a poppa, distante ma mai abbastanza.

 Il sistema semplice di traguardare un punto (in questo caso la luce bianca) su una sartia o su un candeliere, funziona sempre. Purtroppo gli strumenti non segnalano le navi che non usano il sistema AIS, cioè il radar, ma gli occhi e l’attenzione restano indispensabili. Mezza luna, stellata incantevole, buona visibilità, oceano spianato e senza vento, si naviga a motore. Nelle prime 24 ore, quasi tutte a vela, abbiamo percorso 133 miglia. Ci sono isole e scogli di origine vulcanica, due di queste isole addirittura segnalate con fari, qui una rarità. Alcuni di questi ostacoli sono segnalati sulla carta come scogli rilevati da navi o aerei in qualche data remota o meno ma non confermati. È bene stargli comunque lontani. Le profondità indicate dalle batimetriche sono di 1000 metri, poco rispetto ai 4000 e 9000 metri dei giorni scorsi. Segno che ci avviciniamo alle terre: Fiji, Australia, New Zeland. Altro pericolo: i fondali da migliaia di metri passano a poche centinaia e creano onde enormi, fantastiche per i surfisti, meno per le barche. Mi rimetto davanti agli strumenti. 

Voglia di protezione

 Finalmente in cuccetta e sogno di improvvisare una navigazione italiana sul gozzo con l’amico Lucio, morto quando arrivai a Guadalupe su Ocean Bird: mi spinse a partire sapendo che stava morendo e rassicurandomi sulla sua sorte, “Vai, e quando torni mi racconterai delle Antille”. Nel sogno Lucio provava l’ancora perché voleva essere sicuro che tenesse. Io lo tranquillizzavo e studiavo una rotta costiera per sapere dove navigare. Avevamo solo due zainetti e la voglia di viaggiare in mare, insieme.

Penso che mi manca un amico fraterno e maggiore, come mi mancano i miei genitori. Nelle situazioni in cui si è soli o quasi in mezzo al Pacifico e in situazioni di pericolo e incertezza, si vorrebbe essere ancora figli o fratelli minori, sentirsi accuditi e protetti.

 Altro sogno, questa volta Camilla, figlia di Matilde, con vestito lungo viola! Mi dice che dobbiamo parlare.

Finalmente al mattino possiamo spegnere il motore e issiamo il gennaker per venti leggeri. Veleggiare a più di 6 nodi senza rumore è gradevole anche se pensi che stai attraversando il Pacifico a passo di corsa leggera di un atleta mediocre!db81728a-10d5-4b4c-a5d0-b02d8f2f17d6JPG

Lavoretti e considerazioni storiche nell’Oceano infinito

Altra giornata calda e inerte, il capitano inventa lavori non sempre indispensabili come passare l’aspirapolvere, nella migliore tradizione dei comandanti dei vascelli che solcavano questi oceani dalla seconda metà del ‘700 e nell’800.

Questo oceano è smisurato, due volte l’Atlantico e ricopre una parte smisurata del globo terrestre. Lo si capisce solo guardando un mappamondo e non il planisfero che lo spacca in due, ad est e a ovest.

Magellano nel suo giro del mondo lo scoprì (gli indigeni già lo attraversavano con piccole piroghe) e navigò da Est a Ovest per tre mesi, senza imbattersi in nessuna terra! Penso alla disperazione e ai problemi di approvvigionamento che dovette affrontare col suo equipaggio. Tra loro il grande Pigafetta che si stupì dell’errore nel calcolo dei giorni di navigazione, lui così preciso nell’annotarli, dovuto alla perdita di un giorno di chi come noi macina gradi e gradi di longitudine. Peschiamo un tonnetto pinna gialla troppo piccolo e lo ributtiamo nel suo elemento. In Italia le sue dimensioni avrebbero fatto la felicità dell’amico Vieri e di tanti pescatori più o meno frustrati.

 Si tocca?

 Mentre gustiamo la pizza fatta dal comandante ecco un momento di panico perché il profondimetro segna 5 metri! Dovrebbero essercene 1000 e temiamo uno scoglio vulcanico non segnalato sulle carte nautiche o una balena o branco di pesci grossi che ci passa sotto la chiglia. Sono le 21.37 anche se alle Fiji sono le 20.37.

 Da Ovest a Est in un attimo

 ra due ore ci sarà il passaggio storico dalla longitudine Ovest a quella Est! Sono di turno e ho la responsabilità di svegliare tutti poco prima del passaggio dall’emisfero ovest a quello est. 

Ecco il momento: tutti insieme filmiamo gli strumenti che segnano Latitudine 179^59,998 Ovest e poi 179^59,997 Est! Festeggiamo felici e Piero urla “si torna a casa!”. Stellata spettacolare con Giove, Venere e la via lattea in evidenza. Basta puntare il cellulare con la App specifica e ti si manifestano le costellazioni con tanto di disegno a prova di stupido. IMG_2607JPG

Pensiamo ai polinesiani che attraversavano questa sterminata distesa d’acqua orientandosi solo con gli astri. Navigatori formidabili. 

Si naviga da due giorni noiosamente, quasi sempre a motore, l’oceano si è spianato e appena ci siamo avvicinati alle Fiji è attivato un sms promozionale di un gestore telefonico locale che invita ad abbonarsi con esso. Anche in mezzo al Pacifico la telefonia impazza e fa impazzire gli umani.

 Comunque siamo quasi arrivati e domani saremo attraccati in un marina yacht lussuoso e con ogni confort. Ora sono le 17 del 6 giugno e il sole tramonta con tinte rosa arancio su fondali di nubi grigie striate e, con effetto davvero strano, si rifrangono a specchio a est! Finalmente abbiamo avvistato un peschereccio tra le isole, e isole, terre, poi luci,dopo tanta assoluta solitudine. Stanotte vigilanza elevata perché gli incontri con altre barche non devono essere troppo ravvicinati. 

Giovani e futuro 

Navigazione tranquilla nella notte del 6 giugno, vela prima e poi, al calar del vento, a motore. Stiamo doppiando il capo dell’isola di Viti Levu e penso ai giovani tonghiani, alla loro allegria di studenti curiosi della vita e destinati quasi sempre a cercare un futuro di lavoro e di vita al di fuori dell’isola natia. Studiano l’inglese ma in casa parlano anche la lingua di Tonga. Sono eleganti nelle loro divise, felici di essere fotografati insieme a noi, superano, soprattutto le ragazze, una non so se naturale o indotta dalla ritrosia della religione cattolica ad esporsi troppo, e come pure per i bambini, sembra che ti aprano il loro cuore con spontaneità commovente. Non vorrei che queste considerazioni fossero inficiate da un involontario neocolonialismo buonista ma le faccio ugualmente, certamente in buona fede.

 Alcuni dei tratti psicologici di queste nuove generazioni sembrano corrispondere a quelli dei nostri ragazzi italiani e europei, coraggiosi nella ricerca personale di un futuro molto incerto e faticoso, aperti davvero al mondo. Loro sì che sono viaggiatori arditi, capitani coraggiosi. Auguri di buon vento sempre, ragazzi.

 Fine dell’ultimo turno notturno, quasi già mi manca questa tensione e concentrazione, la responsabilità che il comandante e gli altri compagni ti danno, la solitudine ed il sentirsi infimi dentro l’infinito oceano mare. Domattina con la luce diurna reciterò un verso del novello “poeta” Enzo Grassi che condivide con noi questa magnifica sorte e progressiva: Veni, vidi, Fiji!

 Oggi giornata tutta spesa per riparazione del timone. Stasera con auto noleggiata visitiamo Nadi, cittadina orrenda che si snoda lungo la main street: il traffico è tremendo, con livelli di inquinamento elevatissimo, tuttavia le strade sono pulitissime, le persone cordiali e anche loro pulite, le donne profumate e molti indiani e relativi negozi. Incrociamo anche un “corteo” di hare krishna. A Fiji il 38% della popolazione è di origine indiana. Gli inglesi ne deportarono a migliaia per farli lavorare nelle piantagioni. Le tensioni tra melanesiani e indiani sono state e sono ancora forti. 

Kava

Venerdì sera, come da tradizione, ci fanno provare la Kava, radice del pepe polverizzato sciolta in acqua. Un contenitore in legno ne racchiude molti litri. Con una coppa ci offrono la pozione che va ingerita d’un fiato. A fine mescita tutti battono le mani rumorosamente. Se bevuta in grande quantità “taglia le gambe”, stordisce e dimentichi tutto fino al giorno dopo. Questo rituale, proibito dai missionari, è tornato ad essere eseguito, dalle 18 di sera fino alle 3 del mattino, poi tutti dormono fino al giorno dopo. Nel giro in auto si capisce che l’isola è ricca anche perché smaltiscono auto e rifiuti. In una laguna grigia per l’assenza di sole Vittorio cammina sulle acque e si ritrae per la presenza di serpenti marini velenosi.

 Non ci facciamo mancare neppure il golf

 Ancora fermi in porto e il capitano si veste di tutto punto da golfista e ci coinvolge in un mini match sul green a 9 buche. Io ed Enzo facciamo i caddy e pattiamo in buca. Vittorio, che millantava una presunta esperienza golfistica, sfida Piero che sfoggia uno swing fantastico fintanto che un traffichino figiano (detto body), che lo ha introdotto al campo con sconto, non comincia a dargli consigli. Sotto osservazione, Piero comincia a sbagliare incredibilmente. Vittorio ce la mette tutta, il tramonto incombe ed altri giocatori inseguono. A proposito di Vittorio, è famoso per la sua nomenclatura: dice “dove parcheggiamo la barca?” e così chiede la racchetta invece della mazza. Finiamo con la vittoria scontata di Piero, meritata anche perché ha dovuto subire la nostra rumorosa e incompetente presenza sul campo!

Anche in barca ogni tanto ricordava Jack Nickolson in Qualcuno volò sul nido del cuculo, capitano di una ciurma di “picchiatelli” (così li chiama lui simpaticamente) in gita-fuga estemporanea su una barca che comunque rappresenta la libertà di vivere e pensare.

Castaway

Finalmente, essendo purtroppo OB ancora senza ruota del timone per le riparazioni del Raymarine (insieme di software e hardware a cremagliera che governano il pilota automatico), io e Vittorio lasciamo Piero ed il fido Enzo a seguire i lavori e scegliamo di fare una gita organizzata su catamarano che a Trieste chiamerebbero “menalugari” cioè trasporta rimbambiti. Non abbiamo prenotato e ci rimbalzano, ma ci imbarcano ugualmente, dopo una mia sceneggiata napoletana in cui pietisco di non lasciare a terra due poveri italiani venuti da così lontano, e soprattutto intascando senza ricevuta l’importo del biglietto. La piccola, meschina corruzione è mondiale.

 Il tour prevede atterraggio in diverse isole, bagni e snorkelling con vista di pesci piccoli ma coloratissimi. Ci si sente come in Nemo di Walt Disney ma senza i grandi predatori dei mari che restano fuori della barriera corallina. 

Dopo una partenza con cielo grigio, si spalanca una giornata di sole caldo e luce azzurra che rende la vita indimenticabile, soprattutto la grigliata e il soggiorno di qualche ora nella Castaway Island dove fu girato il film con Tom Hanks. Non manca la scritta Help me fatta con noci di cocco, ne scrivo un’altra più romantica per Mati. Ricordo alcune inquadrature del film che cerco di riprodurre in un breve video. Sull’isola siamo meno di trenta persone e si sta benissimo. L’incantesimo si frantuma con l’arrivo rumoroso di tre moto d’acqua! Torniamo e mi avventuro in una conversazione nel mio inglese stentato con una coppia di australiani anziani (ma avranno solo qualche anno più di me), di pelle candida che la signora confronta stupita con la mia. Sono curiosi e parliamo delle loro origini inglesi e quindi del loro sentirsi un po’ vichinghi; sono colti e sensibili e chiedono al folk singer dell’equipaggio, Paul, spiritoso e simpatico, con una bella umanità, di cantare non solo successi internazionali, ma qualche brano figiano.

Sulla via del ritorno in un bellissimo tramonto, l’oceano si fa sentire e qualcuno a bordo, turista e solo per caso marinaio, impallidisce.

 A me sembra solo un po’ di brezza, ma non voglio fare il fenomeno ed elargisco sorrisi rassicuranti. Il 10% dei turisti a bordo è composto da tre donne cinesi e la loro accompagnatrice, tutte veramente brutte (loro diranno lo stesso di me) e di età indecifrabile. Si proteggono terrorizzate da ogni raggio di sole che io cerco avidamente dopo tanto tempo incerto, fanno il bagno quasi completamente vestite ed hanno una borsa piena di scritte Amalfi. Crollano in un sonno totale sballottate dall’onda oceanica.

 Nostalgia canaglia e mal di Pacifico

 Mio cugino mi ha scritto che si trova ad Anacapri con tutta la famiglia. Ricordo la settimana trascorsa con Matilde e Camilla in costiera amalfitana e la bella traversata su un maxi gommone fino a Capri, il passaggio tra i faraglioni, la grotta azzurra. Non posso fare a meno di fare una comparazione con questi luoghi e tutte le isole ne escono perdenti. Fa eccezione la particolarissima, anzi unica Suwarrow. Oggi 12, continuano i lavori a bordo dei tecnici della Raymarine, accompagnerò Vittorio all’aeroporto e più tardi partirà anche il capitanIMG_2611JPGo. Io partirò per Auckland il 14,  soggiornerò due giorni e mezzo, poi scalo in Qatar e infine Malpensa. Tutti noi partenti ci diciamo che a proposito del ritorno pensiamo “finalmente, purtroppo”.Chissà se il Pacifico ci lascerà qualcosa di simile al mal d’Africa. Sono quasi certo che accadrà.

(4 - CONTINUA)

*MARCO GAROFALO (Inizia l’esperienza giornalistica nel 1975 come redattore e poi Direttore editoriale di Radio Canale 96 e di Radio Città, emittenti milanesi di informazione e organizzatrici di concerti a Milano - Bob Marley a San Siro il più noto. Poi per un quarto di secolo lavora a L’Eco della Stampa, leader nel media monitoring. Dal 1979 naviga su barche preferibilmente di legno, in quasi tutti i mari ma predilige il Mediterraneo. Appassionato di filosofia e di politica ma solo di quella che appassiona. Dipinge astrattamente ma non distrattamente. Sessantanovenne)

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