Diario di bordo / 1 Bora Bora, cantando O' sole mio

Il viaggio Pietro Frisani, armatore e skipper di OB-Ocean Bird, una barca a vela francese di 16 metri con due alberi e tante miglia all’attivo, per i suoi cinquant’ anni decise di regalarsi un giro del mondo “da Gibilterra a Suez” che è iniziato 5 anni fa e si concluderà a Punta Ala con una festa l’8 settembre di quest’anno.  Marco Garofalo con un’altra dozzina di uomini, donne e giovani d’equipaggio,  ha partecipato da marinaio esperto (Garofalo ha 69 anni e ha percorso migliaia di miglia marine) a diverse tappe. A bordo si sono alternati 4 o 5 individui che, di volta in volta,  diventavano equipaggio... il solo comune denominatore era il comandante  Frisani, sempre presente.

La tappa del Pacifico di cui narra Garofalo in questo “Diario di bordo” a puntate ( Da Raiatea a Fiji, con una breve sosta ad Auckland)  - ce la ripropone dalla storia del tour - è importante,  si naviga per 7/8 giorni senza vedere nient’altro che oceano, nessuna terra, nessuna isola nè altre barche o navi. Prima di questa tappa Ocean Bird aveva attraversato l’Atlantico, i Caraibi  (piccole e grandi Antille oggetto di un’altra  narrazione-diario), Golfo del Messico, Panama, Galapagos, Marchesi e quindi la Polinesia Francese dove il diario ha inizio. A seguire l’Australia e l’Indonesia, Singapore, lo stretto di Malacca, la Thailandia (altro diario)e poi Sri Lanka, Gibuti e finalmente Suez raggiunta proprio il tre agosto scorso da Ob.


di MARCO GAROFALO*

Dopo un viaggio aereo che pareva interminabile, soprattutto da Los Angeles a Papeete, arrivo a Raiatea con Piero Frisani, automunito di Panda Fiat, comitato di accoglienza graditissimo.  In barca ritrovo Enzo, cugino tuttofare e multioceanico; Vittorio di Agrigento, ex agente Ina e ora skipper estivo di catamarani in Sardegna; Lorenzo, “patrizio” fiorentino già antiquario ed ora esperto di royalties. Facile simpatizzare con persone di caratteri così diversi e disponibili allo sfottò. “Amici miei in Polinesia”? Con fatica riprendo contatto con la bella barca, Ocean Bird (da ora OB, ndr), ben tenuta da Piero, sicura e confortevole, progettata e costruita dal Signor Amel nei cantieri francesi di La Rochelle, ideale per lunghe traversate oceaniche e con un bello scafo.

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(OB- Ocean bird                                           foto di Marco Garofalo)


Elezioni a Raiatea

 Manifestazioni politiche si susseguono con allegria per le elezioni che hanno visto vincere gli indipendentisti (con magliette rosse e arancio)  che vogliono più autonomia, ma con moderazione, dalla sembra qui generosa Francia. 

Prima, e per ora unica, meta balneare l’isola di Tahaa, con resort di lusso un po’ così e bagno snorkeling su coralli assai taglienti che mi provocano piccole ferite ma lunghe da guarire. Piero vedendomi bendato in due punti delle gambe mi dice che gli ricordo quando “si cadeva dal motorino” e si doveva occultarlo ai genitori. Peccato non avere più quei genitori autorevoli e accudenti. Comunque abbiamo nuotato facendoci trascinare e surfando con una corrente di qualche nodo, veloci e stupiti per la varietà di pesci piccoli e medi, multicolori. Un polpo piovra di almeno 40-50 cm esclusi i tentacoli mi guarda con un occhio stranissimo e si mimetizza perfettamente con uno scoglio scuro. Più avanti, una manta passa tra di noi indisturbata. I fondali sono bianchi di corallo. 

Al bar del resort il barman di almeno 150 chili è una trans molto convinta della sua femminilità. È cosa molto diffusa qui, perché in alcune isole la discendenza è matrilineare e se il primogenito è maschio si cerca di trasformarlo in donna. 

Le nostre soste mattutine in un caffè molto francese sono rallegrate dalla cortesia e dal sorriso di due ragazze che ci servono con una grazia davvero piacevole. In genere, ci si sente ben accolti. Il cannibalismo pare cessato come pratica soprattutto religiosa o di vendetta tribale nel 1950, l’obesità invece è dilagante a causa del junk food che anche qui si è fatto strada rapidamente, peggio delle epidemie provocate dai primi scopritori europei di questa parte di mondo. 

Bora Bora

 Finalmente si parte per Bora Bora, dopo altre riparazioni alla vela di prua, alla cinghia del motore ecc.  Si arriva a Bora Bora dopo poche ore di bella navigazione e si scoprono le “passe”, gli ingressi dall’oceano aperto all’atollo laguna, dove l’acqua si spiana e diventa piscina naturale.

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(Bora Bora          foto di Marco Garofalo)

Bora Bora ha fama di essere un paradiso, forse non del tutto corrispondente alla realtà odierna, ma la vediamo inerte e chiusa per festa nazionale. Siamo ormeggiati davanti al locale yacht club e a bordo un solerte giovane organizzatore dell’ARC World, sudafricano, fa un check di tutte le dotazioni di sicurezza della barca, con descrizioni dettagliate del loro funzionamento e racconti orrorifici di naufragi e sciagure veliche che cerchiamo di ascoltare senza farci troppo impressionare. Intorno, sciagurate e rumorose moto d’acqua ma anche canoe sportive e veloci condotte da ragazzi iscritti alla scuola di canottaggio. Uno di questi atleti insegue OB per qualche minuto, pagaiando a più di 6 nodi di velocità, poi ci saluta tra i nostri complimenti sinceri.

L’ispezione a bordo dura più di due ore e la sera arriviamo buoni ultimi alla cena sociale con tutti gli equipaggi che l’indomani mattina, 10 maggio, si affronteranno in regata. Qui il sole tramonta presto e si mangia verso le 18,30/19. Non hanno predisposto il tavolo anche per noi e mangiamo defilati su un magnifico molo, all’aperto, con migliore ventilazione. Diamo una lezione di stile all’ “organizzazione” andando a salutare tutti con un brindisi benaugurale. Ottima tartare di tonno (qui il tonno rosso è il piatto principe) e altro trancio di pesce innaffiato da due bottiglie di Gewurtztraminer neozelandese. Cena offerta dal comandante, sempre “signore” come sanno esserlo i gentiluomini del Sud. Il meteo prevede scrosci di pioggia brevi che lasciano spazio a nubi e poco sole. Lorenzo e Vittorio vorrebbero fare un bagno ma il motore del gommone li tradisce e tornano scornati. 

La mattina dopo aver fatto il pieno di acqua (1000 litri!) si va alla linea di partenza, fissata praticamente sulla passe di uscita: se si sbaglia si finisce sugli scogli di coralli, micidiali anche per le barche e non solo per gli umani. Si parte bene, tra i primi e sulle note di O sole mio, cantato da Pavarotti e tutti noi. Gli altri equipaggi sono un po’ perplessi, la loro età tarda e forse le  tradizioni calviniste impediscono loro di apprezzare questa manifestazione di mediterraneità canora. Peggio per loro. 

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(Canoisti polinesiani            foto di Marco Garofalo)

Felici, affrontiamo almeno 4/5 giorni (e notti) di Pacifico per raggiungere Suwarrow, isola sperduta, oasi ecologica integrale, abitata solo dal custode ranger e dalla sua famiglia, dove faremo almeno due giorni di mare in relax. Così, almeno, crediamo. La navigazione del primo giorno è molto faticosa, di bolina, la barca sbatte forte anche se il vento non supera i 25/28 nodi, salvo una raffica a 41 nodi che prende alla sprovvista Lorenzo al timone. Dopo aver regolato le vele dichiara: “E chi son io, Paul Cayard!”. Ma si sente scappare Ocean Bird sotto il culo a 9 nodi e si prende un po’ di timore. La notte di bolina è davvero dura e sogno di stare in Galleria a Milano all’ora dell’aperitivo e di andare da antiquari per far restaurare il tavolo fratino di papà. Mi chiedo come farò a tornare a bordo per mezzanotte che’ inizia il mio turno e i sensi di colpa sono per l’equipaggio e per la famiglia, entrambi abbandonati… Devo raccontare questo sogno all’amico Giorgio per un’interpretazione più corretta sotto il profilo psicoanalitico. Dopo la notte faticosa si è dovuto accendere il motore, causa assenza di vento, ma si naviga tranquilli e finalmente riposati dopo una colazione all’inglese.

L’onda lunga dell’oceano ti induce a pensare a quante migliaia di miglia debba percorrere prima di passare sotto la nostra barca, sollevare 16 tonnellate e proseguire rigogliosa e schiumosa, placidamente. Ci stiamo abituando a questo ritmo lento e fluente e anche questo mare non ha avuto ragione del mio stomaco, che si è portato bene. Siamo in collegamento con le altre barche col sistema Ais, che consente di vedere sul plotter tutte le imbarcazioni munite di questo meccanismo identificativo (la maggioranza, ormai), le loro velocità, rotte, nomi; insieme al radar che identifica con anticipo anche gli sqwall, i groppi di pioggia e vento, rende la navigazione molto più sicura, anche se poi due velisti in Atlantico risultano scomparsi e una barca uguale a OB si è schiantata sugli scogli di Suwarrow perché, sorpresa da una tempesta, non è riuscita a uscire in mare aperto, che è sempre meglio di stare ancorati a terra e vedere la propria barca andare in rovina. I marinai nelle tempeste non temono il mare ma la terra, sulla quale ci si schianta. Questo è il motivo per cui il verde, che ricorda la terra, non è un colore gradito a bordo né come livrea delle barche. Superstizioni? Sono le 10.30 del 12 maggio e ci mancano ancora 422 miglia nautiche per arrivare a Suwarrow. Vento scarso, lasco. Lat.15^22.608 S; Long.156^01.120 O.1eeeb19d-102d-45db-a89c-09bee9c38826JPG

Domenica 13 maggio, terza mattina di navigazione, notte tranquilla ma si è navigato parecchio a motore per scarsità di vento. La cena ha visto il nostro cuoco-principe Lorenzo superarsi con una pasta al ragù di carne al coltello davvero ottima e incredibilmente digeribile. Alla nostra destinazione mancano ora 292 miglia, il che vuol dire che ne abbiamo percorse almeno 400. Le lule, uccelli marini, sfiorano le onde veloci e ci chiediamo che autonomia di volo possano avere, visto che le terre più vicine distano centinaia di miglia e non li vedo riposare sulle onde.

 Il particolare gioco di vele con doppio tangone predisposto, peculiare delle barche Amel, favorisce il surf sulle onde (tra 8 e oltre 9 nodi di Sog, ovvero speed over ground) e la stabilità. Oggi il sole è davvero caldo. L’arrivo è stimato per dopodomani a metà giornata. Speriamo che la stima sia rispettata perché di notte, senza visibilità, non si può entrare negli atolli per gli stretti pertugi tra i coralli. A poppa ora ci sfila una nave che è bene aver incrociato di giorno e non di notte. Una delle spiegazioni per la scomparsa totale e senza segnali di soccorso dei due italiani in Atlantico è infatti che una nave li abbia troncati in due e affondati senza che avessero tempo di fare nulla! Noi pensiamo sempre in modo positivo e agiamo preventivamente, quindi turni di guardia diurni e notturni e tutti ben vigili, anche se Morfeo è sempre pronto a agguantarci. Ore 11,24: lat.14^45.146; long.158^12.112.


(1 - CONTINUA)

*MARCO GAROFALO (Inizia l’esperienza giornalistica nel 1975 come redattore e poi Direttore editoriale di Radio Canale 96 e di Radio Città, emittenti milanesi di informazione e organizzatrici di concerti a Milano - Bob Marley a San Siro il più noto. Poi per un quarto di secolo lavora a L’Eco della Stampa, leader nel media monitoring. Dal 1979 naviga su barche preferibilmente di legno, in quasi tutti i mari ma predilige il Mediterraneo. Appassionato di filosofia e di politica ma solo di quella che appassiona. Dipinge astrattamente ma non distrattamente. Sessantanovenne)

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