Dal vulcano a Poppea, tutto il Vesuvio è un parco

di TINA PANE*

 

Il toponimo Vesuvio

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scatena molte e diverse associazioni mentali. Lo Sterminatore è iconografia, storia, archeologia, ma anche letteratura, pittura e naturalmente musica. Di sicuro l’associazione più facile e immediata è quella con Pompei che grazie alla terribile eruzione del 79 d.C. è assurta all’immortalità mondiale.

Difficile che chi venga a Napoli per qualche giorno non cerchi di organizzare un’escursione al sito archeologico di Pompei

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così come è difficile che gli abitanti di Napoli e dintorni non abbiano almeno una volta nella vita, magari in gita scolastica, varcato i cancelli di Porta Marina e calpestato i basoli di via dell’Abbondanza.

Più difficile invece è che tutti i suddetti turisti abbiano visitato gli Scavi di Ercolano o quelli di Oplontis a Torre Annunziata, abbiano scalato le pendici del Vesuvio o visitato uno dei musei della zona, come quello Ferroviario a Pietrarsa o della Civiltà Contadina a Somma Vesuviana.

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Perché di questo parliamo, di un’area di oltre 8000 metri quadri di territorio che dal 1995 è inclusa nel Parco Nazionale del Vesuvio e tutelata anche come Riserva Unesco per “la compresenza di aspetti naturalistici, geologici, vulcanologici e archeologici di eccezionale importanza storica”.

Da qualche giorno c’è la possibilità di accostarsi a Pompei e a tutte le bellezze artistiche e naturali dell’area transitando attraverso una nuova porta, il Museo del Parco Nazionale del Vesuvio,

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che dalla sua sede nel comune di Boscoreale conduce il visitatore in un viaggio preparatorio dentro quello "scrigno di biodiversità", storia e tradizioni che è l’area vesuviana.

A partire dalla formazione del Somma-Vesuvio e grazie a un plastico di grande formato

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dove è possibile vedere il cammino fatto dalla lava durante le varie eruzioni nel corso dei secoli, il visitatore scopre la stratificazione dei suoli dell’ambiente vulcanico

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le caratteristiche di flora e fauna determinate dal diverso microclima del monte Somma, più anziano del vicino Vesuvio, la resistenza della betulla in ambiente mediterraneo e la felice ambientazione della ginestra etnea.

Scopre il piperno e il tufo, entrambi materiali di origine vulcanica, che sono alla base dell’architettura locale, scopre il ruolo delle masserie nel sistema agricolo e per la vinificazione,

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viene allertato rispetto ai rischi per il suolo e l’ambiente derivanti da un’eccessiva antropizzazione.

Teche espositive, grandi pannelli, video, diorami, giochi interattivi: è tutto all’insegna di una fruizione gradevole e multimediale, che vede nel battibecco tra Catone e Apicio su alimentazione e cucina ai tempi dei Romani

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un modo veramente piacevole per fare un viaggio nell’enogastronomia dell’epoca, scoprire che il vino era vietato alle donne e si beveva mischiato a miele e spezie, che il primo pane si faceva con il farro e la parola farina deriva da qui, che all’inizio il garum era un condimento che solo i ricchi potevano permettersi.

D’altra parte, proprio a due passi dal Museo, oltre al famoso Antiquarium di Boscoreale –di cui si attende a breve la riapertura con i dovuti adeguamenti Covid - c’è Villa Regina

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un esempio di antica fattoria, con gli ambienti dedicati alla trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli e una grande cella vinaria che ospita diciotto contenitori interrati (dolia) per la conservazione del mosto. 

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Intorno alla Villa, venuta alla luce solo pochi decenni fa, viene coltivato un piccolo (e rigoglioso) vigneto, così come accadeva nell’antichità.

E sempre volendo rimanere nei paraggi, solo due o tre chilometri separano il nostro Museo dai meravigliosi Scavi di Oplontis, nel comune di Torre Annunziata. Si tratta di due edifici, la Villa di Poppea, grande e lussuoso complesso a carattere residenziale, dotato anche di una piscina,

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e la Villa di Crassius Tertius, attualmente chiusa, corrispondente a un’azienda dove si lavoravano olio e vino. Gli spazi ampi e prospettici, i grandi corridoi, i magnifici apparati decorativi

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che in parte si conservano, rendono la Villa di Poppea - che ai tempi era affacciata a picco sul mare - un esempio molto chiaro di cosa doveva essere il lusso in epoca romana.

Gli "assaggi" di ciò che offre il territorio del Parco Nazionale del Vesuvio sono tanti, e il consiglio per chi ha voglia e tempo è di non fermarsi alla sola Pompei, ma di esplorare i vari centri, i musei, le ville, i siti considerati minori, tutti immersi in un paesaggio che riflette fortemente la sua natura contraddittoria e vulcanica.

Sotto il Vesuvio Goethe si rasserenava: “Pranzammo a Torre Annunziata con la tavola disposta proprio in riva al mare…Tutti coloro erano felici di abitare in quei luoghi, alcuni affermavano che senza la vista del mare sarebbe impossibile vivere. A me basta che quell’immagine rimanga nel mio spirito”.


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Ma se invece la vulcanicità vi desse un filino d’inquietudine, lasciatela fluire ascoltando E Zézi, il gruppo operaio di Pomigliano d’Arco, con la loro tammurriata intitolata Vesuvio: “Muntagna fatta 'e lava 'e cient' lengue /tu tiene 'mmano a tte' sta vita meja…” (Montagna fatta di lava di cento lingue /tu tieni in mano a te questa vita mia).

https://www.museoparcovesuvio.it/

https://www.parconazionaledelvesuvio.it/

 

* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)


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