"Così fan tutti" a Villa Campolieto
di TINA PANE*
Quando Carlo di Borbone sale sul trono di Napoli nel 1734 fa due cose: diventa Carlo e basta, abolendo la numerazione che lo aveva accompagnato negli anni precedenti come duca di Parma e Piacenza,
e comincia a costruire
siti reali dove lui e la sua corte possano dedicarsi alla pratica della caccia,
mutuata dalle abitudini della famiglia reale spagnola, che viveva in residenze
diverse a seconda della stagione: El Pardo, Aranjuez, l’Escorial… insomma ovunque pur di dedicarsi al nobile passatempo - metafora di dinamismo dei reali in tempi di pace - e anche sfuggire al pessimo clima di Madrid.
Di già pronto, per dedicarsi alla caccia, Carlo trova il sito di Procida con la residenza di Palazzo d’Avalos,
nonché la riserva degli Astroni, a nord di Napoli, ma non gli bastano. Così già nel 1735 avvia la costruzione di Capodimonte (“la reggia nova de tata nostro”, come la definisce Enzo Striano ne “Il resto di niente”)
e nel 1738,
all’indomani della scoperta degli Scavi di Ercolano, fa iniziare la costruzione
della Reggia di Portici, proprio lì vicino.
Che cosa poteva fare la corte, se non seguire e imitare un sovrano così illuminato? E allora parte la gara a farsi costruire ville, con ameni e panoramici spazi esterni, sulla strada regia delle Calabrie, oggi Statale 18 Tirrena Inferiore, nel tratto che dai quartieri orientali di Napoli (San Giovanni a Teduccio e Barra), attraversa San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco, oggi popolosissimi e trafficati comuni alle pendici del Vesuvio.
Tale fu la magnificenza di queste ville, a cui furono chiamati a lavorare i migliori architetti dell’epoca (Vanvitelli, Fuga, Sanfelice, Vaccaro…) che successivamente vennero dette del Miglio d’Oro, per sottolineare la bellezza che avevano aggiunto alla zona e anche in considerazione dell’abbondanza di alberi di agrumi che ne arricchivano i giardini.
Le ingiurie del tempo e in alcuni casi
dell’abbandono, nonché i danni della seconda guerra mondiale uniti a una
pesante speculazione edilizia, infieriscono su questo splendido patrimonio
architettonico diffuso, fino a che agli inizi degli anni ’70 nasce l’Ente per le Ville Vesuviane (un
consorzio tra stato, regione, provincia e comuni interessati) con il fine di
conservare e salvaguardare le ville nate nel Settecento intorno ai capricci del re.
Di questi 122 edifici monumentali che ornano la fascia costiera, uno dei più famosi è Villa Campolieto a Ercolano,
che insieme ad altre tre ville rientra
sotto la diretta tutela dell’Ente Ville, diventato nel 2009 Fondazione.
Costruita in vent’anni, a partire dal 1755, per volontà del principe Luzio De
Sangro, prima su progetto di Mario Gioffredo, poi continuata e completata da
Luigi Vanvitelli e dal figlio Carlo, la villa non risente affatto di questi
passaggi di mano, e oggi completamente restaurata è un vero splendore.
Nel 1984, subito dopo il primo importante
restauro, Villa Campolieto ebbe un momento di grande fama per aver ospitato,
dopo Boston e prima di Parigi, la mostra di arte contemporanea Terrae
Motus,
ideata dal gallerista napoletano Lucio Amelio che,
coinvolgendo i maggiori artisti contemporanei, organizzò una rassegna ideata
per essere “una macchina per creare un terremoto continuo dell'anima”, dedicata
alla catastrofe che aveva devastato il 23 novembre 1980 la Campania e la
Basilicata.
Oggi, ricollegandosi idealmente a
quella straordinaria esposizione, la Fondazione festeggia un più recente
restauro e brinda alla ripartenza con la mostra “Così fan tutti. Opere dalla
collezione di Ernesto Esposito”, una raccolta di 35 opere di arte contemporanea
appartenenti al collezionista napoletano, che trovano collocazione nelle sale affrescate della villa, tra le
pitture, gli specchi, gli stucchi e i giochi di luce e di colore che prorompono
dall’esterno.
Sono opere di artisti da tutto il mondo, che spaziano dalla fotografia alla pittura, dalle installazioni video alle sculture,
e la loro collocazione in un edificio che colpisce per l’armonia degli esterni
e la delicatezza degli interni, riproduce quel contrasto tra
antico e moderno che funziona così bene per stimolare il visitatore all’arte, e
fargli rintracciare oltre ai contrasti, anche le similitudini.
Queste opere sembrano stare perfettamente a loro agio dentro questi spazi aggraziati, ampi ma non eccessivi, e si lasciano avvicinare, soprattutto si lasciano conoscere (scoprire gli scotch colorati o la maschera per capelli, tra i materiali di realizzazione, o immaginarsi come sarebbe stato se Whitney Houston, presente in due monitor - opera di Candice Breist - nel salone delle feste avesse cantato dal vivo)
conferma che la fruizione dei
beni monumentali così come la percezione dell’arte contemporanea sono concetti
in trasformazione, e il loro incrociarsi un evento auspicabile.
Nelle attività di allestimento della mostra sono stati coinvolti i docenti e gli studenti del Corso di laurea in Restauro dell’Università Suor Orsola Benincasa, con una attività laboratoriale di redazione dei condition report delle opere, cioè dello stato di conservazione dell'opera subito prima dell'imballaggio e del trasporto, e quest’opportunità di fare una scheda di un’opera di Kounellis o di Damien Hirst
rappresenta un
allargamento di orizzonti, un guardare avanti nel tempo, quando i restauratori
non si occuperanno più solo di tele del Seicento o di statue classiche, ma
delle opere e dei materiali della nostra contemporaneità.
La villa comunque ruba a ogni istante l’attenzione per le sue forme eleganti, per l’intonaco giallo che specchia il sole, per gli accoglienti spazi esterni, per il verde che la circonda e per il panorama verso il mare ma con il Vesuvio incombente alle spalle… e fa innamorare qualunque visitatore ne varchi il cancello, apparendo come la quintessenza della raffinatezza, un sogno di armonia nella luce del Mediterraneo. Da visitare.
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La mostra sarà aperta al pubblico dal 7 maggio al 14 novembre 2021
Orari di visita: dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle ore 17.00) dal martedì alla domenica
Prenotazione obbligatoria per il weekend: prenotazioni@villevesuviane.net - tel. 081 7322134
Ticket di ingresso: 5 euro e accesso gratuito nell’ultima ora prima della chiusura
Per le visite guidate 7 euro con prenotazione obbligatoria
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* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)
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