Città nel tempo, la Napoli che non si vede (più)
di NICOLA FANO*
«Quel che non sapevamo era che, insieme alle cicale, nel giro di pochi anni sarebbero sparite anche le farfalle, le lucertole, i maggiolini e le lucciole chiamate a punteggiare di minuscole luci mobili e inquiete le nostre serate trascorse al fresco; in strade fin lì illuminate solo dal chiarore di luna». "Il grigio, il rosso e l'ocra" - il riferimento è ai colori della reggia di Capodimonte - di Vincenzo Crolla (Il quaderno edizioni, 210 pagine, 15 euro) è una lunga passeggiata per le strade di Napoli. Ma è anche una passeggiata nel tempo (di Napoli): avanti e indietro nella memoria, condotti nei ricordi dell’autore da un filo (mai celato) di nostalgia.
Napoletano, ovviamente, Crolla dichiara subito le sue intenzioni, componendo nella prima pagina del libro un’elegia per i fili tirati tra le case per stendere i panni. Quella specie di capelli ruvidi che annodavano le facce di un palazzo all’altro ("una mano tesa al nostro dirimpettaio") sono ciò di cui subito si sente l’assenza, girando per la Napoli d’oggi. Ci si sente spersi, senza identità. Perché ciò che questo libro insegue con maggior tenacia è un’identità napoletana fatta di persone e storie che, nei loro apparenti eccessi, formano un popolo coeso. Lo formavano, almeno. Al pari della potenza della sua ricerca, l’autore manifesta pure un dolore sordo, fortissimo, quando non trova più quell’identità nelle pieghe della città del 2020 (una parte del libro si chiama “Oggi”, senza aggettivi, perché l’oggi non merita aggettivi).
Al punto che suona terribile un elenco di persone e cose mancanti nella Napoli attuale che fa un po’ da sottofinale al libro. Dopo aver elencato per nome e cognome tutto ciò che non c’è più ("mancano" gli attori, gli scrittori, i musicisti, ma anche i politici, i “pensatori”…), Crolla conclude così: "Mancano fabbriche e ciminiere, manca il rumore del martello sulla lamiera. Manca il lavoro. E, con esso, fugge e si nasconde via la vita". Insomma, manca Napoli.
Quella città che l’autore, appunto, perlustra con le sue passeggiate narrative. Fatte di ritratti inquieti (il Tedesco con una mano di sei dita che per riconquistare la normalità si trancia un pollice di troppo), di volti amorevoli (Ninuccia che vive per allevare i boccoli d’oro dello scrittore bambino, e si dispera quando egli si rade a zero), di desideri incontrollabili (Fausto, marinaio recluso fuori dal porto, che affronta da solo il mare in tempesta pur di ricongiungersi alla città e alla famiglia) o di lampi di futuro che è stato (Luciano, il prototipo del militante che non si ritrova nella sinistra d’oggi).
Napoli: un universo con le sue leggi e le sue leggende. E i suoi luoghi, che son belli e significativi anche quando paiono luoghi comuni. C’è una descrizione di poche righe del “balcone napoletano” (così minuscolo che c’entrano solo una piccola sedia a dondolo e un papiro) che rende giustizia ai famosi monologhi dalla loggetta di Pasquale Lojacono in Questi fantasmi! di Eduardo (i balconcini, detto per inciso, sono croce e delizia degli scenografi chiamati a progettare lo spazio di rappresentazione di quel testo mirabile: come evitare l’oleografia?).
Una passeggiata napoletana nei luoghi e nel tempo, che parte quando c’erano le cicale e finisce nel silenzio assordante degli smartphone. Certo, bisogna conoscere un po’ le geometrie della città per apprezzare al meglio questo libro; bisogna avere qualche ricordo radicato in quei luoghi (e in quei caratteri) per goderselo. Ma anche senza questi vantaggi, si può usarlo felicemente come una guida spirituale di Napoli. Per poi, a occhi ben aperti, mettersi in cammino tra strade e vicoli: perché Napoli è ancora lì, anche se sembra che non ci sia più.
*NICOLA FANO (*1959. Vive tra Roma e Torino dove insegna
all’Accademia Albertina di Belle Arti l’astrusa materia di Letteratura e
filosofia del teatro. Da quarantacinque anni va a teatro quasi tutte le sere e,
giacché è recidivo, alla storia del teatro ha dedicato i numerosi libri che ha
scritto. Detesta il calcio, ma gioca a pallacanestro: quando smetterà di farlo,
con ogni probabilità, morirà)
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