Caruso, una vita da mediano fra i giovani talenti
di PAOLO BRANCA*
Una vita da mediano, che poi a pedali sarebbe da gregario o forse meglio da
"luogotenente" come si dice nel gergo ciclistico-militare E' un
mediano di lusso, però, Damiano Caruso, 33 anni e mezzo da Ragusa, un outsider
capace di piazzarsi tra i primi dieci al Giro e al Tour, e sempre aiutando i
capitani. La novità è che al Giro d’Italia numero 104, che va al primo giro di
boa con la giornata di riposo, Caruso si ritrova improvvisamente capitano. Chi
aveva i galloni della sua squadra, il basco Mikel Landa, si è dovuto ritirare
dopo essere rovinosamente caduto nella quinta tappa tra Modena e Cattolica,
procurandosi la frattura della clavicola e a diverse costole.
La squadra Bahrein-Victorious (che come si evince dalla sigla corre grazie ai
capitali degli sceicchi) ha poi perso anche un altro elemento di punta, lo
sloveno Mathej Mohoric, a sua volta per una caduta ancora più spaventosa nella
discesa di passo Godi, nella nona tappa: un vero e proprio salto mortale che
gli ha procurato una commozione cerebrale e contusioni varie. Damiano Caruso ha
perso così l'aiutante più forte, il lavoro duro dovrà farlo come sempre da
solo. Per ora in classifica è settimo, nonché primo dei non giovanissimi. Tra lui
e la maglia rosa Egar Bernal ci sono quasi dieci anni di differenza, col
secondo, il talento belga Evenepoel dodici, e sette-otto-dieci con tutti gli
altri che lo precedono, compreso l’altro italiano Giulio Ciccone (quarto).
In un ciclismo che ha fatto da qualche anno la sua grande rivoluzione
generazionale, con l’ultimo Tour de France vinto dall’appena ventunenne Tadej
Pogacar (e l’anno prima dal 22enne Bernal), con i giovani padroni delle
classiche, da Van Aert a Alaphilippe, da Hirshi a Van der Poel, forse
bisognerebbe cambiare qualche regola. La maglia bianca, ad esempio, che nei
grandi giri si assegna al giovane meglio piazzato in classifica (e che ormai
coincide puntualmente con il detentore del primato assoluto), dovrebbe essere
indossata dai più vecchietti, magari dal primo tra gli ultra-trentenni.
Un altro "vecchio mediano" ha lasciato l'impronta in questa prima
fase del Giro, Alessandro De Marchi, friulano 35enne, per due giorni in maglia
rosa, uno abituato sempre ad attaccare e anche a parlare chiaro. Al polso porta
il braccialetto giallo in ricordo di Giulio Regeni, per chiedere verità e
giustizia sull'omicidio di Stato in Egitto del suo giovane corregionale. Quando
ha perso il primato sulla salita di San Giacomo si è messo in coda al gruppo dei
ritardatari per tenere il più possibile - ha poi raccontato - sulle sue spalle
il simbolo rosa. Non capita spesso a un gregario, a un mediano, a un
luogotenente, di indossarlo...
(Damiano Caruso. Immagine dalla pagina Facebook verificata)
Tifare per Caruso, naturalmente, può dare grandi soddisfazioni “morali”, ma
meno dal punto di vista sportivo. A parte i piazzamenti più che onorevoli nei
grandi giri (l'anno scorso al Tour è stato decimo, primo degli italiani in
corsa e decimo e primo degli italiani è stato anche al mondiale di Imola) ha
vinto giusto un paio di tappe: una alla "Settimana Coppi e Bartali"
nel 2013 e una nel Circuito di Getxo un anno fa. Insomma è un po’ come
tifare Zilioli (che comunque vinceva di più) ai tempi di Merckx (che vinceva
sempre e tutto) o Giovannetti ai tempi di Indurain. Da gregario o luogotenente
però ha aiutato a vincere o a piazzarsi diversi capitani, Basso, Evans,
Nibali fino appunto a Landa. E senza mai sprofondare in classifica: una
delle caratteristiche del ciclista siciliano è la regolarità, non lo si è mai
visto fare un ritmo forsennato in salita e una volta concluso il proprio
compito piantarsi all'improvviso e arrivare al traguardo nelle retrovie, come è
accaduto, anche in questo Giro, ai gregari di Bernal, Ganna su tutti.
Per fortuna (di outsider e comprimari) non c’è più un vero e proprio cannibale
in gruppo, ma i giovani talenti comunque abbondano. Al Giro ad esempio, i primi
tre della classifica generale (Bernal, Evenepoel e il russo Vlasov) appaiono
una spanna al di sopra rispetto agli altri. Ma nel ciclismo non è mai detto:
può capitare la fuga da lontano, la giornata no del leader, un attacco a
sorpresa per ribaltare tutto. Lo spazio e soprattutto le salite per provarci
non mancano. Un mediano in maglia rosa a Milano, anche questo sarebbe il bello
del Giro.
*PAOLO BRANCA (Cagliaritano, 1958. Giornalista in pensione dopo una vita professionale trascorsa interamente a l'Unità. Tra i suoi vanti aver visto il Cagliari vincere lo scudetto e aver corso sei volte l’Eroica da 135 chilometri)
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