Cabaret Montmartre, paillettes e Tour Eiffel. A Cuba risorge l'edificio glamour del dopoguerra
di GIORGIO OLDRINI*
E’ ufficiale, l’edificio che è rinato almeno cinque volte all’Avana sarà abbattuto e al suo posto nascerà un nuovo hotel, dopo che un furioso incendio lo aveva seriamente danneggiato nel 1989. Quello che fu il Cabaret Montmartre e poi, dopo la Rivoluzione, divenne il ristorante Moscu, sorge nella Calle P, tra Humboldt e la 23, la Rampa, la strada della movida habanera che parte dal Malecòn, il lungomare, e poi risale per qualche chilometro fino all’Istituto del Cinema e la calle 12 dove Fidel Castro proclamò per la prima volta il carattere socialista della Rivoluzione nel bel mezzo dell’invasione di Baia dei Porci nel 1961. E’ il luogo più frequentato del quartiere Vedado e dell’Avana nuova. Lungo quella strada affascinante si trovano tra l’altro la sede della televisione, il cinema Yara, l’Hotel Habana Libre, che era nato come Hilton Habana ma venne inaugurato nei giorni appena successivi alla vittoria di Castro e fu subito nazionalizzato, ancora con i residui sul pavimento della prima festa. Davanti al grande albergo e a una delle più fornite librerie dalla capitale dell’isola, ecco l’enorme Gelateria Coppelia con i suoi giardini all’aperto e con le infinite code di persone in attesa del cono o addirittura di un piatto con le 5 palle de la ensalada, il gelato più ambito.
(L'edificio in rovina che fu prima il Cabaret Montmartre poi il ristorante Moscu)
L’edificio che sta cadendo sotto i picconi era nato negli anni ’20 come garage, ma presto fu trasformato in un cinodromo. Correvano i cani “galgos” e ancora di più i soldi, ma alla fine degli anni ’30 venne acquistato dal mafioso americano di origine polacca Mayer Lansky e trasformato nel Cabaret Montmartre. Nell’architettura e nell’arredamento voleva ricordare Parigi e i suoi locali. Due grandi bar e una sala da gioco completavano l’edificio. Lansky era uno dei due capi mafiosi che risiedevano all’Avana. L’altro era l’italoamericano Santos Trafficante, un nome un destino, e i due erano in società con il dittatore Fulgencio Batista. Pare che furono proprio loro ad ordinare l’assassinio a New York il 25 ottobre del 1957 di Albert Anastasia che stava progettando di “invadere L’Avana”, ma venne fermato prima che vi riuscisse. La foto del mafioso assassinato sulla sedia del barbiere, con addosso ancora il grande tovagliolo bianco bucherellato e sporco di sangue è una delle immagini icona delle guerre di mafia.
Quella ventina di anni tra il 1940 e il 1959 per l’edificio che allora era il Cabaret Montmartre furono sfavillanti. Vi cantavano o recitavano i maggiori artisti dell’epoca, cubani, latinoamericani o stranieri. Tra gli altri si esibì sul suo palcoscenico il messicano Agustin Lara, “El flaco de oro”, Maria Felix gridò disperata “Arrancame la vida”, Lola Flores dimostrò perché la chiamavano “La Faraona”, la cubana Rita Montaner, “La Unica” era di casa, ma persino Edith Piaf si esibì al Montmartre e Frank Sinatra con Ava Gardner in viaggio di nozze a Cuba passarono una notte romantica tra spettacolo e gioco.
Era quello uno dei luoghi più esclusivi ed ambiti delle notti habanere e lo frequentavano politici importanti e bel mondo, campioni dello sport come il pugile campione del mondo Kid Chocolate, ma anche sbirri dalla fama sinistra. Lo sapevano bene i rivoluzionari del Directorio che la sera del 27 ottobre del 1956 fecero irruzione nel Cabaret ed uccisero a colpi di pistola il Capo del Servizio segreto militare di Batista, il pluriassassino Antonio Blanco Rico, e qualche tempo dopo tentarono inutilmente di ammazzare sempre qui, tra rum, roulette e ballerine il Capo della polizia segreta Orlando Piedra.
(Immagine dalla pagina fb Cuba republicana)
Ma il primo gennaio del 1959 Che Guevara con i suoi barbudos entrò vittorioso all’Avana nonostante i tentativi di Batista e dei suoi alleati Lansky e Trafficante di fermare la Rivoluzione, e una delle prime decisioni del governo rivoluzionario fu quella di proibire il gioco d’azzardo e di sequestrare i beni dei mafiosi. Finì così il ventennio sfavillante del Cabaret Montmartre che qualche decennio dopo venne trasformato, in onore dell’alleato sovietico, nel Ristorante Moscu. Paillettes e Tour Eiffel scomparirono e al loro posto camerieri vestiti da russi e immagini del Cremlino. Si sussurrava che una volta ogni 15 giorni arrivasse una nave dall’Urss con caviale, vodka e spumante georgiano. Ci andavano a mangiare più gli stranieri che i cubani, alleati sì, ma con gusti alimentari, e non solo, molto diversi. Una nostra amica un giorno ci raccontò arricciando il naso schifata :“Sono andata a cena al Moscu. Mi hanno portato certe bolitas, certe palline, nere o rosse. Che impressione, ma come si fa a mangiare quelle bolitas?” Spiegammo alla ragazza che era caviale, un cibo prelibato e da noi costoso. Ma lei continuava a preferire, come tutti i cubani, maiale fritto e yuca.
Del resto non è mai facile il rapporto tra un Paese piccolo con un alleato grande e a volte molto ingombrante come allora era l’Urss. C’erano molti sovietici in quegli anni a Cuba, militari, tecnici, diplomatici, giornalisti. La propaganda ufficiale cubana ripeteva all’infinito che l’amicizia con l’Urss era inquebrantable, indistruttibile. Ma per i cubani de la calle, della strada, i russi erano los bolos, forse per assonanza con las bolitas che non piacevano proprio alla nostra amica. Tra coglioni e palline qualche relazione ci doveva pur essere.
Poi nel 1989 un furioso incendio ha distrutto l’edificio, che adesso, finalmente rinascerà alla sua ennesima nuova vita. Vediamo a quale Paese straniero, dopo Francia e Urss, sarà dedicato.
*GIORGIO OLDRINI (Sono
nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo
da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come
corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama.
Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto
alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto
“Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)
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