Bruxelles, chiatte e murales nella città sull'acqua

testo e foto di GIULIA GIGANTE*

Dimenticate la Bruxelles dei telegiornali con il palazzo Berlaymont sullo sfondo e la bandiera con le dodici stelle immancabilmente svolazzante nel vento. Accantonate l’icona della Grand Place, severa nel suo splendore immoto da secoli. Lasciate perdere anche l’irridente statuetta del bambino che fa pipì (Manneken Pis) e il suo corrispettivo femminile acquattato in un altro angolo del centro della città (Jeanneke Pis).

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Bruxelles è anche una città sull’acqua. In un tempo neanche tanto remoto si affacciava sulla Senne (da non confondere con la Seine che scorre sotto i ponti di Parigi) specchiandosi nei suoi canali e non era poi così dissimile da Bruges. Nel 1867 però, per motivi di igiene e a seguito di un’epidemia di colera, il tratto di fiume che scorreva in città fu interrato e la Senne venne rapidamente dimenticata. A testimonianza dell’epoca in cui Bruxelles era una città acquatica restano molti bei quadri di artisti come Léopold Speeckaert, Paul Hermanus o Jean-Baptiste Van Moer conservati nel museo della città ospitato dalla Maison du Roi (La casa del re), il palazzo più bello tra quelli che circondano la Grand Place.

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Qualche traccia di questo passato è però rimasta perché, a due passi dal centro storico, grazie a un canale navigabile che riporta allo scoperto la Senne facendola convergere verso la Schelda, in maniera del tutto inattesa Bruxelles torna ad essere una città fluviale e rivela un volto diverso e lontano anni luce dagli stereotipi che abitualmente la contrassegnano. Lungo i due versanti del canale, che traversa la capitale per ben 14 chilometri collegandola con Charleroi da una parte e Halle dall’altra, emerge un’altra Bruxelles. No, non è l’ennesima variazione sul tema della “Venezia del Nord”. Qui c’era la vecchia zona portuale. Non c’è nulla di convenzionalmente pittoresco, gli stili architettonici – quando e se ci sono – sono difformi e brandelli di arte spontanea si fanno strada tra erbacce e muri sbreccati. Il vecchio e il nuovo, il bello e il brutto si mescolano in un mix irripetibile di colori, lingue, etnie, stratificazioni sociali. Qui c’è la multiculturalità allo stato brado, un mondo variegato e vitale. A ripopolare gli otto quartieri cittadini attraversati dal canale hanno contribuito persone provenienti da un numero incredibile di paesi dell’Africa e dell’Asia che hanno portato le loro culture, abitudini e modi di vita rianimando una zona abbandonata a se stessa e che soltanto da poco si sta rivalutando.

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Lungo le rive si succedono in ordine sparso case popolari ben concepite con balconi e talvolta anche micro-giardini, condominioni mostruosi da periferia sovietica, hangar riattati, depositi e magazzini di merci riconvertiti, case in rovina, edifici post-industriali e palazzine di nobile aspetto che, pur cadendo a pezzi, mostrano ancora i segni dell’antica bellezza. Nei locali dell’ex officina della Citroën è sorto un museo di arte moderna e contemporanea, il Kanal, la cui apertura vera e propria è prevista per il 2023 e che esporrà tra l’altro alcuni pezzi del fondo del centro Pompidou di Parigi. L’ex-birrificio Belle-vue ospita il MIMA, un museo di arte attuale, che per ora si presenta come un affascinante contenitore con poco contenuto, ma intende dare vita a un ambizioso progetto culturale che dia spazio alle sottoculture ed elimini le barriere tra i diversi ambiti della creazione artistica, musicale, sportiva e urbana, abbracciando anche forme espressive come i graffiti e lo skateboard, il tatuaggio, il fumetto e molto altro ancora.

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Giusto di fronte al Petit Château, un’ex-caserma che funge già da molti anni da centro di accoglienza e smistamento per i richiedenti asilo, si trova un posto straordinario: Le chien vert (Il cane verde). In un enorme magazzino, un tempo adibito allo stoccaggio delle patate, hanno trovato ospitalità tessuti di ogni risma, foggia, colore e stoffa. In una sorta di caverna di Alì Babà, chiunque - dai creatori di moda alle sartine di quartiere, dai bricoleur ai costumisti di scena - potrà trovare il tessuto dei suoi sogni e tutti gli accessori necessari per l’arte del taglio e del cucito. E anche per chi non se la cava con ago e filo, c’è un assortimento di bottoni che fa venir voglia di tornare bambini per poterci giocare.

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Tutto il canale è costellato da murales, sia lungo le pareti che lo delimitano sia sui muri dei caseggiati che vi si affacciano. Ce ne sono di tutti i tipi e per tutti i gusti: una serie molto bella dedicata a Corto Maltese nei pressi della piazza di Sainctelette, un veliero che sembra prendere il volo dal muro di uno stabile altrimenti insignificante, un romantico faro all’angolo di una piazzetta e tanti altri ancora in un tripudio di forme e di colori che risaltano ancora di più sullo sfondo grigio della pietra del canale e spesso anche dell’acqua e del cielo.

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Una pista ciclabile accompagna il percorso del canale; biciclette e monopattini vi sfrecciano sfiorando talvolta i passanti, ma nei punti più larghi vi sono panchine e tratti erbosi che creano un curioso ambiente un po’ rurale in contrasto con la dimensione prevalentemente post-industriale che caratterizza la parte urbana del canale.

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Il punto più bello è il tratto diventato un piccolo quartiere galleggiante, formato da una serie di vecchie chiatte ormeggiate l’una a poca distanza dall’altra e trasformate in case sull’acqua. Ridipinte a colori vivaci, con il ponte trasformato in terrazza o giardino pensile, le chiatte sono diventate abitazioni originali per gli amatori del luogo, gli artisti o semplicemente per chi non aveva un tetto e ha potuto avvalersi di questa soluzione alternativa. Qualcuno ha anche personalizzato lo spazio sulla terraferma antistante alla propria chiatta con una cassetta delle lettere colorata, una fioriera o un altro elemento decorativo fai-da-te.

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Insomma, la tanto bistrattata Senne, che ora qualche architetto vorrebbe far tornare in superficie anche lungo l’antico tracciato del centro storico (un’operazione che difficilmente sarà realizzata per via dei costi ingenti e dei lavori faraonici che richiederebbe), ha molte frecce al suo arco e potrebbe riservarci ancora diverse sorprese.


*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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