Britain on screen - 2) Cornwall
testo e foto di MAURIZIO SORRENTINO*
Lasciamo il nostro cottage di Bowness alle 10 di venerdì 12 agosto, destinazione Wadebridge, Cornovaglia.
Dobbiamo percorrere oltre seicento chilometri. Conteniamo al minimo le soste ma sul finale Totore il Navigatore va un po’ in confusione e raggiungiamo l’Hotel Hustyn all’incirca alle otto di sera.
Qui troviamo una sgradita sorpresa. Eravamo convinti di aver prenotato un bilocale ma in realtà ci è stata riservata una sistemazione alberghiera, senza cucina e con un’unica stanza, anche se veramente molto ampia. Il nostro errore è stato non controllare il coupon della prenotazione e questo non ci ha permesso di scoprire per tempo il malinteso. Non c’è verso di avere una sistemazione alternativa: i pochi appartamenti della struttura sono tutti già occupati. Dovremo accontentarci di quello che abbiamo per questa settimana e ovviamente i costi del viaggio lieviteranno sensibilmente.
Le proteste presso l’Agente che ha fatto il pasticcio non risolvono il problema, ma ci guadagnano particolare gentilezza e cura da parte del personale dell’albergo, che tende un po’ a coccolarci. Ci rassegniamo e facciamo buon viso a cattivo gioco: visto che saremo costretti a cenare fuori tutte le sere, ne approfitteremo per visitare i borghi della costa e trovare localini simpatici e, speriamo, non troppo cari.
(Verso Tintagel Castle)
La prima escursione è a Tintagel Castle, una spettacolare rovina associata alla leggenda di Re Artù. La salita è piuttosto faticosa, su per una scala a strapiombo sul mare. Il panorama è veramente bello. Non riesco, però, a sentire l’emozione del richiamo alla leggenda, nemmeno quando ridiscendiamo al livello del mare ed entriamo nella grotta del mago Merlino. La trovata di collegare la suggestiva location a una vicenda leggendaria nota in tutto il mondo avrà certamente decuplicato i turisti. Tuttavia, l’aspettativa di suggestioni che, almeno a me, non sono arrivate, distrae dalla bellezza intrinseca del luogo e ne sminuisce il valore storico senza recuperare sul piano emozionale.
Poco lontano c’è un
piccolo lago in cui sarebbe finita Excalibur. Ci andiamo e finalmente
un’emozione: avvistiamo dei cerbiatti in libertà!
Nel pomeriggio la Lonely Planet ci consiglia una visita al Jamaica Inn, il museo dedicato a Daphne Du Maurier che prende il nome da una novella della scrittrice: molto interessante.
Per la cena ci spostiamo a Padstow, un grazioso borgo di pescatori con ampia scelta di ristorantini di pesce.
(La grotta di Merlino)
Il giorno successivo ce ne andiamo nel Devonshire, destinazione Greenway House, la casa di Agatha Christie. Questo viaggio diventa sempre più letterario.
Ogni volta che ci muoviamo da Wadebridge il tragitto per raggiungere l’autostrada è un viaggio avventuroso attraverso quelli che abbiamo ribattezzato “cognuli” (dal nome di un vicolo della mia Castellammare che sale dal centro storico verso la zona collinare): strette stradine interpoderali nelle quali le fiancate dell’auto vengono frequentemente a contatto con la vegetazione dei terreni vicini, l’incrocio con chi proviene dal senso inverso è sempre un problema e non è raro imbattersi nelle spoglie di incauti conigli.
Per arrivare a Greenway dal porticciolo di Dartmouth risaliamo il fiume in battello, godendoci il sole e il fish and chips comprato al porto.
La villa museo della scrittrice è veramente particolare, grande, luminosa, piena degli oggetti più disparati raccolti durante i suoi viaggi. Finalmente le suggestioni che cerchiamo, nel giardino che ha ispirato più di una descrizione nei romanzi dell’autrice, nella biblioteca, di fronte alla sua macchina da scrivere!
Quando torniamo a Dartmouth le barche che la mattina erano in secca galleggiano allegre su quattro metri d’acqua e un enorme gabbiano fraternizza con noi nel parcheggio che ospita la nostra auto.
Ceniamo a Fowey in un bistrot. Ci rendiamo conto che l’incidente della errata prenotazione è stata una fortuna. Non avremmo mai visto questi paesini costieri se non fossimo stati costretti a uscire per la cena. E francamente ne valeva la pena.
(Eden project)
Altro giorno altra escursione: Eden Project. Un posto davvero fantastico a trenta minuti da noi. Serre giganti in cui è stato ricostruito il bioma terrestre. Visitiamo prima la foresta pluviale, soffrendo un po’ l’umidità del clima. Impressionante la ricostruzione dell’ambiente e della vegetazione. Davvero fortissima la sensazione di trovarti nella foresta amazzonica. Poi passiamo al bioma mediterraneo. Il giro è lungo. Ci stanchiamo. Lasciamo indietro qualcosa, ma siamo comunque soddisfatti. A pranzo appaghiamo una libidine di Mujer e figlia: scones annegati nella clotted cream (o west country cream tea). Una botta di colesterolo e glicemia che potrebbe nuocere ad altri, ma non a noi che solo ieri macinavamo un fish and chips unto e salato oltre il limite di guardia.
L’escursione successiva ci porta a Stonehenge, a tre ore di macchina. Il sito archeologico è notissimo e di esso si è detto tutto e il contrario di tutto. Fa comunque un certo effetto sedersi a terra e guardarlo da lontano. La prima volta che ci sono stato, nel famoso viaggio liceale, giravamo liberamente tra i megaliti, cosa oggi assolutamente vietata. Anche così resta impressionante. L’organizzazione è ottima nonostante l’afflusso sia veramente notevole.
(Stonehenge)
Il pomeriggio è per la vicina Cattedrale di Salisbury, nella cui sala capitolare è conservato uno degli originali della Magna Carta. Passeggiando nelle vicinanze della chiesa ci imbattiamo in una cabina telefonica rossa, misteriosamente sopravvissuta all’avvento dei cellulari. L’occasione è ghiotta per replicare, a soggetti invertiti, una foto di vent’anni prima: lo sfondo resta la cabina, ma questa volta è il figlio cresciuto che si china su Mujer.
(Salisbury)
La Lonely Planet ci consiglia St. Michael Mont e noi ci andiamo con bassissime aspettative. E invece l’isolotto britannico, che di fatto fronteggia, dall’altra parte della Manica, il più noto Mont Saint Michel, ci è rimasto nel cuore. Arriviamo con la bassa marea e passeggiamo sull’enorme spiaggia. Poi raggiungiamo a piedi l’isolotto e saliamo per la visita al castello. Ce la prendiamo comoda mangiando qualcosa al coffee shop e chiacchierando con un ragazzo originario di Carlentini che serve a tavola. Quando scendiamo la marea si sta improvvisamente alzando e noi, contrariamente ad altri impavidi turisti, scegliamo di pagare il passaggio in barca anziché camminare sul sentiero col mare fino alla cintola.
(St. Michael Mont)
Per la serata ci godiamo St. Ives, un altro dei borghi marinari, un po’ più affollato e turistico.
La settimana in Cornovaglia volge al termine. Per l’ultimo giorno teniamo la visita a un centro di riabilitazione per le foche, il National Seal Sanctuary, e poi al suggestivo Lizard Point, il punto più a Sud dell’Inghilterra.
(Lizard point)
La cena di addio alla Cornavaglia è a Newquay. Una pantagruelica e ottima zuppa di pesce che, ovviamente, non ha nulla in comune con la nostra o con il caciucco livornese.
Domani si parte per la capitale.
(2 - continua)
* MAURIZIO SORRENTINO (Piano di Sorrento, 1961; quando è sveglio è l'Area Manager Sud della Enifuel Retail; quando sogna si diverte a suonare la chitarra e a scrivere racconti e romanzi; quando vive viaggia)
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