Bizzarrìe di Bruxelles, la disfida della betoniera gotica

di GIULIA GIGANTE*

È la stravaganza che serpeggia nelle vene di tanti artisti e pensatori belgi a dare un po’ di luce e suggerire un altrove nelle brevi giornate invernali in cui è la grisaille (grigiore) a farla da padrona. Tra le tante bizzarrie architettoniche e paesaggistiche di Bruxelles spicca un’installazione originale per aspetto e concezione, una sorta di “betoniera gotica” (“Concrete truck”) di Wim Delvoye, un artista fiammingo estremamente anticonvenzionale che ha voluto coniugare elementi industriali, di arte concreta ispirata a cose prosaiche del quotidiano, con ricami in ferro e pinnacoli che rinviano allo stile gotico nella sua variante più fiorita.

Che cosa possono avere in comune la materialità di una macchina per impastare il calcestruzzo e l’elevazione mistica verso il cielo suggerita da guglie che richiamano le decorazioni di una cattedrale? L’apparente inconciliabilità degli stilemi suscita un effetto di straniamento accentuato dal fatto che alla fusione di due realtà agli antipodi si unisce anche uno sfalsamento temporale. Sorge spontanea la domanda “Dove siamo?” E, in ultima analisi, l’eterno interrogativo “Chi siamo”?


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(La betoniera gotica)


La scultura ha suscitato non poche controversie tra le autorità locali che si opponevano alla sua collocazione nella capitale europea con il pretesto della sicurezza (i bambini avrebbero potuto arrampicarvisi sopra e cadere) o della pulizia (cartacce e rifiuti vari avrebbero potuto infilarsi nelle intercapedini del ferro) ma in realtà per la sua natura anomala. L’opinione dei sostenitori del progetto, che ne sottolineavano il valore simbolico sotto il profilo della mescolanza delle culture, ha però prevalso e l’opera ha trovato posto in un quartiere molto interessante.

Non è certo la prima volta che Wim Delvoye si trova al centro di polemiche. L’artista originario di Ghent è celebre per le sue provocazioni artistiche, a cominciare dall’installazione “Cloaca” (nomen omen) con cui si è fatto conoscere. Si tratta di un apparecchio apparentemente sofisticato, una sorta di strumento di laboratorio che riproduce il processo della digestione umana in tutte le sue fasi fino a quella dell’espulsione delle feci, in altre parole – come è stato brutalmente denominato – “una macchina per fare la cacca”. Un’altra opera che è stata all’origine di un grosso scandalo è la serie di vetrate che Delvoye ha realizzato utilizzando lastre di radiografie per creare immagini sessualmente molto esplicite.


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(Nel quartiere del vecchio porto)


La betoniera gotica s’inserisce però in un altro filone creativo dell’artista che si concentra sul tema del melting pot e sulla ricerca di valori universali e particolarmente felice si rivela la scelta di inserirla nel contesto di un tessuto urbano caratterizzato dall’incrocio tra culture e ambienti diversi. Il quai au Foin, che ospita nella sua parte alberata centrale l’installazione, costeggiava uno dei canali che collegavano Bruxelles al mare del Nord e che venivano utilizzati per il trasporto delle merci e del pesce fresco. L’area in cui si trova faceva parte quindi del quartiere del vecchio porto, che smise di essere tale all’inizio del Novecento quando la Senne e gran parte dei canali furono interrati. Ne restano tracce un po’ ovunque.



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(Nel quartiere del vecchio porto)


La betoniera è alloggiata proprio nella parte centrale della strada che corrisponde al tracciato del vecchio canale e, da una scala laterale seminascosta, si accede alla sua parte sotterranea dove, nelle viscere della terra, si celano cantine in cui viene messa a invecchiare una delle birre più pregiate del Belgio.


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(Nel quartiere del vecchio porto)


Pochi passi più in là, in direzione Sud-est, c’è la Bruxelles del design, dei caffè all’aperto, delle strade del centro, la piazza Sainte-Catherine con la chiesa e i ristoranti di pesce (la cui apertura risale all’epoca in cui le imbarcazioni arrivavano fin là) e ancora oltre la Borsa, la Grand-Place e le altre attrazioni del centro. Sempre pochi passi più lontano, ma nella direzione opposta (Nord-ovest), il paesaggio cambia bruscamente: il dedalo delle viuzze s’infittisce, passano molte donne velate, risuonano i dialetti e le lingue più disparate, c’è un grosso centro d’accoglienza. La città cambia volto e si protende verso il Sud del mondo. Ed è in questo spirito di passaggio e di mescolanza di tempi e di luoghi che va intesa la betoniera gotica di Delvoye, proiezione onirica e realtà al tempo stesso.

*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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