Binche del Belgio, il Carnevale di Gille che si è arreso al Covid

di GIULIA GIGANTE*

Signore e signori, benvenuti a Binche per il Carnevale che … non c’è! Benvenuti quindi direttamente ai festeggiamenti del 2023 dal momento che, suo malgrado, quest’anno il sindaco si è visto costretto ad annullare, a seguito delle misure prese dal comitato governativo che stabilisce cosa si può fare e non in tempi di Covid, le manifestazioni di un Carnevale che, per la bellezza e la ricchezza delle sue celebrazioni risalenti al Medioevo, è stato inserito dall’Unesco tra i tesori del patrimonio immateriale dell’umanità


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Una decisione che, come ha dichiarato Frédéric Ancion, presidente delle associazioni carnevalesche, “strappa le radici agli abitanti di Binche”. Una vera e propria mazzata per una piccola città provinciale e periferica, situata in una zona del Belgio priva di particolari attrattive turistiche ed economicamente depressa la cui vita ruota quasi interamente intorno ai preparativi: i costumi, le maschere, le prove musicali, i piatti tipici (persino torte con le maschere sulla glassa). Un grave errore probabilmente, visto che questa celebrazione popolare, particolarmente sentita dagli abitanti non solo della città e della provincia di Hainaut, ma in tutto il paese, era stata concepita a suo tempo anche per scacciare gli spiriti maligni e le malattie… La festa nasce infatti proprio come una sorta di rito propiziatorio utile, tra l’altro, per esorcizzare i rigori dell’inverno, che viene simbolicamente spazzato via con un apposito scopettino, e aprire le porte alla primavera.



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Il re del Carnevale è Gille, un personaggio le cui origini - secondo una leggenda dura a morire anche se falsa - si ricollegherebbero a degli Incas intervenuti in abito tradizionale alla festa organizzata da Maria di Ungheria nel 1549 per accogliere il fratello Carlo V. Più probabilmente, la sua figura è una variante locale dello Zanni della Commedia dell’Arte, con alcuni tratti ispirati alle maschere di Pierrot e Pulcinella.

Il Martedì Grasso le vie del centro storico di Binche sono invase da migliaia di Gilles che incedono a passo cadenzato accompagnati dal suono incalzante del rullo dei tamburi. A contraddistinguerli è un complicato copricapo di candide piume di struzzo, gli zoccoli di legno ai piedi, una blusa imbottita di paglia, un cinturone di lana rossa e gialla con campanelli di rame chiamato apertintaille e una mascherina con favoriti, baffetto tipicamente belga e occhialini verdi. Essere Gille è un privilegio: occorre appartenere rigorosamente a una famiglia di Binche o risiedervi da almeno cinque anni.



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Ovviamente Gille non è l’unica maschera ad animare il Carnevale di Binche. A circondarlo c’è uno stuolo di “società di fantasia”, vale a dire personaggi che appartengono ad altre corporazioni che un tempo erano molto numerose e annoveravano tra i loro ranghi “moschettieri” e “cospiratori”, “albanesi” e “tipi chic”, ma che invece attualmente sono solo quattro: i “contadini”, i “marinai”, i “pierrot” e “gli arlecchini”. Ognuno di questi gruppi di maschere partecipa ai festeggiamenti seguendo un preciso rituale che prevede nel dettaglio i diversi tipi di costume che cambiano a seconda dei giorni, l’accompagnamento musicale, i momenti in cui intervenire e addirittura le date in cui possono avvenire le prove, in locali rigorosamente separati per ciascuna delle categorie per non rovinare l’effetto sorpresa.



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I festeggiamenti iniziano già 48 giorni prima di Pasqua con il cosiddetto “Precarnevale”. Alle prove fanno seguito le soumonces (dal latino submonēre), in cui si danza al suono della musica seguendo un rigido cerimoniale che stabilisce anche che i tamburi siano riservati solo ai Gilles, mentre gli altri gruppi sono accompagnati, rispettivamente, da suonatori di strumenti a fiato o di un antico organo a rullo (l’organetto di Barberia). La notte del penultimo lunedì prima del Martedì Grasso, detta Trouilles de Nouilles, è dedicata agli scherzi con bande di maschere che prendono in giro chi non si è mascherato.

Il lunedì grasso, prima del momento clou dello spettacolo di fuochi d’artificio, per la città impazzano balli in maschera di ogni tipo e per tutte le età, battaglie di coriandoli e il lancio delle arance (considerate portafortuna). La distribuzione delle arance sanguigne ci riconduce alle origini della festa, che era anche un’occasione per permettere ai poveri di mangiare in abbondanza (“di grasso”) prima della Quaresima. Un secolo fa i Gilles offrivano alla popolazione pane, uova e frutta locale. La fedeltà alle tradizioni della festa spiega anche l’incredibile circostanza per la quale ancora oggi le maschere di Binche siano appannaggio esclusivo della popolazione maschile con le donne relegate dietro le quinte anche se sicuramente coinvolte nella preparazione dei costumi…


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E il giorno di Carnevale? Il Gille principale fa la ronda all’alba al suono dei tamburi passando casa casa a raccogliere tutti gli altri Gilles e, a partire da quel momento, si succedono banchetti (si comincia con ostriche e champagne alle 7 del mattino), feste, cortei, sfilate e danze fino ai fuochi d’artificio finali non a caso pomposamente chiamati “plus ultra” (“andare oltre” dal motto di Carlo V).

Quindi, non solo Venezia, Viareggio o Rio de Janeiro! Vale la pena di recarsi almeno una volta a Binche (città tra l’altro in cui abitano molti emigrati italiani), di visitare il suo Museo del carnevale e della maschera e di vivere il carnevale à la belge, lasciandosi trascinare dall’ipnotico rullare dei tamburi e dal sorriso stampato dei Gilles e cercando di decifrare gli enigmi dell’ironia belga.

 

*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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