Benvenuti a Buenos Aires, ahi quanto mar dal Boca a Recoleta / 1

di EMANUELA PICCIONI


“Ahi, quantomar quantomar per l'Argentina!” (“Italiani d’Argentina”, Ivano Fossati)

 

Alla scoperta di Buenos Aires, parto dall'Avenida 9 de Julio (data dell'indipendenza argentina, nel 1816): larga 140 metri (!) e lunga 4 km, collega i quartieri Retiro, San Nicolás, Monserrat e Constitución, tutti al centro della città. Devo ancora smaltire volo e fuso, l’Avenida è sterminata, tutti la percorrono a passo molto svelto e un paio di signore mi esortano “ten cuidado con los asaltos” (attenzione agli scippi), riferendosi al’iphone che tengo in mano; decido quindi che l’avenida non mi invoglia al passeggio, e prendo un taxi per la Boca.

La Boca sorge alla foce (in spagnolo, “boca”) del fiume Riachuelo nel Río de la Plata; nel periodo coloniale è abitata da schiavi africani, concentrati in grandi baracche, ma nella prima metà dell'Ottocento cominciano a insediarvisi immigrati liguri, che perfezionano ed espandono le attività del porto fluviale e conferiscono al barrio l’aspetto attuale.

I liguri dipingono le facciate delle proprie case con le rimanenze di vernice usata per le chiatte da trasporto merci, dando vita alla tradizione, finora ininterrotta, di usare nell’arredo urbano colori sgargianti e accostamenti audaci, particolarmente nella via principale (Caminito) e nelle stradine laterali.

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(foto di Emanuela Piccioni)

Nel 1882 gli abitanti della Boca si autoproclamano “República Independiente de La Boca”; issano la bandiera di Genova e secedono dall'Argentina; l’allora presidente della Repubblica Julio Roca deve intervenire personalmente a parlamentare con i rivoltosi per costringerli ad ammainare la bandiera di Genova e far rientrare il conflitto.

Alla fine del 1800, dei 38mila abitanti della Boca ben 35mila sono di origine ligure, e persino le due storiche squadre del Boca e del River Plate vengono fondate, nei primi anni del 1900, da liguri. Oggi nel barrio si trova La Bombonera, sede e campo di gioco del Boca Juniors.

LA SCHEDA GOOGLE TRAVEL:   BUENOS AIRES

Il 18 novembre 2018, secondo giorno del mio viaggio argentino, si tiene la storica finale di Copa Libertadores tra le due squadre di Buenos Aires.

La mattina, sola soletta - come amo visitare le città - esco a cercarmi un Boca club per prenotarmi a vedere la partita.

Temo che il barrio del Boca sia troppo avventuroso per una signora, e dunque vado al vicino (si fa per dire) quartiere di Puerto Madero, area portuale recentemente (primi anni 2000) riconvertita, affascinante con i suoi dock di mattoncini rossi e la sua archeologia industriale (la zona della città che mi é piaciuta di più); vi sono bei grattacieli residenziali e molto aree verdi, pubbliche e private, esemplarmente custodite.

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(foto di Emanuela Piccioni)

Bonus per Puerto Madero: dal lungo dock si può immaginare come gli immigrati, in arrivo sui bastimenti, vedessero lo skyline della città, e come essa potesse apparire loro immensa ed estraniante: Buenos Aires era già metropoli, e i riferimenti visuali di molti immigrati erano quelli del mondo rurale italiano e spagnolo.

Handicap di Puerto Madero: non vi si trova un Boca club. Quando vado a chiedere al Faena Hotel, una meraviglia con interni di Philippe Starck, se intendano allestire una sala con schermo, mi rispondono “lo siento: no!”, con aria accorata.

Raggiungo lo storico quartiere di San Telmo, il più antico della città (XVII secolo): nel 1734 il nucleo originario di residenti, portuali e marinai erige la chiesa di San Pedro Telmo (da cui il nome); successivamente il quartiere viene abitato dalle famiglie più benestanti della città, ma nel 1871 una grave epidemia di febbre gialla spinge i borghesi residenti ad abbandonare in massa San Telmo per insediarsi nelle aree sopraelevate di Retiro e Recoleta, quartieri illusoriamente percepiti come possibili ripari dall'epidemia.  Le grandi dimore patrizie, rimaste vuote, vengono così affittate ai numerosi immigrati, affluenti in massa alla fine del XIX secolo a Buenos Aires. San Telmo, da quartiere della buona borghesia, decade a zona sovraffollata, povera e sporca; la decadenza continua nel XX secolo, tanto che nel 1957  vengono demoliti parte dei vecchi caseggiati coloniali, sostituiti poi da blocchi residenziali popolari. Nel 1970 si ha un primo segnale di ripresa, con l’istituzione di un mercatino dell'antiquariato, la feria di San Telmo, divenuto e rimasto uno dei principali eventi della capitale.

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(foto di Emanuela Piccioni)

Nel 1978, la dittatura militare argentina dà il via a una serie di sventramenti del quartiere, con il duplice scopo di disgregare i numerosi oppositori lì residenti e di costruire l'autostrada sopraelevata 25 de Mayo.

Io vi trovo un mercato delle pulci (niente di che) e una calca esagerata di turisti, e dunque decido di raggiungere in bus il più tranquillo quartiere della Recoleta, chiedendo all’autista di farmi scendere nelle adiacenze di un Boca club, e dunque mi gusto la storica partita nel Boca club della Recoleta: spettacolo! Ero preparata alla cortesia e alla cordialità porteña (così si chiamano gli abitanti di Buenos Aires): gentili, affabili, protettivi, calorosi. Molti hanno origini italiane, e circola la battuta: “Gli argentini sono italiani che parlano spagnolo”.

Poi i porteñi vivono ancora molto il mito di Evita (e questo fatica a entusiasmarmi, diciamo); ma il loro fervore mi spinge, il giorno dopo, a ritornare nel quartiere della Recoleta, famoso per il suo cimitero monumentale, in cui si trova la tomba della signora Duarte/Peron: pur se modesta, mi ricorda il mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa moscovita, per la mole di visitatori e le forme devozionali.

La Recoleta è un quartiere di lusso, con residenze in stile parigino, palazzi signorili e boutique eleganti, e invoglia a passeggiare: marciapiedi larghi, automobilisti che rispettano i pedoni, frequenti giardinetti fioriti.

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Proseguo il mio tour visitando la piazza principale di Buenos Aires, Plaza de Mayo, che si trova nel Microcentro (dove è anche il mio albergo), all'interno del quartiere di Monserrat. 

L’impatto visito è deludente: sterminata e trafficata, ma è evocativa dal punto di vista storico (la Rivoluzione di Maggio (1810), darà il via all'indipendenza dalla Spagna delle Province Unite del Río de la Plata (1816) e politico; dal 1945 diviene la piazza delle manifestazioni peroniste: durante una di esse, Plaza de Mayo viene addirittura bombardata (364 vittime), a opera dell’aviazione militare, in un tentativo di golpe .

Dagli anni Settanta è il luogo dove ogni giovedì le madri di Plaza de Mayo, ovvero dei desaparecidos, si ritrovano a commemorare i figli scomparsi tra il 1976 e il 1983. In Argentina, sotto il regime della Giunta militare di Videla, si stima siano scomparsi fino a 30.000 dissidenti o presunti tali.

A Plaza de Mayo nel 1982 si manifestò pro Leopoldo Galtieri, che aveva intrapreso la Guerra delle Falkland contro il Regno Unito, e nel 2001 la piazza fu di nuovo teatro di scontri, durante la rivolta popolare scoppiata in seguito alla grave crisi economica che aveva colpito il Paese.

Plaza de Mayo è circondata da bei palazzi del XIX Secolo e ospita edifici importanti, tra cui il Cabildo (sede dell’ayuntamiento in epoca coloniale), la Casa Rosada (sede del governo nazionale) e la cattedrale cittadina.


(1 - continua)


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