Battiato, quell'addio in punta di piedi

di ENZO GENTILE*

Ci sono tanti modi per andarsene, dal mondo dello spettacolo, ed è come se Franco Battiato che solo poche ore fa ha abbandonato definitivamente la sua esistenza terrena avesse scelto di assentarsi poco per volta, in modo progressivo, come sfumano gli strumenti nella coda di una canzone. Senza imperio, senza chiasso; non un tonfo, ma preferendo mettersi in disparte, quasi a porre il suo sguardo obliquo sul resto del mondo proprio come aveva fatto con quello nella musica. Franco Battiato aveva lasciato il circuito della canzone, dei dischi e dei concerti da qualche anno, in modo discreto, lo stesso che garantiva la sua presenza sul mercato, senza che l'opera fosse mai soffocata o intossicata dall'ego del suo autore.

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(da Battiato.it)


Mezzo secolo di carriera insigne, fatta di grandi numeri, vendite a milioni di copie, live sempre gremiti, ma anche di soluzioni radicali, considerate di nicchia, o addirittura criptiche perché distanti anni luce dalle logiche del business, anche quando certi motivi, persuasivi e geniali a livello di massa, passavano per mainstream, buoni anche per la prima serata di un Festivalbar qualsiasi.

Una modalità, per attraversare i mondi della discografia e della diffusione orizzontale, che Franco dimostrava regolarmente di saper sorvolare con classe, umorismo, distacco, eppure lucido, determinato, attentissimo nel controllare ogni particella del proprio lavoro. Un misto che portava a una superba qualità finale, che il pubblico ha premiato, la critica ha amato, al di là di questo o quel prodotto: Battiato poteva cimentarsi con il nonsense ma anche con opere liriche assai impegnative, con calembour, ma anche con raffinate elaborazioni filosofiche, magari insieme all'amico Manlio Sgalambro. E si divertiva a consumare i libri dei pensatori d'Oriente, senza dimenticare il bene della barzelletta con gli amici, poteva immergersi in musiche assai toste, della cosiddetta avanguardia, ma poi riscoprire e reinterpretare - divinamente - pagine di repertorio altrui, della canzone d'autore o leggera, Sergio Endrigo e Fabrizio De André, ma anche Dino o Adamo, Aznavour e i Rolling Stones di Ruby Tuesday, tutti ripresi con amorevole delicatezza, e massimo rispetto per le origini. Amore per il contemporaneo, qualsiasi bandiera esponesse.

La cosmogonia di Battiato si articola su più elementi e livelli, laddove una componente decisiva riguarda il comparto visuale, con film e documentari a sua firma - dove aveva stretto ad esempio una relazione anche con Alejandro Jodorowsky, che in Musikanten veste i panni di Ludwig Van Beethoven - ma soprattutto con i disegni e i quadri che esponeva, utilizzava per illustrare i suoi dischi, ma soprattutto regalava agli amici, sulla scia di una generosità che ha consentito a molti colleghi, più o meno meritevoli, di esibire in curriculum una collaborazione, un duetto con lui.


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(da Battiato.it)

Battiato ha scritto alcune delle canzoni che hanno nutrito la nostra colonna sonora, e molto di più: con la mano sapiente del saggio che non grava neppure di un grammo sull'ascolto, sulla fruizione finale, ha dispensato il famigerato mercato di alcune perle, qui lievi, danzabili, gioiose e colorate - Cuccurucucù, Centro di gravità permanente, L'era del cinghiale bianco, Voglio vederti danzare,...- lassù più dense, profonde, a popolare lo spirito e la mente - La cura, il suo capolavoro riconosciuto, Gli uccelli, Nomadi, E ti vengo a cercare, L'ombra della luce, l'invettiva, sempre valida, di Povera patria -. Premiato nei decenni dalla considerazione di tutti, anche di coloro che con arguzia affettuosa lo schernivano per il vocabolario dotto e avvolgente - quando mai in una canzone abbiamo sentito un verso che evocava 'correnti gravitazionali'? - Battiato ha regalato alcune pagine decisive per la carriera altrui, su tutte le amiche di musica e di vita come Alice (Per Elisa, I treni di Tozeur), Giuni Russo (Un'estate al mare), Milva (Alexanderplatz).

Aveva lasciato il suo corpo, a soffrire, a spegnersi lentamente, ormai da qualche anno, senza che la sua opera fosse scalfita, o potesse invecchiare, sentirsi superata dai tempi.

Se riascolto i primi album degli Anni Settanta, se torno alle prime performance in cui ci si trovava in pochi, e sempre gli stessi, a studiare il fenomeno, ci vedo la stessa anima curiosa e impertinente, vivace e irriverente che Franco ha mostrato fino a quando l'orologio biologico glielo ha consentito.

E lo rivedo nelle decine dei concerti che ho seguito, nelle condizioni più difficili e militanti, a sostegno dei radicali o di Lotta continua, a gremire piazze e anfiteatri, garbato e sorridente come quando venne al Mantova Musica Festival, per conversare, cantare e fiutare quella strana aria di suoni e liberazioni. Franco Battiato ci lascia in punta di piedi, avendo scelto il silenzio, da molte, troppe stagioni, senza che - si spera, ci contiamo - si scateni ora la corsa a dischi postumi e alla ricerca di inediti (non ne esistono) o quella alla gestione dell'eredità e del patrimonio artistico.

Franco era, e resta, unico esemplare di una categoria irripetibile di intellettuali - bisogna dirlo, anche se la parola non gli sarebbe piaciuta - che aveva saputo mettere in relazione il Nord e il Sud del mondo, il Mediterraneo e l'elettronica più avventurosa, la sua inconfondibile sicilianità con i dervisci rotanti, i mistici e il pane quotidiano.


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(da Battiato.it)


Poco fa, tornando a casa, da un'auto ferma al semaforo, usciva a tutto volume la sua musica, Up Patriots to arms, una chiamata alle armi, alla consapevolezza, alla bellezza che ha offerto fin dagli anni alla fine dei Sessanta, quando sciorinava canzonette destinate a disperdersi come bolle di sapone. Ma che faremo bene a ricordare e trattenere, come tutti i frutti, i regali portati da un amico.

Come diceva il Presidente Mao: "Non tutte le morti sono uguali: alcune pesano più del monte Thai".


*ENZO GENTILE (milanese, giornalista professionista, hendrixiano da sempre, si occupa di musica e musiche da più fronti. Ha collaborato a un centinaio di testate, quotidiani e di ogni periodicità, pubblicato una ventina di libri, organizzato mostre e convegni, curato la direzione artistica di vari festival, operato per radio e televisioni; è docente all’Università Cattolica di Milano (Master in comunicazione)


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