Baracoa, la Cuba che conquistò Colombo

di GIORGIO OLDRINI *

“Terra più bella che occhio umano abbia mai visto” esclamò un entusiasta Cristoforo Colombo quando nell’ottobre 1492 sbarcò in quella che oggi è Baracoa, una cittadina nell’estremo oriente cubano. Del resto era arrivato fin lì dopo un lungo viaggio periglioso in quella che poi si sarebbe chiamata Baia de Miel, la baia del miele. E 500 anni dopo Fidel Castro disse che le parole del grande genovese erano in definitiva il migliore spot pubblicitario coniato per il turismo in quella zona dell’isola.

Stretta tra le montagne del massiccio Nipe-Sagua-Baracoa e il mare, questa parte di Cuba è stata per secoli separata dal resto dell’isola, anche se proprio qui nel 1511 Diego Velazquez aveva fondato il primo centro abitato del Nuovo mondo. Fu per un breve periodo la capitale della “siempre fidelis Isla” con il paradosso che a lungo era più facile arrivarvi da Haitì, attraversando lo stretto braccio di mare, che dal resto dell’isola. Questa separatezza ha permesso di mantenere un ambiente naturale incontaminato che ora porta qui, in una Cuba sconosciuta ai più e fuori dai luoghi comuni, i pochi turisti che vogliono scoprire fauna, flora, fiumi, unici.  Basracoa   pixabayjpg

(Panorama di Baracoa        foto Pixabay)

L’isolamento di Baracoa è stato infranto nel 1964 quando, a pochi anni dalla vittoria della Rivoluzione, venne inaugurata la spettacolare strada “La Farola” che da Guantanamo, capitale della provincia, supera le montagne con viste mozzafiato sul mare sottostante e arriva alla cittadina. Vale la pena percorrere questi 60 chilometri di natura e storia. Il cammino comincia proprio a Guantanamo, dove c’è ancora la base statunitense occupata a partire dall’inizio del 1900. Una enclave Usa che i cubani continuano a denunciare come occupazione abusiva, ma che poi hanno saputo sfruttare anche dal punto di vista turistico. Si può salire infatti a pagamento su una torre in territorio cubano da cui si “spia” quel che succede nella base yankee. A volte persino sorseggiando un mojito.

Ma Guantanamo è anche la terra che ha ispirato una delle canzoni più conosciute e cantate dell’album musicale dell’isola, la “Guajra guantanamera” cioè la contadina guantanamera. La musica è di Joseito Fernandez, ma le parole sono del grande poeta nazionale Josè Martì, anche se il gioco è quello di improvvisare sulla musica e sul ritornello sempre uguali il testo che ognuno può modificare a suo piacimento.guantanamo-bay-gate-3261423_960_720jpg

(Il cancello della baia di Guantanamo      foto Pixabay)

In questa zona vi fu anche la prima ribellione degli indios contro i conquistatori spagnoli, guidata dall’indio Hatuey. Catturato e prima di essere avviato al rogo, un sacerdote gli chiese di convertirsi al cattolicesimo, così avrebbe potuto sperare di andare in Paradiso. Lui chiese “Ma in Paradiso troverei quelli come voi?” “Certo” rispose il sacerdote. “Allora preferisco di no” rispose e si avviò al falò. Ora Hatuey è la marca di una buona birra cubana.

La Farola è uno straordinario percorso che dal livello del mare attraversa la Sierra del Purial, sale fino ai 600 metri dell’Alto de la Cotilla e poi riprecipita sull’Oceano. Si passa dal mare alla montagna, con tornanti e curve, come fosse un cammino delle nostre Prealpi, ma con al posto dei pini e delle betulle la palma reale, i cactus, l’uva caleta. Lungo il cammino, che i più coraggiosi percorrono persino in bicicletta, i contadini offrono cioccolato prodotto nella zona con il cacao che cresce ai bordi della strada e giù nella piana in aziende ora biologiche. O il dolce tipico di qui, il cucurucho, cocco grattugiato, miele, papaya, guavas, arancia il tutto avvolto in foglie di palma.

L’ arrivo a Baracoa a me ha sempre dato la sensazione di essere arrivato nell’Eden. Lungo il viale di accesso gli alberi di cocco, poi le palme con le banane, grandi cespugli di rossi ibisco, i “pinochitos” , fiori cui i bambini tolgono il pistillo per attaccarselo al naso grazie alla sua colla naturale, trasformandosi in pinocchietti.

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(Una chiesa a Baracoa        foto Pixabay)

La Baia de Miel, quella che Colombo vide per prima, dove sbocca il fiume omonimo, con la spiaggia nera e a poca distanza quella bianca. In certe notti qui sulla sabbia si attende il ritorno delle barche dei pescatori per cuocere in improvvisati falò il pesce appena pescato, mentre suonano chitarre e tamburi. Baracoa significa, nella lingua degli indios Taino,  “Luogo dell’acqua”, perché nel giro di pochi chilometri si gettano nel mare vari fiumi, il Miel, il Duaba, il Toa e il più grande e affascinante, il Yumurì dal nome tragico. Pare infatti che si chiami così perché gli indios ormai accerchiati preferirono suicidarsi gettandosi nell’acqua dall’alto del canyon gridano “Yu morì” “Sono già morto”. Ma ora si può percorrere con piccole barche la corrente, risalendo fino ad una piccola isola o alle cascatelle, in mezzo alla foresta tropicale popolata di uccelli colorati e sonori, mentre nell’acqua si muovono pesci mai visti altrove. I ragazzini pescano a volte con semplici secchielli di plastica o scatole di latta dei biscotti. E sullo sfondo il monte El Yunque, l’incudine.

Attorno il grande parco nazionale Alejandro Humboldt che si può visitare a piedi, a cavallo, con piccole jeep.

La cittadina è tutta sul mare, stretta tra le fortezze spagnole e il Malecòn, il lungomare che la sera diventa, come quello più grande e famoso dell’Avana, il vero centro della vita. I cubani ci vanno, nella capitale come a Baracoa, per corteggiarsi, per pescare, per amoreggiare, per fare quattro chiacchiere con sconosciuti che poi diventano amici, o semplicemente per ammirare l’immensa distesa d’acqua. Qualcuno porta un bicchiere di rum, altri una chitarra per accompagnare un coro. 

Non ci sono molti alberghi in città, ma uno, “La Rusa” ha una storia di quelle che solo in America latina sono insieme vere e meravigliose. Tutto comincia con una bambina, Magdalena Roveskaya, che nel 1917 fugge dalla Rivoluzione bolscevica con la madre Anna. Il padre, Alexander, è un nobile russo e ufficiale dell’esercito dello zar. Muore durante gli scontri a San Pietroburgo e le due scappano prima a Costantinopoli, poi per mezza Europa. Magdalena “Mima” è molto bella e presto diventa ballerina, cantante e si sposa con un ex ambasciatore dello zar, Albert Manasse. I due girano il mondo fino a quando approdano a Cuba, dove Albert, massone, diventa Venerabile Maestro della Loggia locale e nel 1953 aprono un albergo nella lontana Baracoa.

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(La statua di Cristoforo Colombo         foto Pixabay)

Scoppia la Rivoluzione di Fidel e Mima, fuggita da una Rivoluzione, sceglie di appoggiare un’altra, quella cubana. Nasconde rivoluzionari e guerriglieri, tra ospiti illustri come Errol Flynn e turisti statunitensi o dirigenti delle vicine miniere di prorietà nordamericana. Del resto chi può sospettare che una russa fuggita dalla Rivoluzione d’Ottobre possa sostenere i barbuto? E per di più ospitando e nascondendo guerriglieri tra attori e ingegneri statunitensi? Poi, dopo la vittoria, dal suo albergo passano Fidel Castro e Celia Sanchez, Che Guevara con la moglie Aleida March, Raul Castro e Vilma Espin.

Alla sua morte l’hotel “La Rusa” rimane a ricordare una vita avventurosa, una sorta di monumento per celebrare le avventure di una donna passata da una Rivoluzione ad un’altra.

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(L'hotel La Rusa  a Baracoa)     

Non è l’unica presenza apparentemente contraddittoria di Baracoa. Nel centrale Parque de la Independencia ecco la statua di Hatuey, l’indio sconfitto e bruciato vivo dopo avere rifiutato il Paradiso. Poco più in là, nella Cattedrale de Nuestra Senora de la Asunciòn, è ospitata l’ultima delle 29 croci con le quali Cristoforo Colombo attraversò l’Oceano in cerca delle Indie per arrivare alla Baia de Miel. E lì c’è anche la statua del genovese. In questi tempi in cui i monumenti a Colombo si abbattono in Nord America, quella di Baracoa rischia di essere l’ultima sopravvissuta. Meglio andare a visitarla, prima che si troppo tardi.


*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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