Armenia, una ferita in fondo al cuore
di EMANUELA PICCIONI
Avevo una ferita in fondo al cuore” (cit.); per curarla, scelsi di visitare la steppa caucasica, versante armeno; scelta azzeccatissima!
Un Paese affascinante: Asia ospitante una delle Chiese cristiane più antiche al mondo, ma senza ossessioni religiose; unici culti di massa, quello del gioco degli scacchi (retaggio sovietico) e quello della commemorazione del genocidio per mano turca. Curioso come i miei pochi amici turchi, intellettuali progressisti, addirittura di area socialista, sminuissero, poi, nelle nostre conversazioni di ritorno dal mio viaggio (ancora Erdogan non aveva posto fine alla possibilità per i suoi cittadini di chattare liberamente: ora internet è censurato e la sua navigazione rischiosa) il genocidio a catastrofe umanitaria.
Traversare quel paesaggio montano, una specie di Abruzzo desertificato, mi rilassò fino alla spensieratezza: passammo dal canyon del fiume Arat per arrivare al Monastero Geghard, circondato da alberi ai cui rami le persone legano lunghe strisce di stoffa, volte all’esaudimento di desideri (ogni striscia un desiderio, senza limitazioni di numero e/o di tipologia di desiderio: si può anche chiedere di arrivare primi al torneo di scacchi, per dire).
Si va da un monastero all’altro nella gola del Kasagh, si visitano chiese rupestri medievali nella gola del Kasagh, nella gola del fiume Debed e nella valle di Yeghegis fino al Novarank (nuovo monastero) da cui si può godere un tramonto stupendo.
Come già detto, arrivai al viaggio piuttosto stressata, ma il combinato disposto di paesaggio distensivo, assenza di fretta negli spostamenti (inutile cercare di accelerare i tempi di una popolazione evidentemente incline alla calma e alla lentezza), inesistenza di concitazione e propensione all’allegria comunicativa degli armeni, produssero in me un straordinario effetto distensivo: dormivo tanto, profondamente e facevo bei sogni. Sono ancora grata ai miei amici e compagni di viaggio per la tolleranza ai miei frequenti pisolini in auto, anche durante conversazioni, anche interessanti.
Naturalmente la sera ero vispissima, e mi godevo la Erevan notturna da un postazione d’eccellenza: l’hotel Marriott, su Piazza della Repubblica, elegante senza sfarzo e accogliente; mi piaceva tanto sedermi ai tavolini sulla piazza, osservare lo struscio, le donne elegantissime secondo un modo tutto loro: scure di pelle e di capelli, curavano di avere grandi collane dello stesso colore del rossetto (cosmetico usatissimo, in toni sgargianti; steso con grande maestria su labbra impeccabili anche dopo aver bevuto un caffè e/o mangiato qualcosa), delle scarpe e dell’immancabile guarnizione nei capelli; rossetto colo corallo? Scarpe color corallo, fermaglio color corallo e così via.
Tiravo tardi anche da sola, anzi mi piaceva trattenermi dopo la buonanotte dei miei amici: mi incuriosiva l’arrivo del popolo della notte al Marriot. Non so se fossero manager, ministri o gangster: so che arrivavano con macchine bellissime, bodyguard palestratissimi e che la vita frenetica della piazza si fermava qualche minuto per guardarli, salutarli, osservarli; loro erano gentili, riservati, molto diversi dai nostri vip di allora: si sedevano al bar, non facevano ordinazioni da burini, non ostentavano. Purtroppo la mia condizione di astemia intransigente non mi ha consentito di assaggiare il mitico Brandy Ararat, ma le zaffate che mi arrivavano dagli altrui bicchieri suggerivano un aroma caldo e intenso.
L’unica pecca (per me) di quel viaggio era l’assenza di alternativa alla carne a ogni pasto: letteralmente, inutile puntare ad altri alimenti. Probabilmente il loro concetto di coccolare un ospite in cucina è quello di servire ovini e bovini (forse formaggio e legumi erano considerato poraccerie e il pesce un cibo esageratamente esotico).
Un’altra delle meraviglie di Erevan era che dal centro della città si potevano vedere le montagne del Caucaso minore e l’Ararat, con grande effetto suggestivo
Non sono più tornata in Armenia, chissà se è ancora tutto meravigliosamente slow ma senza mosceria: in questo nostro tempo cupo e stressante causa pandemia, mi spingo però a consigliare (quando potremo riprendere a viaggiare) Erevan e dintorni a tutti gli eventualmente bisognosi di un luogo a effetto relax garantito (persino soggiornare al Marriott costa poco!):
“Catene non ha, il cuore è uno zingaro e va”
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