Arboretum, giardino delle meraviglie

di GIULIA GIGANTE *

Non succede quasi mai a queste latitudini, eppure quest’anno le consuete brume autunnali hanno concesso una breve tregua, dissipandosi per qualche giorno. L’inedita estate di San Martino belga ha offerto un’insperata occasione per esplorare uno spazio verde, a pochi chilometri di distanza da Bruxelles, che si è rivelato di rara bellezza, soprattutto in questo momento dell’anno in cui il rosso e l’oro colorano di mille sfumature le foglie degli alberi.

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L’ Arboretum di Tervuren è un immenso parco voluto nel 1902 dal re Leopoldo II all’interno di un bosco già esistente, quello dei Cappuccini, con l’intento di raccogliere piante ed alberi originari delle zone geografiche più disparate creando un insieme botanico inesistente in natura. L’iniziativa si proponeva un duplice fine, didattico e di acclimatazione, e consisteva nel ripiantare in questa area alle porte della capitale alberi e arbusti provenienti da tutto il mondo e realizzare così una vera e propria collezione vivente.

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Il risultato è un parco meraviglioso di 120 ettari in cui via via si succedono piante variegate organizzate per zone che corrispondono ai diversi paesi e regioni del mondo. È una specie di giardino delle meraviglie che non ha però nulla di lezioso o di serioso. Non vi sono suddivisioni geometriche né compartimenti stagni e la vegetazione ha preso il sopravvento sviluppandosi secondo percorsi e ramificazioni del tutto spontanei. Lo spazio è articolato in due grandi emisferi che in parte si sovrappongono e che corrispondono al “Nuovo mondo” (prevalentemente occupato da piante dell’America del Nord) e al “Vecchio mondo” (in cui prevale la vegetazione europea e asiatica). Ma di questo sembrano preoccuparsi poco o niente le frotte di brussellesi che, a piedi o in bicicletta, sono accorsi qui per dimenticare per qualche ora il semi-lockdown e le restrizioni della città.

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Il percorso più bello è la “promenade royale” che permette di addentrarsi nel bosco e di seguire un itinerario ad anello che si snoda lungo sentieri e radure, in un silenzio quasi irreale, interrotto dal canto dei pettirossi. Mentre le foglie cadono vorticando e i chilometri scorrono veloci, guardando l’imperturbabilità e la pervicacia con cui le piante continuano a crescere da più di un secolo secondo un ritmo tutto loro e incuranti dell’ansia di sistematizzazione che era all’origine di un progetto utopistico ma regolatore, viene spontaneo pensare che la vita continua e che anche questo periodo passerà.


*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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