Angiolino il fornaio, e il pane di Triora

testo di ROBERTO ORLANDO*

(foto Asplanato) 

Chi ama le semplificazioni lo chiama il pane delle streghe. In realtà il pane di Triora con la storia del processo alle bàgiue - così si chiamano le streghe in questo lembo estremo di Liguria – non c’entra proprio nulla: il processo risale al 1587, questo pane invece è stato “inventato” a metà del secolo scorso da Angiolino Asplanato, l’unico fornaio del borgo.  

Angiolino non era un mago, come le streghe non erano streghe del resto, ma aveva intuito per gli affari e passione per le tradizioni del suo paese. Così è andato a recuperare vecchie ricette locali tramandate a memoria di padre in figlio, le ha un po’ rimaneggiate a suo gusto, tenendo conto delle esigenze dei clienti, e ha trasformato una pagnotta in un simbolo, non famoso come le streghe ma quanto basta per far entrare Triora nell’esclusivo circolo delle Città del Pane. All'epoca Triora aveva un migliaio di abitanti (ora sono poco più di 200), l'economia era tipicamente di montagna e serviva pertanto un tipo di pane che durasse più a lungo. Del suo potenziale si resero conto rapidamente anche alcuni commercianti di Sanremo, che organizzarono una piccola rete di distribuzione utilizzando per il trasporto gli autobus di linea.

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La ricetta è di una semplicità disarmante, tanto che viene voglia di provarci anche a casa, basta che non ti aspetti un pane buono come l’originale. Non saprei dirti perché, ma è così: c’è che si dice che sia merito del clima, chi sostiene che come per la pizza a Napoli sia tutta questione di acqua, che qui sgorga dalle montagne alle spalle del borgo di Triora e diventa dopo qualche salto il torrente che per amor di semplicità si chiama proprio come appare, ossia Argentina.


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Vedrai che sul web ci sono svariate ricette del pane di Triora, da una all’altra cambiano persino gli ingredienti. In realtà la formula autentica, e per niente magica, è una sola e siccome il pane viene prodotto esclusivamente nell’unico panificio di Triora - proprio quello aperto nel 1952 da Angiolino - me la sono fatta spiegare dal fornaio in carica, Mattia Asplanato, nipote del fondatore.

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“Non ci sono segreti – dice Mattia – noi usiamo farina di tipo 1, che non è integrale e non è nemmeno raffinata come quella di tipo 0. E’ una via di mezzo, viene setacciata a mano e quindi è abbastanza fine ma non è proprio bianca. Poi acqua, sale e un comune lievito di birra. Impastiamo e lasciamo lievitare le pagnotte sopra tavole di legno cosparse di crusca”.  

La crusca ha due funzioni: evita che l’impasto si attacchi alla tavola di legno e poi i granelli finiscono in forno e danno più sapore alla pagnotta.  

La lievitazione non è lunga: “Bastano tre quarti d’ora - spiega Mattia - il tempo può variare leggermente a seconda delle condizioni del tempo. Poi inforniamo a 240 gradi per 80 minuti circa”.  

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Triora al tempo delle streghe era il granaio della Repubblica di Genova, adesso il grano si coltiva ancora?

“Purtroppo no – spiega Mattia – le fasce sono praticamente tutte abbandonate. Abbiamo provato a chiedere all’unico produttore locale di rifornirci della farina per il nostro pane, ma fatti i conti a lui proprio non conveniva e così dobbiamo utilizzare la farina piemontese”.

Il risultato è una pagnotta dorata, croccante fuori e morbida dentro, che dura fino a una settimana. Fantastico con il coniglio alla ligure, il “Pane di Triora” è ottimo anche per le bruschette, ma il suo meglio lo esprime con il brussu, che è un formaggio di pecora fermentato, cremoso, spalmabile e molto saporito, tipico dell’Appennino ligure-piemontese e delle Langhe. Pane e brussu si accompagna con un bicchiere di Rossese di Dolceacqua ed è festa grande, ti assicuro. Ah, con lo stesso impasto Asplanato fa pure i grissini. Non li ho assaggiati, ma non ho motivo di dubitare della loro bontà.

Il pane di Triora viene distribuito in giornata da Ventimiglia a Sestri Levante, in 24 ore in tutte le grandi città e al massimo in 48 ore nel resto d’Italia. Per ordinarlo basta telefonare al numero 0184.94290.


*ROBERTO ORLANDO (Nato a Genova in agosto, giornalista professionista dal 1983. Ultimo capocronista del Lavoro. Dopo uno scombinato tour postrisorgimentale che lo conduce in molte redazioni di Repubblica è rientrato tra i moli della Lanterna. Viaggia, fotografa e scrive. Meno di quanto vorrebbe)

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