All'Eroica con le due ruote, il barbiere e la maglia di lana

di STEFANO ELMI*

Cara Eroica, mi manchi.

Ho saputo che quest’anno non ci sarai. Capisco, così ho ripensato alla prima volta che sono stato lì, a Gaiole in Chianti e quasi piango. Sembra una vita fa, ed in parte lo è. 

Anno 2006: la mia prima Eroica, percorso da 75 km con un mucchio, interamente formato da compaesani, abbastanza selvaggio nella sua variegata formazione. Una settimana prima della partenza il luogo di ritrovo era la barberia del mio paese, Barga sulle pendici dell’Appennino Tosco-Emiliano in provincia di Lucca. Una barberia d’epoca ben prima dell’avvento degli hipster. Sin da bambino andavo lì.

LA SCHEDA  /  Eroica, il ciclismo di una volta

 “Ho cambiato le poltrone. Le ho prese moderne” disse il barbiere un giorno gettando nel panico gli astanti in attesa di barba e capelli. Non sarà mai più come prima, già qualcuno sussurrò. “Queste sono del 1950” riprese il barbiere fra il sollievo generale. Già perché l’arredamento era di inizio ‘900. La barberia che era stata di suo nonno, divenne di suo padre ed infine fu sua.  

Già un mese prima di andare a Gaiole si potevano ammirare le biciclette nella bottega. Ogni giorno ve n’era una diversa parcheggiata. “Questa Bianchi è del Professore” “Questa Legnano è del Foetta” “E questa?” chiesi un giorno “Questa è mia”, rispose il barbiere. Non rispondeva ai canoni delle altre. Era di un bel verde bottiglia, almeno nelle parti non toccate dalla ruggine e dai graffi, aveva anche una sella di pelle consumata e lisa. All’apparenza sembrava sgangherata ma era funzionante. “Che marca è?” chiesi.  “Ma che ne so” fece il barbiere.  “L’ho trovata vicino ad un cassonetto fra Pistoia e Montecatini, a me piaceva e il Professore ha detto che era buona e l’ha rimessa in sesto”. Mi affascinò nella sua imperfezione. Era un tutt’uno con l’arredamento.

 Una o due sere prima della partenza convergevamo davanti alla bottega con i nostri mezzi. Mostravamo tutti gli accorgimenti meno moderni a nostra disposizione. Un ragazzo con una Ganna grigia per provare il cambio posteriore a bacchetta impiegò tutta la piazza antistante e saltò anche sullo spartitraffico davanti al negozio, ma alla fine cambiò.

 C’era un’eccitazione quasi adolescenziale nell’attesa del giorno dopo, e per quelle strade bianche che ti avrebbero catapultato in un altro tempo. Se c’era il sole ritornavi impolverato, eroicamente. Se c’era la pioggia ritornavi infangato, eroicamente. Se c’era pioggia e sole tornavi un po’ infangato e un po’ impolverato, doppiamente eroico. Era l’ambizione di molti. Mio padre non toglieva la polvere da un anno all’altro e gli amici gli dicevano: Lava quella bici! E’ sporca! Lui replicava: è polvere eroica questa. Silenzio. 

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Quella mattina di ottobre mi presentai su bicicletta Rugani equipaggiata con Campagnolo Nuovo Record del 1974 prestata dal mio amico-meccanico,  e maglietta di lana blu e strisce bianco-rosse della Brooklyn Chewing Gum anch’essa prestata dal mio amico-meccanico e una roba di cuoio legata sulla testa. Mio padre con una Moser del 1980. L’amico di mio padre con maglia di lana arancione e una vecchia bicicletta Bianchi con applicata sul manubrio una custodia di cuoio di un vecchio binocolo perché faceva vintage. Il barbiere con una rara Bartali anni ’50 giallo-uovo abbinata ad una maglia ovviamente di lana, Bartali-Ursus, cucita su misura per lui da una vecchia signora che probabilmente ora non c’è più. Un ragazzo, con una Atala grigio-topo-blu e maglietta di lana con tanto di buchi e un paio di banane nelle tasche. Un altro ragazzo con una Ganna grigia e cambio posteriore a bacchetta. E poi il Professore, colui che ci aveva introdotto a tutto ciò, con una Cicognani blu con ruote in legno degli anni ’20 completamente restaurata, ed una maglia di lana a maniche lunghe del G.C. Barga (Gruppo Ciclistico che qualcuno ribattezzò Giovani Comunisti). 

Chi ci fece la foto con molta probabilità era il noto collezionista sempre del paese, rigorosamente di biciclette Legnano. Lui era a Gaiole almeno da un settimana prima per portare avanti i suoi affari e le sue trattative, alcune davvero imbarazzanti. Una mattina camminavamo insieme in una piazza di Gaiole quando ad un certo punto si palesa un signore con tuta rossa-verde Legnano. Appena lo vide a bruciapelo gli domandò “Quanto vuoi?” “Per cosa scusa?” fa immediatamente quell’altro “Come per cosa..per la tuta” “ Che tuta?” “La tua, questa che indossi” “Questa?” “Sì questa”. In breve la discussione degenerò, iniziai a sentire cifre astronomiche, mi allontanai un poco e feci finta essere un passante. Alla fine per una cifra di diverse centinaia di euro gli strappò la tuta, o meglio permise all’altro di andarsi a cambiare e portagliela in un sacchetto. 

Insomma il noto collezionista ci immortalò tutti insieme in una fotografia poco prima della partenza. Io che guardo in terra con una faccia che sembra schifata. Il Professore inginocchiato intento a mettersi gli occhialoni d’ordinanza. Il barbiere di spalle che guarda una vetrina. L’amico con la Ganna che guarda oltre il fotografo. Mio padre che tenta una specie di sorriso verso la camera. L’amico di mio padre che guarda in camera ma è intento a dire qualcosa al fotografo. L’altro amico con l’Atala, che è forse l’unica persona in posa, ma il fotografo gli taglia mezza bicicletta. 

Non eravamo esattamente belli. Ma in tutto quel disordine di biciclette e abbigliamento eravamo felici e curiosi di vedere come sarebbe andata a finire l’avventura che, ad eccezione del Professore e di pochi altri, risultava essere la prima volta. La più bella.

Così partimmo e subito ci separammo nel mare di gente, ma ci ritrovammo tutti al ristoro a Volpaia, a parte mio padre e il suo amico che furbescamente optarono per i 35 km, ed il taciturno e solitario Professore che optò, da consumato ciclo-amatore, per i 135 km, assieme al ragazzo con la Ganna

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La sorpresa del primo ristoro in stile eroico fu una cosa che mi rimarrà sempre dentro. Altro che la barretta energetica piena di schifezze che mi ero messo in tasca. Fettunta per antipasto, ribollita come primo, pane con vino e zucchero per dolce. E ovviamente fiaschi di vino ovunque. Ripartiamo. Io, il barbiere e l’amico con l’Atala oramai formiamo un terzetto ben affiatato. Dopo qualche chilometro però l’Atala fora e ci mettiamo a bordo strada a riparare la ruota. L’amico ingegnosamente aveva sostituito i tubolari con due copertoni con camere d’aria, che non erano propriamente eroici però risultavano più facili da riparare, almeno in apparenza. 

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Per aiutarci si fermano dei piemontesi con una Fiat 1100 degli anni ’40. Aprono il baule e tirano fuori la cassetta degli attrezzi: una valigia di cuoio consunta. Chi se ne frega della foratura pensai: tutto questo è bellissimo! Gonfia, gonfia e rigonfia e poco dopo un pick-up con una troupe di un’emittente televisiva tedesca si ferma a riprenderci. 

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Tutti e tre sudati fradici in mezzo alla polvere a darci il cambio alla pompa e la gentile signorina col microfono in mano dall’inglese dal forte accento teutonico: come mai voi partecipare Eroica? Guardi questa è una bella domanda signorina, non ne abbiamo la minima idea, fu la risposta unanime in quel momento. Gonfia, gonfia e rigonfia e un botto incredibile fa sobbalzare il microfono con la gentile signorina tedesca attaccata. La camera d’aria si era rotta di nuovo.

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Dopo un tempo infinito ripartiamo, poi sull’ultima salita per giungere a Radda in Chianti il barbiere sparisce. Aspettiamo una mezz’ora abbondante ad un incrocio ed alla fine lo vediamo sbucare da dietro una curva a piedi mentre spinge la bicicletta. 

– Il movimento centrale! Il movimento centrale!

– Cosa? Cosa?

– E’ saltato tutto! E’ saltato tutto! Pedalo a vuoto!

Rimane una piccola salita prima di Gaiole e lo aiutiamo poggiandogli una mano sulla schiena: io a sinistra e l’altro amico a destra. Per i pezzi in discesa se la cava da solo. Mentre io comincio a sentire una gran puzza di bruciato venire da sotto, ma non capisco da dove esattamente. La discesa finisce e non ci faccio più caso. Spingiamo il barbiere per un altro breve tratto di salita e poi di nuovo discesa e nuovamente un puzzo incredibile di bruciato. 

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Guardo davanti e i pattini dei freni di gomma si erano messi addirittura a fumare, mai vista una roba del genere. Sembrava un cartone animato: non può essere vero o forse sì, pensai. Nessuno aveva cambiato i pattini di quella Rugani da almeno trent’anni. Guadagno la fine della discesa in qualche modo. 

Alla fine arriviamo a Gaiole, da eroi ovviamente, fra due ali di folla solamente per noi (così mi va di ricordare). Il barbiere con la Bartali, oramai compromessa, al centro. Io che pedalo sulla sinistra spingendolo con la mano destra. L’amico con l’Atala a fare lo stesso dalla parte opposta. Sembriamo i due gregari che riportano a casa il vecchio leone ferito fra gli applausi e forse anche qualche lacrima.

Tagliato il traguardo, timbrato il libretto, ci guadagniamo una bottiglia di rosso ciascuno, bevuta alla sera a casa per cena. 

Cara Eroica mi manchi, ma spero che ci rivedremo presto.

 Ciao

*STEFANO ELMI (Nato a Barga - Appennino Tosco-Emiliano -  il 4 Luglio del 1982. Ama scrivere e andare in bicicletta, fare trekking e sci-alpinismo. Il suo diario di bordo si chiama scritti maiali.com. Di recente, a seguito di un suo viaggio esplorativo in bicicletta fra Canada ed Alaska, ha scoperto che “In Alaska fa caldo”e ne è nato un libro edito da Ediciclo)


Formazione del mucchio (abbastanza) selvaggio:

•         Il barbiere: Antonio Chiappa

•         L’amico con l’Atala: Andrea Mori

•         Amico-meccanico: Lorenzo Papi

•         Mio padre: Antonio Elmi

•         Amico di mio padre: Riccardo Bertagni detto Pucci

•         Il Professore: Giuseppe Nardini

•         L’amico con la Ganna: Francesco Pierantoni

•         Il noto collezionista di Legnano: Francesco Orsi



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