ALBANIA - MACEDONIA / 3 I misteri di Tepelene

di LUISA PECE*

Il risveglio a Valona è con un cielo imbronciatissimo che promette (e mantiene) tantissima pioggia. Purtroppo, in questa giornata sono riuscita a fare pochissime foto, essendo quasi impossibile fermarsi per riprendere il panorama.

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(Foto di Luisa Pece)


Causa lavori non si può, purtroppo o per fortuna (data la pioggia battente), percorrere la strada panoramica Valona-Saranda che corre più in alto rispetto alla litoranea, e offre (mi dicono, lo saprò solo quando ci tornerò) scorci incantevoli tra baie, mare, grotte e quant’altro. Lungo il percorso appare il fenomeno dell’incontro tra il Mar Ionio e il Mar Adriatico che, per un lungo tratto, scorrono paralleli senza mischiarsi – e infatti si vedono due colori diversi delle acque, oggi cupe e tumultuose.

A un certo punto sbuca la penisola di Karaburun (parola turca che letteralmente si traduce: naso nero), che fa parte di una riserva marina, l’unica del suo genere in Albania, che peraltro conta molte zone protette, archeologiche o naturalistiche. Di fronte alla penisola, mi pare a una settantina di chilometri di distanza, si trova il Canale d’Otranto. Nella penisola, accessibile solo con permesso, si aprono grotte e cave, un tempo rifugio di pirati.


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(Foto di repertorio)


Sempre all’interno della riserva marina,  compare l’isola di Sazan, che fu sede di fortezze e strutture difensive fin dall’antichità. Durante il regime di Enver Hoxha furono costruiti tunnel come rifugi anti-atomici e circa 3600 bunker; fino a pochi anni fa esclusivamente di appannaggio militare è ora aperta al turismo, con molte cautele. Un amico l’ha definita, riferendosi ovviamente al recente passato,  “comunista a 24 carati”.


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(Foto di repertorio)


L’Albania, come mi fa notare il mio accompagnatore, è sempre stata attraversata dalle guerre degli altri. In questa zona si trovano tracce e memorie di epoca romana, qui c’è il Passo di Cesare, che ricorda la battaglia navale tra quest’ultimo e Pompeo, che si svolse nei pressi dell’antica Orikum, punto strategico per controllare l’accesso dal mare verso la montagna. Proseguendo verso Saranda, si attraversa anche il Passo di Llogara, di cui ho un ricordo splendido risalente a quattro anni fa – panorama vasto e verdissimo. Lì si compra il miele migliore di tutta l’Albania, davvero squisito, con cui magari integrare una profumatissima tazza di çai mali.

Con uno sprazzo di sereno, ci siamo fermati davanti a una collinetta, in cima alla quale, vicino a un piccolo cimitero, sorge una teqqe bektashi.

 

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(Foto di Luisa Pece)


Dopo esserci tolte le scarpe, siamo entrati – un luogo silenzioso, isolato, pieno di pace. Le due tombe dei Baba erano coperte da asciugamani e mi è stato spiegato che i bektashi come omaggio ai “leader” spirituali delle loro comunità lasciano sulle loro tombe oggetti e capi di abbigliamento personali che siano stati a contatto con la pelle, una sorta di protezione. Trovo sempre commoventi questi luoghi, così spogli nella loro semplicità, sempre tenuti in perfetto ordine e lindore, molto mistici. E fuori uscimmo a riveder il cielo, che finalmente si era rasserenato, camminando all’indietro, come richiede il rispetto dovuto a questi luoghi.


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(Foto di Luisa Pece)


Proseguiamo verso Porto Palermo. Dall’alto, collegata alla terraferma da una lingua di terra, una piccola penisola, ricoperta di macchia mediterranea, dove sorge una fortezza dall’aspetto impenetrabile, che Alì Pasha di Tepelene fece costruire all’inizio dell’Ottocento per la propria amante/moglie Vasiliqine. Leggenda vuole che quando la fortezza fu terminata Ali Pasha fece trucidare i progettisti e tutti quelli che vi avevano lavorato per impedire che svelassero dove aveva nascosto i propri tesori.



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(foto di repertorio)


Durante il regime di Hoxha la fortezza venne usata come base militare per i sottomarini. Il mare che vediamo mentre proseguiamo verso Saranda finalmente ci appare in tutta la sua rannuvolata magnificenza mentre in macchina, quasi a farlo apposta, si diffonde “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla: “E in mezzo a questo mare/Cercherò di scoprire quale stella sei/Perché mi perderei/Se dovessi capire che stanotte non ci sei” (perdonate la digressione romantica, ma QUESTO mare mi sembra adattissimo a quei versi).


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(Foto di Luisa Pece)


Decisamente interessante, poco più avanti, è un tunnel scavato nella roccia, il cosiddetto Tunnel di Porto Palermo, che durante il regime di Hoxha fungeva da bunker per sommergibili delle unità d’attacco albanesi. Il portellone che lo chiude è di fabbricazione cinese. Il tunnel/bunker non è più in uso, ma la zona rimane comunque area militare interdetta.



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(Foto di Bledi Bakia)


Lungo la strada incontriamo il cartello che indica la località di Borsh, cittadina che ha dato i natali al fondatore arbëreshë della liquoreria pugliese produttrice del quasi omonimo amaro/elisir.

E finalmente, con un freddo birichino, arriviamo a Saranda, dove assistiamo a un tramonto spettacolare.

 
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Calato il buio, una passeggiata sul lungomare spazzato da un vento gelido…. In acqua ondeggia un veliero battente bandiera del Paese delle Aquile … Buonanotte.


*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)

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