ALBANIA-MACEDONIA - 1) Verso Gllave, fra trivelle e calanchi

di LUISA PECE*

 

Si parte il 14 febbraio, quale giorno migliore per iniziare un nuovo viaggio d’amore per questo piccolo grande Paese? E infatti Tirana, la sera prima, mi aveva accolto così (Te Dua vuol dire Ti amo):

Picture1png 


La meta finale della giornata è Gllave, ma ci arriveremo. Mentre andiamo, in lontananza si vede la neve sulle montagne, fa freddino.



Bledi Bakia FILEminimizerpng

(foto di Bledi Bakia)


La prima località di interesse che incontriamo è Kuçovë, che vedrei adattissima come location per un film da “day after”. La terra è nera, il paesaggio desolante, disseminato di trivelle per il petrolio (mi dicono circa 600). Questo luogo, tra Fier e Berat, così respingente, ha una lunga storia. Negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, scoperto l’oro nero, gli italiani ne ottennero la concessione e impiantarono le trivelle, ribattezzando (con grande fantasia) la città col nome di Petrolia, mentre sotto il regime di Hoxha divenne Qyteti Stalin, che non ha bisogno di spiegazioni, per poi tornare al toponimo originale di Kuçovë. Nacquero anche un aeroporto militare per le necessità di trasporto, magazzini, una raffineria. Dell’aeroporto si è riparlato in anni recenti, progettando di farne una base NATO, ma non so a che punto sia il progetto – non ho visto fervere lavori…

Un certo numero di trivelle è ancora funzionante, ma tutto è coperto di ruggine, tristissimo, abbandonato.


 Luisa Pece FILEminimizerpng

 (foto di Luisa Pece)



Luisa Pece 1 FILEminimizerpng

(foto di Luisa Pece)



Però, dato che da qualche parte bisogna anche sorridere, ecco che, sotto a una cisterna per l’acqua, anch’essa sgarrupatissima, appare un dordolec, cioè una bambolina di pezza o un peluche, che scaccia il malocchio.

Bledi Bakia 1png

(oto di Bledi Bakia)



Verso Berat, si intravede un vecchio opificio – un tempo l’industria tessile albanese era davvero fiorente, famosa la seta prodotta al nord da artigiane specializzate.

Lungo la strada, si intravedono i deliziosi laghetti della zona di Belsh, in basso, dai colori stupendi, che purtroppo non sono riuscita a fotografare.


Luisa Pece2 FILEminimizerpng

(foto di Luisa Pece)


Sempre in quella zona, dove inizia la salita verso il castello, c’è un monumento di cemento, il memoriale alla Brigata Gramsci. La famiglia di Antonio Gramsci aveva le sue radici proprio in Albania, a Gramsh. Da www.pietredellamemoria.it: “La Brigata Gramsci fu una formazione partigiana formata da militari italiani del Regio Esercito e popolazione albanese che operò dall'8 ottobre 1943 fino alla liberazione dell'Albania, collaborando con l'Esercito Albanese di Liberazione Nazionale. Dopo l'8 settembre 1943 molti militari […] non vollero arrendersi all'esercito nazista. I primi duri scontri con i tedeschi decimarono il Battaglione Gramsci ma i 40 sopravvissuti si rifugiarono nelle montagne […].”


Bledi Bakia 3png

(foto di Bledi Bakia)


Al bar a pochi metri dal memoriale abbiamo preso l’immancabile caffè - al tavolo vicino erano seduti due uomini male in arnese che chiacchieravano e bevevano caffè e raki. Inevitabilmente hanno iniziato a parlare con noi e uno di loro, viso solcato da tante rughe e espressione rassegnata, ci ha raccontato la sua storia di lavoro duro (muratore) per 23 anni in Grecia. Tornato in Albania, la Grecia non gli riconosce la pensione e lui vive con quello che gli mandano i figli che vivono in Italia. Una situazione comune a tantissime persone che veramente vivono ai bordi della povertà. A quanto mi dicono, i rapporti tra greci e albanesi non sono idilliaci, soprattutto per quel che riguarda, appunto, i diritti dei lavoratori frontalieri o migranti. Addirittura mi è stato raccontato che, per trovare lavoro, alcuni albanesi che hanno varcato il confine hanno dovuto cambiare il nome per farlo sembrare più “ellenico”. Del resto, in Albania è ancora vivo e presente il ricordo di quanto accaduto fino grosso modo agli anni Cinquanta del secolo scorso, una “pulizia etnica”, che alcuni definiscono genocidio, della popolazione della Ciameria, territorio a cavallo tra Albania e Grecia, abitato da albanesi. Non voglio qui addentrarmi in un discorso delicatissimo, ma quanto mi è stato raccontato è atroce.



Luisa Pece 4 FILEminimizerpng
(foto di Luisa Pece)

Proseguendo, abbiamo visto tanti calanchi e una vasta zona di ex-bosco dove qualche anno fa un violento incendio ha distrutto la vegetazione lasciando mozziconi di alberi e terra bruciata, che però hanno un loro fascino.

E per concludere la giornata, abbiamo imboccato la strada – strada è una parola grossa, in questo caso una convenzione linguistica – che ci avrebbe portato a Gllave, dove avremmo pernottato. Un percorso creato dalle popolazioni Illire, poi battuto dai Romani - si intravedono tra uno scossone e l’altro, tra una buca e l’altra, tra un fosso e l’altro, le pietre posate da questi ultimi… Un attimo di terrore l’ho provato quando abbiamo incrociato un trattore e già mi vedevo stritolata tra le lamiere ma la sovrannaturale abilità di chi guidava entrambe i mezzi mi ha consentito di riaprire gli occhi che ero ancora viva.

Per fare 40 chilometri ci abbiamo messo tre ore e mezza, organi interni dislocati qua e là, ma panorami bellissimi….  

Arrivati, un po’ provati, a Villa Sofia, a Gllave, ci ha accolto un bel camino scoppiettante mentre un gatto evidentemente stressato soggiornava sul tavolino nel patio del mio bungalow …..


Luisa pece 5 FILEminimizerpng

(foto di Luisa Pece)


luisa pece 6png

(foto di Luisa Pece)



*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per rilanciare i nostri racconti su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram
clicca qui per iscriverti alla Newsletter