Albania-Kosovo - 1) Barchette e scrigno di pesce nella laguna di Patok

di LUISA PECE*

Con questo articolo inizia il resoconto autunnale di un viaggio appena compiuto nel nord dell’Albania e in Kosovo. Colori, immagini, sapori, profumi straordinari. Luoghi più o meno impervi, più o meno spirituali che affascinano e che valgono una visita.

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A Tirana c’è il sole e la città si prepara all’annuale Maratona (17 ottobre), il grande viale di circonvallazione senza auto sembra quasi un altro mondo. Abbastanza agevolmente raggiungiamo Beltoja, nei pressi di Scutari, per consegnare materiale acquistato con una piccola raccolta fondi e destinato al complesso scolastico in cui opera un frate francescano italiano.

Compiuta la missione ci dirigiamo a Laç, una cittadina di circa 17000 abitanti nella prefettura di Lezhe (Alessio), senza particolari punti di interesse, colpita duramente dal terremoto di due anni fa.

A circa 7 chilometri dalla città, all’interno di una riserva naturale di grande impatto che ospita anche diverse aree boschive e pascoli, sotto un cielo rannuvolato arriviamo in un meraviglioso luogo acquatico del tutto inatteso, di cui non avevo mai sentito parlare: la Laguna di Patok, affascinante, estesissima, splendida location da film.

Un luogo ideale per un turismo diverso, ecologico, per chi desidera rilassarsi lungo le coste sabbiose, con un grande potenziale in tutta la sua estensione che consente di apprezzare una variegatissima biodiversità, sia di flora che di fauna, grazie ai numerosi habitat.

Soprattutto non è tanto distante dalla capitale – meno di cinquanta chilometri, anche se bisogna pianificare almeno un’ora e un quarto per arrivare. È quindi un’ottima meta per un’escursione in giornata - non so quanto la zona sia attrezzata per il pernottamento, mi dicono che alcuni ristoratori dispongono anche di qualche camera.

Dappertutto volano e strillano gli immancabili gabbiani (che in albanese si chiamano pulëbardha, cioè pollo bianco) e, meno sfacciati, alcuni pellicani e un gruppetto di aironi che si riposano tutti assieme in assetto monozampa. Non abbiamo purtroppo avuto la fortuna di vedere le tartarughe che mi dicono numerosissime. Non possono mancare le oche: l’oca femmina è patë, l’oca maschio è, appunto, patok.

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Il proprietario di uno dei ristoranti sulla costa lagunare ha attrezzato la propria barchetta con qualche sedia di plastica del giardino e ci ha portato ad esplorare questo paradiso. Si naviga prima nel grande bacino principale di acqua dolce, poco profonda, interrotto a tratti da grandi reti da pesca sospese

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con qualche isolotto sabbioso qua e là, per immettersi poi nei canali più o meno ampi, bordati di vegetazione bassa, molto suggestiva, con piante erbacee, tamerici, canne, arbusti, in un silenzio quasi frastornante, interrotto solo dal vento.

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Senza fretta la barca ci ha portato per un lungo tratto, quasi in solitaria, tranne un paio di barchini e gommoni. Abbiamo anche provato l’ebbrezza di entrare nel Mare Adriatico, che a differenza della laguna, essendo completamente aperto, si era un po’ innervosito.


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Al rientro, per ritemprare lo spirito, il ristoratore ha superato se stesso, come potete vedere. Dopo una vellutata di pesce e un antipasto regale, uno “scrigno” che, una volta aperto, ha rivelato una zuppa/brodetto dal profumo indimenticabile.


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Segnatevi questo posto, finché è ancora un luogo da favola, “via dalla pazza folla”, sperando che non arrivi anche qui la cementificazione.

 

*LUISA PECE (nata a Bologna tanto tempo fa, malata di adolescenza senile, appassionata viaggiatrice, attrice per diletto, un passato lavorativo tra i libri - Il Mulino - , poliglotta, curiosa come un gatto rosso)


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