Zfat la città santa, una bibbia vivente nel regno della Qabbalah

di GAD LERNER*

Se siete in cerca di un nuovo Messia redentore del mondo, annunciatore della Fine dei Tempi e della resurrezione dei morti, la Galilea è la terra che fa per voi. Il più famoso è nato a Nazaret, ma nel corso dei secoli ne sono spuntati parecchi altri a calpestare la sua terra rossa, fertile ma pietrosa, profumata di timo, ricca di acque dolci come pochi altri luoghi in Medio Oriente.

Mi prenderete per matto, ma c’è stato un momento della mia vita in cui ho deciso che dovevo andarci a trascorrere un mese intero a vedere perché mai tanti ebrei cacciati nel 1492 dalla Spagna e dall’Italia meridionale si fossero ritrovati proprio a Zfat per cercarvi l’estasi mistica, le scaturigini primordiali della vita.

mare di galileajpg(Il mare di Galilea                         foto pixabay)

Vi ho spaventati, lo so, ma vi assicuro che non occorre una crisi mistica per lasciarsi sorprendere dal salto all’indietro nel tempo rappresentato da un viaggio a Zfat, una delle quattro città sante dell’ebraismo insieme a Gerusalemme, Hebron e Tiberiade. Rimasta forse la più autentica. Intanto, per raggiungerla, inerpicandovi fino ai suoi 900 metri di altitudine, avrete costeggiato il lago di Tiberiade, che qui pomposamente chiamano mare di Galilea. Al bivio di Cafarnao i tornanti vi faranno lambire il Monte delle Beatitudini, attraversare gli uliveti e i vigneti di Rosh Pina, avvicinandosi alle foreste di conifere sul confine del Libano e alle nevi eterne del monte Hermon, ricco di sorgenti e cascate, che sormonta l’altopiano del Golan e segna la frontiera con la Siria. Una guerra feroce si combatte dietro l’angolo, e non vi sembrerà vero immersi come siete in paesaggi struggenti o nelle enoteche che offrono vini e formaggi di capra di qualità sopraffina.

Godeteveli, perché Zfat è molto, molto più austera. Passati i casermoni grigi di cemento che la cingono di architettura brutalista, divenuti alveari di ultraortodossi nerovestiti dalle famiglie numerose, il centro storico tuttora semidiroccato vi sorprenderà. Una Bibbia vivente, nei vicoli, nelle gallerie e nelle scalinate che collegano un’antica sinagoga all’altra, dove vi imbatterete nel più vasto campionario di caffettani di satin e di velluto, nei copricapo di pelliccia dai cui lati spuntano boccoli laterali di capelli talvolta di lunghezza smisurata, e barbe di ogni foggia.

Spesso li vedrete affrettarsi a passettini nella ripida discesa che conduce al cimitero che da almeno cinque secoli viene concepito come un tutt’uno con la città. Morti e vivi insieme, perché lì sotto, dipinte di azzurro per distinguerle dalle altre, ci sono le tombe degli zaddikim, i Giusti, i fondatori delle scuole della qabbalah. E loro massima aspirazione è impregnarsi delle loro anime, fino al punto di prosternarsi distesi sul sepolcro in cerca di quel contatto, anche se in teoria sarebbe proibito. Difatti, è soprattutto di notte che ci provano.

jew-704395_960_720ortodossijpg(Ebrei ortodossi       foto pixabay)

Sopra la cittadella crociata vedo volare in formazione le cicogne che andranno a posarsi nella valle di Hula, a metà strada della loro migrazione primaverile che le condurrà dall’Africa fino all’Ucraina, terra dei miei nonni, sopravvissuti solo perché ebbero la buona idea di migrare a loro volta fin qui vicino, a Haifa.

La precoce primavera di Galilea, dunque. Trionfo di profumi e fioriture. Da incosciente mi ero portato una valigia di abiti estivi, arrivando da Milano. Li ho indossati a strati per cercare di sfuggire al gelo notturno, nel mio bed & breakfast sull’arteria principale di Jerusalem street. E’ stata solo la prima di una serie di delusioni in cui voi, immuni dalla tentazione del turismo religioso, non correte il rischio di inciampare. Le scuole dei grandi mistici dell’introspezione, eretici antesignani della psicoanalisi e perfino della fisica quantistica, si sono irrigidite nell’ortodossia conformista dei loro capi settari. Per campare, poveri come sono, ben volentieri aggregano giovani un po’ scoppiati cultori della new age, tenutari di botteghe di amuleti (e secondo me anche di un bel po’ di fumo proibito) incastonate dentro alle vecchie case di pietra, piene di fascino.

Gli insegnamenti sulle origini della vita, sul rapporto fra corpo e anima, sull’interpretazione dei sogni e l’analisi numerica dei significati, tramandate dai venerati zaddikim, primo fra tutti un giovane geniale del XVI secolo di nome Yitzhak Luria, restano a mio parere formidabili. I loro pretesi eredi li stanno mortificando nella superstizione.

Dubito che il prossimo Messia possa trovarsi a suo agio nelle antichissime sinagoghe di Zfat. Ma il loro fascino resta inebriante, a mente sana, e meritano il viaggio.


*GAD LERNER (nato a Beirut nel 1954, quando non fa il giornalista si occupa di barbera e di partigiani con Laura Gnocchi pur non essendo il suo ex fidanzato genoano. Comunque al blucerchiato preferisce nettamente il nerazzurro)


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