Yellowstone, chiuso per Covid il Serengeti d'America / 1

di VITTORIO RAGONE


Il ranger  fa un gesto – “fermatevi” – con le mani, poi ordina spazientito alla folla di non superare il ciglio della strada. A cinquanta metri, in un boschetto di whitebark, i pini dalla corteccia bianca, un’orsa prende a buffetti i cuccioli, due pallottoloni di pelo nero. La madre solleva il muso, annusa l’aria  e guarda in giù:  gli occhi miopi incrociano una muraglia di cannoni fotografici, telecamere compatte, binocoli, Gopro, telescopi. 

 Dietro la muraglia sostano decine di automobili in fila, bloccate come un ingorgo del sabato.  “Spot the bear”, trova l’orso, fin dalla fondazione è stato lo sport quotidiano a Yellowstone, Wyoming, Usa, quel luogo incantato che Hanna e Barbera ribattezzarono Jellystone in una indimenticata serie cartoon  degli anni Sessanta: l’orso Yogi, l’amico Booboo e il pacioso ranger Smith in verde mimetica. La siepe umana oggi è sparita, il Parco è chiuso per Coronavirus come gran parte della wilderness americana.  Le folle torneranno a fine giugno, così ha stabilito la programmazione sanitaria,  

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Ogni anno dentro Yellowstone passano quattro milioni di turisti, il settanta per cento fra maggio e ottobre (dal 1904  a oggi,  175 milioni).  La stragrande maggioranza dei visitatori è statunitense, il Parco è una classica family vacation a stelle e strisce e così tornerà a essere quando l’allarme sarà cessato.   Gli italiani sono briciole,  un gruppetto sparuto e si capisce perchè.  Il viaggio è laborioso assai, e parliamo di tempi normali: aereo fino a New York o Los Angeles, o da Parigi a Salt Lake City; poi volo interno fino a Jackson, a Cody, a Bozeman o Idaho Falls, gli scali minori intorno al parco. Oppure lunghe transumanze automobilistiche dalla California, dall’Utah, dal Colorado.

Anche la preparazione del soggiorno è laboriosa:  i lodge dentro i confini di Yellowstone si contano su due mani, per trovare posto bisogna prenotare anche un anno prima.  Altrimenti si può stare in motel, alberghi e B&B nelle città agli ingressi – Gardiner, West Yellowstone, Cody, Jackson -, ci si adatta a fare i pendolari, avanti e indietro dai Centri per visitatori. La vacanza non si può esaurire comunque  in un mordi-e-fuggi, una volta che ci si muova dall'Italia.   Il nucleo centrale del Parco infatti, oltre che distante, è  esteso più o meno quanto le Marche (8983 km quadrati). L’ecosistema del Greater Yellowstone, che include il parco adiacente dei Grand Tetons, sfiora gli ottantamila chilometri quadrati, più di un quarto dell’Italia intera.  Il volume e l’intensità di esperienze uniche sono enormi. Non varrebbe la pena starci due giorni.

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Una volta partiti, però, benvenuti in Paradiso. Il paradiso della Pietra Gialla (questo significa il nome, mutuato dalle grandi distese sulfuree):  boschi sconfinati di conifere si aprono  su cascate imponenti, mentre mandrie di mammiferi migrano da un capo all’altro della caldera su cui si estende il parco. L’ultima orda di bisonti (più di 5000 esemplari) vive qui, la maggiore colonia di grizzlies (settecento) si sta risvegliando proprio in questi giorni fra le cime delle montagne, sugli altopiani pascolano wapiti, alci e pronghorn.  Quanto basta per guadagnare a Yellowstone  il nome di Serengeti d’America, una sorta di Eden primigenio.

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  I visitatori hanno a disposizione 230 chilometri di strada, il cosiddetto Big Loop, una serpentina a forma di otto che consente di raggiungere tutte le aree del Parco:  Mammoth springs e Lamar Valley al Nord, verso il Montana, dove ci si apposta per vedere i grizzlies e i branchi di lupi (dieci gruppi in tutto il Parco, furono reintrodotti negli anni ‘90);  West Yellowstone al confine con l’Idaho;  Lake Yellowstone e Cody a Est;  Old Faithful a sud ovest, con la sterminata distesa dei geyser, il più ricco giacimento al mondo.   Sei lodge estivi e due invernali, 12 campground, una manciata di negozi e ristoranti, nonchè un numero spropositato di bagni pubblici  e aree picnic, completano la logistica di base. I sentieri segnati corrono come capillari per 1450 chilometri, dal Beartooth Plateau al lago Shoshone, in una toponomastica a metà fra il western e il Signore degli anelli:  Three rivers junction, Nez perce, Mud Volcano, Fairy Falls, Phantom Pitchstone.


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E però, quando si aprono le radure,  tra lo Yellowstone river e i suoi affluenti compaiono come dal nulla distese fumiganti di pozze termali, fumarole dai nomi potenti e suggestivi – Old Faithful, Lone Star, Turquoise pool, Grand prismatic – e dalla forza letale. Bella e impassibile come una sirena,  la conca vulcanica che alimenta il sistema circolatorio sotto Yellowstone ricorda al viaggiatore chi davvero detiene il comando, nel Parco.  In questo panorama crudo e aspro  l’uomo per un secolo e mezzo ha elevato alberghi, costruito passerelle, piantato divieti. Ma non ha potuto addomesticare la natura.  Quella che si presenta titanica e incurante.  Perchè il Paradiso confina con l'Inferno e Yellowstone è, alla lettera, il mondo di Revenant.

(1 - continua)

2A PUNTATA

*VITTORIO RAGONE (ha fondato www.foglieviaggi.cloud. Nato a Castellammare di Stabia nel 1955, ha lavorato prima all'Unità poi a Repubblica. Ama il trekking e l'opera, lo appassionano le nuove tecnologie e la fantascienza. Tifa Juve Stabia e Napoli, in sequenza)

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