Villers-la-ville, dentro l'abbazia i sogni di Folon

di GIULIA GIGANTE*

Chi è della mia generazione e dintorni difficilmente avrà dimenticato una réclame del 1991 decisamente sui generis, in cui una fiammella blu racchiusa nel palmo di una mano veniva a riscaldare un universo poetico declinato in mille sfumature di pastello (“Il metano ti dà una mano” per Snam). L’autore di quello spot, che introduceva una nota lirica del tutto insolita nel panorama della pubblicità, era infatti un artista: Jean-Michel Folon. Pittore e scultore, illustratore e incisore, ma anche creatore di opere “totali” a cui concorrono non solo elementi artistici (pittura, disegno ecc.), ma anche la musica e il movimento, Folon è un artista belga di spiccata originalità, che ha dedicato la vita alla ricerca del meraviglioso in tutte le sue forme. Prima di morire ha creato una Fondazione dove raccogliere ed esporre le sue opere che è una vera e propria “casa dei sogni” e di cui vi racconterò in un altro articolo perché è un posto che merita. La nostra passeggiata di oggi, invece, ci porta altrove, a una quarantina di chilometri da Bruxelles, all’abbazia di Villers-la-ville, un luogo che per la sua atmosfera romantica ben si addice allo spirito delle opere di Folon. Non sorprende quindi la scelta di questa cornice per un’esposizione delle sculture dell’artista.

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Nel bel mezzo del bosco di Genappe con i suoi faggi dorati dalle foglie ormai tremolanti c’era una volta un monastero cistercense, edificato nel XII secolo in stile romanico, rimaneggiato in foggia gotica e attivo fino al 1796, quando venne abbandonato. Passeggiando tra le rovine, s’intravedono i resti della chiesa abbaziale con le sue volte, archi e bifore, la cripta, il chiostro, il refettorio e sembra quasi di vedere aggirarsi i monaci che, nel periodo di massimo splendore, furono oltre cento a popolare l’abbazia, insieme a numerosi laici che contribuivano alla vita della comunità. Ci sono ancora gli orti con piante medicinali scelte secondo i criteri stabiliti dalla badessa medievale Ildegarda di Bingen. Partendo dalla teoria secondo cui è necessario che vi sia un equilibrio tra i quattro umori dell’uomo (il sangue, la bile nera, la bile gialla e il flegma, altrimenti detto muco), venivano coltivate piante che servivano a ripristinarlo quando veniva turbato. La monaca renana era infatti convinta che mangiare determinati alimenti servisse non solo a guarire da svariati malanni, ma anche a instaurare un’armonia interna che, in ultima analisi, poteva rendere felici. Una teoria, si direbbe, ancora molto attuale.

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Ad accrescere il fascino arcano del luogo contribuisce la mostra delle sculture di Folon (aperta fino al 21 febbraio 2021 e visitabile anche adesso perché open air). Disseminate qua e là, in un angolo della cripta o lungo la navata della chiesa, nel giardino quadrato o accanto alla fontana, le sculture del versatile artista introducono un elemento enigmatico e rimandano spesso a una dimensione onirica. Che sia la valigia senza fondo dentro cui una nave affronta un mare in tempesta, un gatto sornione acciambellato sul prato o una serie di statue il cui volto è costituito da un libro, da un punto interrogativo o da una valigia, oppure ancora una figura umana a cui sono spuntate le ali, la sensazione è sempre quella di un mistero che si trova a un soffio da noi, di un’aspirazione alla trascendenza, di un’altra realtà che forse abbiamo conosciuto in sogno.

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Ogni anno, durante l’estate, l’abbazia ospita spettacoli e concerti che si svolgono all’aperto nella cornice delle rovine. Dopo performance memorabili per le loro scenografie audaci perfettamente integrate nel paesaggio (“Amleto”, “Notre Dame de Paris”, “Amadeus”, “Pinocchio” o “Jesus Christ Superstar” per non citarne che alcune), nel 2021 sarà la volta del melodramma “Lucrezia Borgia” di Victor Hugo.

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Una volta usciti dal territorio dell’abbazia, i fortunati che la visiteranno a lockdown finito non potranno esimersi da una sosta da Filomena (chaussée de Bruxelles 60, a Genappe). In un fienile riattato si trova una liquoreria artigianale dove chiudere in bellezza la giornata con uno degli innumerevoli aperitivi, a base di piante e di bacche come il ginepro, fabbricati sul posto.

*GIULIA GIGANTE (nata a Napoli, vive attualmente a Bruxelles, ama andare alla ricerca di nuovi mari, venti e conchiglie, di altri modi di vivere e di pensare, di tracce di passati remoti e recenti. Conosce dieci lingue, ma a tutte preferisce il russo ed è convinta, con Dostoevskij, che “la bellezza salverà il mondo”)

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