Val Cervara, volpi rosse e faggete primordiali

di BIANCA DI GIOVANNI*

Quando l’Unesco fece la sua istruttoria per inserire le faggete europee nel patrimonio dell’umanità, fu chiaro quello che gli esperti sapevano già da tempo: i faggi più antichi d’Europa (quasi 600 anni) si trovano in Abruzzo. Più precisamente nella Val Cervara, un fazzoletto di terra di 119 ettari, tra i 1.600 e i 1.850 metri di quota, nel Comune di Villavallelonga, ultimo paese della lunga valle che termina in un massiccio incontaminato, oltre il quale c’è Pescasseroli. Per molti anni si è discusso se fare un traforo per raggiungere la “capitale” del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Non se n’è mai fatto nulla, per fortuna: nell’area è rimasta solo natura, natura e natura.

La Val Cervara è un posto remoto, difficile da raggiungere per chi non è un camminatore esperto, e forse proprio grazie a questo rimasto intatto per millenni. La faggeta è infatti un bosco primordiale: nulla a che vedere con i boschi tagliati e ripiantati in cui spesso ci imbattiamo durante le gite, spiega la Guardia forestale. Qui il sottobosco è fitto, il legno continua a vivere anche quando si sfarina ai piedi degli alberi, e i tronchi di colore grigio cangiante (argento d’inverno, verde muschio d’estate) spesso ospitano insetti ormai rari nell’Appennino, come la rosalia alpina, il picchio dorsobianco, upupe e cinciallegre.

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La faggeta è nel Parco nazionale da quasi cento anni, cioè dall’anno della sua istituzione con un regio decreto (1922). Ma non sempre i rapporti tra Villavallelonga e il parco sono stati tranquilli. Il paese ha dato i natali a uno dei più importanti “ambientalisti” della zona, il botanico Loreto Grande, che ha combattuto strenuamente per la tutela della valle e dei boschi. Ma il legname per parecchi anni è stata una importante fonte di sostentamento per Villavallelonga. Dopo la guerra, quando non c’era praticamente nulla, né strade, né fognature, né impianti idrici, e le donne erano costrette ad andare alle fonti a rifornirsi d’acqua con le tipiche conche di rame in testa, un sindaco decise di tagliare i boschi per finanziare le opere di urbanizzazione. No, nessuna speculazione: solo servizi per tutta la comunità.

Così una parte del bosco fu tagliata, ma la faggeta vetusta si salvò, proprio per la sua posizione non certo comoda da raggiungere. Quando negli anni ’60 arrivarono lottizzazioni e nuove costruzioni di hotel e ostelli a Pescasseroli, anche Villavallelonga voleva una parte della “torta”. Ma la nuova dirigenza del parco, con Franco Tassi, riuscì a fermare lo scempio, sia qui che a Pescasseroli. E il Comune di Villa si “convertì” all’ambientalismo.

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Tra gli abitanti le due visioni di sviluppo continuano a vivere parallelamente. C’è chi crede alla tutela integrale, chi cerca ancora di tagliare legna (ma mai nella faggeta vetusta), chi punta, come fa il parco, a un turismo di nicchia per amatori della natura, visitatori rispettosi della foresta. I camminatori appassionati non hanno problemi a raggiungere a piedi il fontanile dell’Aceretta (15 chilometri in piano dal centro del paese) da dove inizia la zona più incontaminata, poi altri 6 chilometri per raggiungere il valico dell’Aceretta, e infine un’altra decina per raggiungere Pescasseroli. Per chi non ce la fa, fino all’anno scorso si poteva andare in auto fino al fontanile. Ma da quest’anno è stato imposto il divieto di transito in auto (o in estate transito a pagamento per chi non è residente nel paese) e anche uno stop temporaneo all’ingresso a piedi nel cuore della faggeta, in contrasto persino con il parco.

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Insomma, la politica comunale non ha ancora trovato una direzione precisa ma l’importante è che quell’habitat incontaminato venga protetto e tutelato. Non solo per salvaguardare una fauna e una flora di inestimabile valore. In faggeta sono stati reinseriti i cervi, che erano scomparsi, vi passeggiano le volpi rosse (che spesso ti accompagnano lungo i sentieri), ci vivono gli orsi bruni, con cui gli abitanti di Villavallelonga hanno un rapporto positivo, nonostante le scorribande che spesso i plantigradi si concedono nei vicoli del paese (mai abbattuto un orso, come è avvenuto in Trentino).

Quell’ambiente va salvato anche per la sua bellezza. Una scenografia tanto suggestiva che due estati fa ha attirato un gruppo di pittori naturalisti, i quali hanno trasferito su tela quel verde, quell’argento, quelle luci e ombre, quel sottobosco color cannella, che da millenni scandisce le stagioni.


*BIANCA DI GIOVANNI (Ha frequentato per 30 anni i Palazzi del potere economico per seguire i numeri della finanza pubblica per l’Unita’. Oggi si dedica alla natura estrema e incontaminata e alla lotta al riscaldamento climatico seguendo un progetto di sviluppo sostenibile su arte e natura nell’Abruzzo interno, Regione in cui è nata)


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