UNA FINESTRA SULLA NATURA 3) L'anello non manca

di LUIGI EPOMICENO*

Sebbene ogni animale, piccolo o grande, bello o brutto, che cammini, che nuoti o che voli, sia in grado di suscitare emozioni, uno in particolare, anzi una specie, occupa una posizione di privilegio. 

Molti dei quesiti che i pensatori solitari, nel buio notturno e con lo sguardo all’insù, si ponevano, nel tempo hanno trovato risposta. La mente umana ha potuto sviluppare conoscenza e con essa tecnologia capace di risolvere molti interrogativi ma anche di porne altrettanti.

Il viaggio interminabile di Voyager I e II ne è un esempio.

Eppure c’è un mistero sotto i nostri occhi, o forse solo sotto i miei, che affascina.

La ricerca di quell’anello mancante tra Pippi, Susy, Edy o ancora Bingo e me.

Tra gli Scimpanzè (ma anche gli Orangutan o i Silver Back) e l’Uomo.

Durante le mie prime camminate nei viali del Bioparco di Roma percorrevo nel giro di poche ore intere lezioni di Scienze Naturali, spesse volte accompagnato da scienziati di quelle Scienze Naturali, che mi introducevano (appena appena però) alla materia. Max, come lo chiamo io, e il veterinario Klaus sono due del folto gruppo di esperti “in house.”

Tra i tanti piani a cui devo pensare, c’è quello di emergenza di cui il Bioparco è dotato: come quelli presenti nei centri commerciali o negli uffici dove gran parte dell’umanità si aggrega.

I primi giorni già fantasticavo con scene caotiche di animali in fuga all’inseguimento di colleghi e visitatori, alla ricerca di riparo, mentre le vibrazioni della Terra in seguito alla collisione con la mitica meteorite distruttiva portava al suolo il Colosseo, il Vaticano ma anche casa mia.

Cosa volete, da piccolo alla Famiglia Addams preferivo Edgar Allan Poe!

Bingo_bioparco_di_roma_Massimiliano_Di_Giovanni 14jpg

(Bingo           foto di Massimiliano Di Giovanni        archivio del Bioparco di Roma)

Sono stato immediatamente rassicurato dalle innumerevoli misure di sicurezza presenti che mettono al riparo sia gli animali che noi esseri umani. Mi sono tranquillizzato velocemente.

“Sai qual è l’animale che bisogna temere di più in tutto il parco?” mi chiedeva Klaus.

Di nuovo davanti ai miei occhi una sequenza veloce di immagini sanguinose di lupi, orsi, squali, leoni, tigri e piranha. Poi mi ricordai quando da piccolo, insieme a un mio zio, uscendo dal Bronx Zoo si incontrava “L’animale più feroce e crudele della Terra” ed eri costretto a fermarti davanti ad uno specchio.

Klaus, vedendomi riflessivo, mi anticipò chiarendosi “… a parte l’Uomo.”

Rinunciando ad ogni altro sforzo di immaginazione, vidi nella tigre una degna via di uscita dalla trappola del quesito.

 “Eccolo” rispose Max, ed eravamo davanti alla sua vetrata.

Pippi era seduta appoggiata di schiena al vetro che ci separava. Se ricordo bene, stava spiluccando un frutto, credo una mela. Anzi più che spiluccare, con la punta dell’indice mi sembrava stesse togliendo i semi duri che evidentemente le davano noia.

Di nuovo tornai ai miei anni addietro.

Detestavo la zuppa di pesce che mia nonna preparava, per via delle infinite spine di quelle triglie che lei invece amava affogare nell’acqua pazza! Ogni boccone risultava in una masticazione di raffinamento in cui con attenzione dovevi separare la polpa dalle spine ed evitare di buttar giù quella più minuscola, che inevitabilmente accadeva e che trasformava il pasto in una sequenza ripetitiva di tossii.

Durante quei pranzi si consumava il doppio di pane, acqua e vino. Ogni cosa pur di liberarsi di quelle ossicine.

E Pippi, con la mia stessa pazienza, sfilava i semi come io sfilavo le spine noiose.

Guardando la scena cercai di ripercorrere il breve cammino che stavamo facendo per ricordare quale altro animale si comportasse in simile modo, per constatare che erano solo quelli con dita prensili. Ed erano tutti della stessa specie: i Primati.

Quel cammino immaginario di Darwin dal pesce all’uomo, vede questo preceduto da una scimmia in posizione eretta: ma tra la scimmia e l’uomo c’è un vuoto. Il mio dubbio, quello che mi affascina, è se questo vuoto è una constatazione o una domanda.

Appena mi sono avvicinato alla vetrata, ho distratto Pippi dal suo gioco mattutino. Entrai nella sua visuale dalla coda dell’occhio sinistro. Lentamente si liberava le mani della mela, infilandosela velocemente nella bocca capiente, e facendo leva con il palmo della mano sinistra girava il torso e il capo verso di noi.

Gli occhi si spalancarono come quelli di un bimbo dinanzi al proprio regalo natalizio, si alzò sulle gambe (non le zampe) e allungando le braccia in alto iniziò a battere le mani e con movimenti isterici scappò verso l’interno del recinto.

Vedendo Pippi scappare come quei fedeli in chiesa alla vista di un appestato, ammetto che mi sentii tremendamente in colpa, come un intruso che disturbava la quiete dell’assonnato.

Con un “…fa sempre così…” Max, le mani appoggiate sul vetro, calmò i miei pensieri di colpa e si allontanò alla volta dell’altra vetrata poco distante. Pensai che volesse andare via dall’area per proseguire il nostro cammino, ma vidi che si era fermato in un punto dove sapeva che dall’interno del recinto la visuale era più ampia.

Pippi, che ancora danzava all’impazzata, in realtà stava richiamando in adunata Susy e Edi, le quali distolte dal loro da fare si precipitarono a ridosso della vetrata e tentavano con quelle mani così simili alle nostre di afferrare Max chi per il braccio, chi per il colletto della giacca, e chi il polpaccio.

Per amore e non per altro.

Max le fissava una ad una, e con l’incrocio degli sguardi si trasmettevano le vecchie emozioni nate anni prima.

L’area del parco dedicata agli scimpanzè è relativamente nuova. Il Giardino Zoologico di Roma nasce nel 1910, quando ancora gli animali, seguendo tradizioni secolari, venivano usati per intrattenimento e sfoggio. Sono circa trent’anni che il Bioparco ha avviato un piano di graduale trasformazione degli exhibit degli animali, portandoli fuori da aree chiuse e consentendo loro di muoversi liberamente.

Sotto gli occhi di Jane Goodall, nel 2001 fu inaugurata un’area di 1.500 metri quadri, arricchita di tutti gli accorgimenti che agli animali servono per tenersi attivi, pensierosi e a loro agio.

“Tutto è iniziato allora” iniziò a raccontare.

Edy_bioparco_di_roma_Massimiliano_Di_Giovanni 7jpg

(Edy       foto di Massimiliano Di Giovanni        archivio del Bioparco di Roma)

Biologo, Max iniziò a lavorare come guardiano degli animali negli anni Novanta.

Sono loro, i keeper come vengono chiamati, che accudiscono agli animali, avendone cura e affezione. Madri e padri adottivi che accompagnano ogni giorno di vita di queste creature dal passato non sempre felice.

Era arrivato il giorno in cui gli scimpanzè dovevano traslocare da dove sono sempre stati alla nuova dimora.

Saprete che la tranquillità di un animale dipende esclusivamente da quanto conosce dell’ambiente che lo circonda. Gli oggetti, le persone, gli odori e persino i rumori sono tutti aspetti che deve tenere sotto controllo e per farlo usa i sensi come strumenti.

Siamo tutti abituati a vedere il comportamento dei nostri animali domestici quando entrano in un nuovo ambiente: sospettosi e guardinghi scrutano ogni angolo e punto buio, vanno alla ricerca di ogni odore di altrui presenze, calibrano le altezze e distanze e cercano ogni via di improvvisa fuga e solo dopo infinite ricognizioni iniziano con la scelta di dove fermarsi, pronti, in ogni caso, a evadere.

Max trascorse i primi giorni nella nuova area di destinazione ad aiutare Pippi, Edi, Susi e Bingo (il maschio) a tranquillizzarsi. Loro, con personalità diverse, ricambiavano l’affettuosità e ogni attenzione.

Pippi però era riluttante a scambiare effusioni e sguardi. Il “feeling” stentava ad affiorare, nonostante ogni tentativo di Max di avvicinarla, come invece era riuscito a fare con le sue cugine e con Bingo. La tecnica dei rinforzi positivi, che ha sempre funzionato, era diventata vana.

Dopo pochi giorni dall’arrivo nella nuova casa, dopo la fase dedicata all’ambientamento, arrivò il momento di fare uscire gli animali all’aperto; avevano trascorso anni in recinti chiusi, soffittati e contenuti.

Pippi si avviò per prima.

Infilatasi nel tunnel che sboccava all’aperto, quando arrivò alla fine e doveva compiere l’ultimo passo verso il nuovo, si bloccò e dietro di lei tutti. Non sapeva se proseguire o tornare indietro, se tuffarsi sull’erba, arrampicarsi sugli alberi, i dondoli o i giochi e avventurarsi a scoprire odori nuovi di ogni genere.

Erano passati interminabili minuti quando lentamente Pippi, girando dapprima il capo a destra e a sinistra, iniziò a sollevare lo sguardo in alto per vedere ciò che non aveva mai visto: la luce del sole e il blu del cielo.

“Rimase immobile non so per quanto come incantata o forse frastornata dalla vista, e tenendosi con una mano sul tunnel, lentamente allungava in alto l’altro braccio e distese quell’altra di mano, tentando di stringere tra le dita l’aria. Come se volesse acchiappare un raggio di sole.”

“Ci volle un po' ma alle fine uscì,” continuava a raccontarmi Max, “ma dopo pochi passi si fermò all’improvviso e rivoltò la testa all’indietro. Mi fissò dritto negli occhi”.

I loro sguardi si incrociarono a lungo per la prima volta.

Per non staccarsi mai più.

“Provai un brivido dentro. Continuavamo a fissarci e lei assunse un’espressione tra viso e occhi come se mi stesse ringraziando.”

Max di fatto l’aveva accompagnata a “riveder le stelle.”

Pippi_bioparco_di_roma_Massimiliano_Di_Giovanni 8jpg

(Pippi           foto di Massimiliano Di Giovanni        archivio del Bioparco di Roma)

 

Qualche mese dopo, Max cambiò mansione e i suoi contatti quotidiani con gli animali diminuirono. Ma con Pippi il legame sembrava consolidarsi di giorno in giorno.

Vent’anni dopo quel giorno, sotto i miei occhi ho trovato l’anello mancante che forse non è mai mancato.

Siamo noi che non lo vediamo.

 

********************

 

La trasformazione da “Giardino Zoologico” a “Bioparco” non è questione di nome, ma di un diverso rapporto dell’Uomo con il resto del mondo animale.

Non credo che gli esseri umani riusciranno mai a liberarsi dalla necessità e tentazione di dominare ogni manifestazione della Natura, ma bisogna prendere atto che da qualche anno si sta sviluppando un senso di comune appartenenza, e di condivisione del mondo, con gli altri suoi abitanti. Sono sempre di più coloro che hanno imparato che per salvare l’Uomo dobbiamo salvare il Pianeta.

La trasformazione in “Bioparco” va collocata in quest’ottica.

Il passaggio da stalla a exhibit per quanto possa sembrare oggi una ovvietà rappresenta invece una tappa fondamentale nel passaggio da confinamento a custodia degli animali.

La stessa architettura degli zoo ha subìto sostanziali cambiamenti, ponendo la questione del benessere dell’animale sopra ogni aspetto di intrattenimento.

Le gabbie sono in via di estinzione, sostituite da scenografie pensate per mettere l’animale a suo agio anziché in soggezione. Per quanto possibile si tenta di mettere il visitatore allo stesso livello visivo dell’animale (o addirittura più in basso), superando l’antico concetto di dominio umano che posizionava l’animale a un livello più basso e di sottomissione, in posizione di inferiorità, che notoriamente lo sottopone a un atteggiamento di paura.

Susyjpg

(Susy       foto di Massimiliano Di Giovanni             archivio del Bioparco di Roma)

Anche la condivisione degli spazi con altri esemplari segue rigidi protocolli finalizzati ad agevolare l’inserimento di nuovi appartenenti al gruppo in linea con le particolari attitudini di ogni specie. Alcuni animali sono più socievoli di altri, alcuni accolgono nuovi arrivati e altri no. Sono le scienze comportamentali degli animali a stabilire anche il nostro, di comportamento nei loro confronti.

Nel caso degli scimpanzè il percorso di inserimento è lungo e la fase di reciproca conoscenza avviene per gradi coinvolgendo i sensi uno alla volta. Dovranno accettare i rumori e odori altrui prima di potersi vedere ed eventualmente toccare. Il processo conoscitivo non è banale e richiede pazienza e dedizione.

Un po' come il percorso per rivedere le stelle.

*LUIGI EPOMICENO (Nato nel 1957. Sono mezzo americano e mezzo italiano, pugliese di origine, forse greco di stirpe, romano di adozione, con soste prolungate a Firenze, Milano, Genova, Chicago e Londra e continue a Parigi, Marsiglia, Madrid, New York, Amsterdam, Eindhoven, Dusseldorf, Monaco di Baviera, Praga, Amburgo, Bruxelles e Lisbona. Ho girato tutta la Grecia, l’Albania, la Francia, la Spagna, la Turchia e gli USA e ho messo piede in tanti altri posti che neanche ricordo, da Seul a Iguazù, dal Canada al Marocco passando per le isole Lofoten. Ora sono in un altro mondo. Un mondo nel Mondo. Da quasi un anno e mezzo sono il Direttore Generale del Bioparco di Roma. Prima ho fatto tante altre cose. Alcune divertenti, altre meno)


clicca qui per mettere un like sulla nostra pagina Facebook
clicca qui per seguirci su Twitter
clicca qui per consultarci su Linkedin
clicca qui per guardarci su Instagram