UNA FINESTRA SULLA NATURA - 11) Calimero
di LUIGI EPOMICENO*
E’ probabile, dopo tanti racconti, che vi stiate chiedendo come mai tutte le fortune capitino a me. (Almeno questo tipo di fortuna!)
Non so che dire.
Certo è che non mi sono mai tirato indietro dalle opportunità di osservare (e di imparare) da ogni evento capitatomi.
In una delle tante case in cui io e mia moglie abbiamo abitato, mi è capitato di assistere, anzi forse dovrei dire di esserne stato l’artefice, ad una storia che potrei definire un re-make in chiave ornitica di una commedia teatrale.
Questa casa era in totale ristrutturazione, posizionata in aperta campagna, lontana da altre abitazioni, strade e agglomerati urbani.
No, non era il paradiso, ma ci eravamo vicini.
Immersi nella natura e circondati da una flora e fauna campagnola maremmana, in tutte le ore del giorno e della notte era possibile assistere ad una sinfonia di canti e richiami di uccelli di varie specie: dal comune Passero diurno allo spaventoso Barbagianni notturno.
Il rifacimento della casa prevedeva anche la sostituzione di alcuni infissi. Dovendo smontare uno degli esistenti per sistemare l’alloggiamento del nuovo, la stanza rimase di fatto aperta a chiunque volesse entrarci dall’apertura della finestra.
Era sicuramente primavera, visto che il soggetto di ciò che sto per raccontarvi è una rondine (Hirundo rustica).
L’incrocio delle travi del soffitto con la parete perimetrale della stanza, come potete immaginare, è il punto ideale per una rondine per costruire il suo nido. Il punto è protetto da tre lati (destra, sinistra e sopra) e consente a chi è di turno di guardia di avere sotto controllo un campo visivo molto ampio.
Quando un weekend tornammo alla casa per verificare lo stato di avanzamento dei lavori, sentii, tra l’incrocio di canti multipli di uccelli, il richiamo di un pulcino di rondine: una specie di cigolio.
Nel cercare di localizzare il nido, mi accorsi che proveniva da dentro la stanza sfinestrata. Infatti a metà del locale, in uno degli incroci trave-parete, gli occupanti abusivi - una coppia di rondini con tanto di prole - si erano costruiti un nido.
Come sempre, ogni problema è anche una opportunità!
E così mi trasformai in ornitologo, e non mi feci scappare la possibilità di osservare da vicino la tecnica di costruzione di un nido di rondine e di poter guardare dritto negli occhi uno dei pulcini!
Munito di scala, frastornato dai continui richiami dei piccoli, arrivai con la testa fin sopra al soffitto.
Infatti erano due.
Le testoline spuntavano appena dal bordo argilloso della mezza coppetta conica della costruzione. Appena mi videro si ritrassero fino in fondo al nido e chiusero i piccoli beccucci altrimenti spalancati in attesa di essere riempiti di cibo.
(Hirundo
rustica foto di Massimiliano Di Giovanni – Archivio Bioparco)
Appallottolati e addossati l’un l’altro, insieme erano grandi come un’albicocca; stimai che le dimensioni del corpicino senza piume sarà stato grande come un nocciolo di nespola.
Resistetti dal toccare nido e pulcini. Gli animali hanno sensori raffinati e non avrei mai voluto che un mio odore trasferito sul nido o sull’animale allontanasse i genitori, preoccupati dal possibile agguato di un predatore.
Natura crudele!
Sono sicuro che avete davanti ai vostri occhi l’immagine che vi sto raccontando, vista magari in qualche documentario su RAI 5. Vi manca però l’esperienza dell’olfatto: un odore di stalla o fienile, che a pochi centimetri dal nido respirai fino in fondo ai polmoni, cercando di custodire il ricordo in profondità per portarmelo dietro per tutta la vita.
Per evitare il rischio che i piccoli morissero di crepacuore, dopo un paio di minuti scesi dalla scala e uscii dalla stanza. Pericolo scampato, avranno pensato i due pennutini di rondine.
Il bello però inizia adesso.
La casa in pietra, di circa 120 anni, presentava, tra i grandi massi usati per la parete esterna, piccoli buchi provocati dal distacco in alcuni punti dell’antica malta cementizia. Buchi occupati da passerotti in cerca di rifugio. Un po' come i nidi scavati nei tronchi degli alberi. Qualcuno di questi buchi era anche profondo, visto che il loro cinguettio si sentiva anche dall’interno della casa.
Mentre mi accingevo ad entrare dalla porta d’ingresso, mi accorsi di un nuovo e diverso cigolio proveniente da tutt’altra parte rispetto a quella delle rondinelle.
Sul pavimento trovai un’altra albicocca con le piume: un pulcino di Passerotto, che con spavalderia, mi fissava negli occhi, con il beccuccio aperto, e pretendente attenzione.,
Pensando di essere San Francesco, gli parlai, ma nel solito modo che noi umani facciamo quando, inteneriti dagli animali, ci rivolgiamo loro con “piccolo, dov’è la mamma?” “vieni qui da papà…” e altre stupidaggini del genere.
Con la presenza nei dintorni di gatti nostrani, dovevo assolutamente trovare il nido da cui il poveretto era cascato. Senza alcuna resistenza o timore da parte sua, presi il batuffolo di passerotto tra le mani e cercai il nido di provenienza.
Sulla parete a circa 5 metri di altezza notai una cavità che poteva essere il suo nido. Mi era impossibile però arrivarci; non avevo una scala così lunga.
Tra i piedi avevo già due dei gatti del circondario che battevano cassa.
La teoria vuole che se trovi un pulcino di uccello devi lasciarlo dov’è. La Natura ha già previsto cosa un genitore deve fare quando la sua prole cade dal nido.
Tuttavia, se avessi lasciato il pulcino dove l’ho trovato, nel giro di pochi minuti avrei trovato solo qualche piuma. E’ vero! Anche questa è la Natura. Però…”come si fa?”
Con le mani unite come quando tenti di portare dell’acqua dalla sorgente alla bocca, iniziai un girovagare per trovare un punto al riparo dai gatti da dove i passerotti genitori avrebbero potuto accudire al piccolo.
(foto dal sito http://www.homelesspetsbz.it/)
I gatti però incuriositi, forse dall’odore della preda o dai movimenti inconsueti, e agitati volevano sapere cosa stessi trasportando.
Non potevo abbandonare il passerotto, ma non sapevo dove lasciarlo!
O forse sì!
Perché non il nido di rondine?
Preoccupato di dare alle due rondinelle un secondo spavento, posizionai in silenzio la scala sotto il nido, salii lentamente, e affiancai di nuovo il bordo argilloso del nido, fissando le due rondinelle negli occhi: ancora una volta si erano ritirate nell’angolo più remoto.
Nell’angolo opposto, posi il passerotto.
Eravamo tutti e quattro incuriositi. Io e il passerotto eravamo due intrusi, io ancora di più, e quindi, sempre per non fare morire tutti di crepacuore, scesi dalla scala e mi avviai verso l’uscita della stanza.
In quel momento dalla finestra entrò uno dei genitori: mamma o papà rondine. Difficile distinguere in volo.
Entrò come una freccia, arrivò in fondo alla stanza, virò rapidamente a sinistra e poi di nuovo a sinistra e tornando nuovamente verso il fondo della stanza salì verso l’incrocio tra trave e parete dove era il nido. Una manovra evidente di ricognizione per valutare eventuali rischi per la presenza di predatori.
Aggrappandosi con le zampine al bordo argilloso, con il corpo perpendicolare al pavimento e la testa appena inclinata verso la cavità interna, mamma (o papà) rondine inizia uno schiamazzo insolito.
Non un garrito (il verso generico che si applica per la rondine) ma un baccano che mi ricordava tanto la scena di una mamma in lite con qualcuno e che scagliava un fiume di parole e vituperi.
Avrà pensato “e chi è questo?” “da dove viene?” “quello svergognato di mio marito mi ha tradito” e altre battute teatrali.
Pochi istanti dopo, molla la presa e spicca di nuovo il volo verso la finestra da dove è entrata.
“Questa non me la devo perdere” pensai, e mi accovacciai in un angolo per godermi lo spettacolo.
Dopo un minuto circa, dalla finestra entra di nuovo mamma (o papà) rondine, compie lo stesso rito di ricognizione nella stanza e si posiziona di nuovo sul nido. Non aveva ancora posato le zampine che entrò, sempre come una freccia, papà (o mamma) rondine. Terminata la ricognizione, si posò affianco al partner.
La scena si arricchisce con uno scambio acceso di versi tra i due, come in una lite a teatro tra moglie e marito.
E’ certo, pensai! Gli uccelli parlano tra di loro!
Forse accorgendosi della mia presenza, i due spiccano il volo ed escono. Dovevo uscire anche io e lasciare che la Natura seguisse il proprio corso.
Come un bambino la mattina di Natale, il giorno dopo appena sveglio, scesi per vedere come era passata la nottata. Munito di scala, salii e guardai dentro il nido.
L’intruso, un piccolo Calimero, era stato forzato in un angolo e i genitori rondini lo stavano confinando, erigendo una specie di barriera fatta dello stesso materiale argilloso del nido. Lo stavano murando vivo!
Con la punta di un caccia vite, ruppi la fragile costruzione e tolsi il pulcino. Scesi dalla scala e mi affrettai a scaldare con le mani il corpicino, sedendomi di nuovo nell’angolo di osservazione.
Spuntò di nuovo uno degli adulti. Solita ricognizione, si aggrappa al nido, guarda dentro e rimane in silenzio! Confusa/o!
Forse convinta/o di aver mangiato qualche seme allucinogeno la mamma (o papà) vola via alla ricerca del partner, e dopo poco rientrano entrambi per scambiarsi ancora una volta un fiume di versi con cui si sono detti chissà cosa.
Per fortuna, le due tigri in fìeri che avevo tra i piedi il giorno prima erano altrove. Posizionai il piccolo passerotto su una grondaia vicina a quello che pensavo potesse essere il nido di provenienza e sperai che i propri genitori lo trovassero in tempo.
(Un passero)
Dovendo ripartire per tornare a casa, lasciai rondini e passerotti al loro destino.
Il mese dopo era arrivato il giorno per rimontare la finestra. Io e mia moglie tornammo con l’angoscia di dover sfrattare le rondini.
Il tempo è stato sufficiente per consentire ai due piccoli di spiccare anche loro il volo. Per fortuna non avevano costruito il proprio nido in un altro angolo della stanza.
Pensai che forse il modo migliore per sfrattarli sarebbe stato non di rompere il nido (tra l’altro vietato per legge) ma dissuaderli dall’usarlo, costringendoli a crearsi un nido altrove.
Posizionai delle strisce di alluminio da cucina sulle travi, in modo da spaventare gli adulti nel loro giro di ricognizione. O perché i dissuasori hanno funzionato o semplicemente perché tutta la famiglia era già andata via, nei due giorni successivi non vidi traccia di rondini, né ho sentito i loro garriti.
Non saprò mai perché non c’erano più.
Fuori i cinguettii dei passerotti riempivano di musica l’aria. Forse tra di loro c’era anche il nostro Calimero. Forse no.
Neanche questo saprò mai.
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Il mio tentativo di creare una famiglia con figli adottivi non è estraneo in Natura. Il fenomeno va sotto il nome di parassitismo e molti animali lo praticano.
Il Vaccaro testabruna (Molothrus ater) appartiene all’ordine dei Passeriformi e anziché sprecare energie per far crescere la propria prole preferisce utilizzarle per deporre numerose uova (anche fino a 36 in una stagione estiva) nei nidi di altri uccelli e lasciare loro l’onere di allevarli! Gli "ospiti" lo fanno, a volte anche a costo della vita di qualcuna dei propri pulcini.
Tecnicamente il parassitismo da cova è una peculiare forma di lotta per la continuazione della specie. In pratica se non hai alcun obbligo di provvedere alle cure parentali ti puoi dedicare a deporre uova. Tanto ci penserà qualcun altro, se lo trovi!
Alcune specie di uccelli non costruiscono nidi, quindi trovare un nido altrui è essenziale. Ovviamente il fenomeno non è da tutti e lo praticano solo alcune specie, tra cui i Cuculidi, ma siccome “cca' nisciuno è fesso!” per avere successo bisogna prima di tutto che l’intruso non venga smascherato.
Se l’evoluzione ha portato a questa astuzia, ha portato anche allo sviluppo di astuzie di smascheramento. Quello che personalmente ho vissuto con il passerotto nel nido delle rondini ne è un esempio. Come dire che l’evoluzione verso il parassitismo è stata accompagnata dall’evoluzione di una controffensiva.
La Dendroica gialla (Setophaga petechia) un uccelletto del Nord America e Caraibi è in grado di smascherare l’uovo intruso ma è troppo piccolo per estrometterlo. Che fa? Costruisce un nuovo nido sopra il vecchio!
(Un esemplare di Dendroica)
Poi ci sono altri uccelli in grado di bucare il guscio dello sconosciuto, altri che confinano l’uovo in un angolo del nido (vi dice qualcosa?) e altri ancora che neanche se ne accorgono dell’intruso: lo covano e l’allevano .
Come vi ricordavo, la distruzione dei nidi di rondine nonché delle loro uova, ma anche l’uccisione degli esemplari stessi è contro la legge e punibile secondo il Codice Penale. Sono sicuro però che non sono pochi i casi di nidi rimossi dalle pareti di condomini, case in campagna e persino di uova disperse per ”eliminare il problema all’origine.”
La rondine è un uccello migratore che annualmente ritorna al nido utilizzato l’anno precedente. La presenza di animali in contesti urbani è una prova della qualità dell’ambiente. Alcune specie sono palesemente indesiderate, per altre invece sarebbe auspicabile averne, ma sono richiesti molti accorgimenti per rendere l’habitat idoneo alla loro presenza.
Gli uccelli sono tra quelle specie che tutti vorrebbero, per la loro melodia, il loro colore, oltre ad essere indice di un ambiente sano. Per non escludere anche la loro utilità negli equilibri con gli insetti.
Tuttavia in una politica di ripopolamento di specie animali salvare i nidi delle rondini è solo un piccolo tassello di un mosaico vasto come la Cappella Sistina.
Un ambiente bird friendly impone una relazione animale-pianta in equilibrio. Se gli ambienti naturali (boschi, foreste tropicali etc) sono evidenza di quest’equilibrio, nei centri urbani bisogna fare ogni sforzo per ricreare il legame distrutto dalla urbanizzazione.
I parchi stessi, sebbene siano un luogo naturale, per fungere da richiamo per gli uccelli (sia quelli stanziali che migratori o di passaggio) devono avere certe caratteristiche funzionali che soddisfino le abitudini ed esigenze delle diverse specie, come ad esempio le pratiche di nidificazione e di riproduzione, le preferenze per l’alimentazione, il controllo dei territori circostanti. La disposizione stessa di alberi, arbusti o siepi può attirare o dissuadere gli animali.
Però non basta piantare alberi (o non tagliarli) per attirare, conservare e tutelare la fauna.
Una pianificazione dettagliata del verde cittadino dovrebbe essere parte integrante dei piani urbanistici ma non solo da un punto di vista visivo-architettonico. Dovrebbe invece abbracciare aspetti anche di biologia, sociologia e psicologia.
Bisogna innanzitutto scegliere quali uccelli preferire, conoscerne le abitudini, cicli riproduttivi, l’alimentazione, i suoi predatori e prede. La scelta degli alberi e piante e la loro manutenzione comporta poi la presenza degli insetti di cui le specie si nutrono.
Gli uccelli si raggruppano anche per le preferenze alimentari. Ad esempio alcuni sono insettivori, altri granivori e altri ancori carnivori. Evidentemente una catena biologica interminabile di elementi legati tra di loro che devono essere presi in considerazione nella pianificazione urbana..
E’ chiaro quindi che la Natura in Città non può essere casuale e ogni decisione e scelta comporterà conseguenze.
(Una rondine in volo)
La nostra Capitale in questo momento vive un’invasione di specie animali che in un contesto diverso sarebbe del tutto auspicabile. Una presenza però conseguente a scelte prese precedentemente. O meglio, a scelte non prese.
Una presenza esagerata di cinghiali, ratti, gabbiani, pappagalli, piccioni, gatti e cani randagi, ed insetti molesti che generano purtroppo nelle persone un atteggiamento ostile verso la Natura e che invece, se intelligentemente gestito, avrebbe potuto creare una maggiore sensibilità verso una tutela degli ambienti naturali.
Il benessere delle collettività urbane non è limitato alla facilità d’uso dei servizi (mobilità, rifiuti, illuminazione stradale etc.) ma include gli effetti comportamentali conseguenti al vivere nel luogo specifico. E si entra così nella sfera sociologica e psicologica.
Una città che svolge un ruolo nella Conservazione beneficia anche di un vantaggio competitivo sia sul piano turistico che scientifico ed ambientale. Indubbiamente essere noti al mondo per l’unicità della biodiversità presente nei parchi locali (ma anche nei viali) contribuisce alla selezione della destinazione turistica nonché alla durata di una sosta con conseguenze facilmente immaginabili.
La recente costruzione a Milano del complesso residenziale “Bosco Verticale” ha dato alla città una connotazione precisa di centro urbano attento alla sostenibilità. E’ chiaro che bisognerà proseguire nel percorso e che l’evento non deve restare episodico. Anche in questo caso si tratta solo di un tassello dell’immenso mosaico verso una transizione ecologica.
Rimane il paradosso del perchè l’Uomo da un lato distrugga gli ambienti naturali di cui è consapevole di averne bisogno, e dall’altro si prodighi a ricreare gli stessi ambienti distrutti.
Mi domando se questa dicotomia dell’essere umano è espressione dell’evoluzione o se al contrario testimonia una involuzione.
*LUIGI EPOMICENO (Nato nel 1957. Sono mezzo americano e mezzo italiano, pugliese di origine, forse greco di stirpe, romano di adozione, con soste prolungate a Firenze, Milano, Genova, Chicago e Londra e continue a Parigi, Marsiglia, Madrid, New York, Amsterdam, Eindhoven, Dusseldorf, Monaco di Baviera, Praga, Amburgo, Bruxelles e Lisbona. Ho girato tutta la Grecia, l’Albania, la Francia, la Spagna, la Turchia e gli USA e ho messo piede in tanti altri posti che neanche ricordo, da Seul a Iguazù, dal Canada al Marocco passando per le isole Lofoten. Ora sono in un altro mondo. Un mondo nel Mondo. Da quasi un anno e mezzo sono il Direttore Generale del Bioparco di Roma. Prima ho fatto tante altre cose. Alcune divertenti, altre meno)
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