Traghetti sull'Adda e il genio di Da Vinci
di GIORGIO OLDRINI*
Di Leonardo in quel tratto dell’Adda resta il traghetto a corda che collega le due rive da Imbersago a Villa d’Adda. Un mezzo di trasporto semplice e assolutamente ecologico, degno del genio del suo inventore. Il traghetto, che trasporta ogni volta persone, ciclisti, animali, automobili e persino qualche camion leggero, è legato nella parte superiore ad un robusto cavo e il manovratore quando parte deve semplicemente orientare la prua a valle. La corrente spinge l’imbarcazione che scivola guidata dal cavo e con un procedere tranquillo e lineare raggiunge la sponda opposta. Al ritorno basta che il pilota orienti la prua in senso contrario e il gioco è fatto. Pochi minuti di un viaggio emozionante, in un ambiente degno di un grande quadro. Perché qui, soprattutto a Vaprio d’Adda, Leonardo aveva soggiornato a lungo negli anni in cui era arrivato a Milano per lavorare per Ludovico il Moro. E non aveva solo progettato il traghetto e opere idrauliche straordinarie, ma aveva anche “rubato” il paesaggio per farne lo sfondo della Gioconda e della Vergine delle rocce. A Vaprio viveva nella villa del suo allievo e compagno di vita Francesco Melzi d’Eril, erede di una facoltosa e nobile famiglia e a sua volta pittore.
(Una diga sull'Adda foto da pixabay)
Passeggiando sulle sponde dell’Adda Leonardo aveva anche pensato che sarebbe stato molto utile collegare via acqua quella zona con Milano per trasportare merci e persone. Ma per farlo era necessario superare le rapide e le cascate che rendono affascinante ma impercorribile quel tratto di fiume che si stringe in una sorta di canyon nervoso e fragoroso. Così aveva progettato una chiusa di 28 metri di altezza che avrebbe dovuto regolare il corso, come ci resta testimoniato dai disegni e dagli appunti del Codice Atlantico. Ma anche per lui quell’impresa a quei tempi era troppo ardua e solo qualche secolo più tardi Giuseppe Meda riprenderà l’idea, ma la renderà possibile costruendo non una, ma 8 chiuse, sei di legno e due di metallo, che con 8 salti permettevano di superare un dislivello di 33 metri.
C’è un’altra curiosità circa il rapporto tra Leonardo e questo bellissimo fiume, il più lungo affluente del Po e soprattutto per secoli confine tra la Serenissima Venezia e Milano. Riguarda addirittura la sua nascita, che secondo i geografi è al Pizzo del Ferro nell’alta Valtellina e invece secondo Da Vinci è molti chilometri più in là, in Lomagna. Il fatto è che l’Adda nasce e si inabissa per poi riemergere, unisce fin dall’inizio vari rivoli e fonti ed ha dunque in sé un che di misterioso che ha affascinato Leonardo. E’ stato come se Da Vinci in questo corso d’acqua originale e forte, selvaggio e maestoso, capace di aprirsi in ampi laghi come quello di Como-Lecco e in deliziosi laghetti e anche di restringersi in gole e cascate, avesse trovato un soggetto degno del suo molteplice genio. Così Leonardo lo ha affrontato, sfidato, usato come pittore, come ingegnere, come inventore.
(Imbersago foto da pixabay)
Oggi il suo nome definisce un ecomuseo di 21 chilometri, da Imbersago a nord a Cassano d’Adda a sud, costellato di panorami e di costruzioni dei tempi più diversi, ma unite da un fascino che sembra emanare dallo stesso fiume e diffondersi sulle sue rive. Un percorso che si può fare a piedi o in bicicletta con una pista ciclabile che parte addirittura da Milano, da quella che era la mitica Cassina de Pomm, la Cascina delle mele, e risale lungo uno dei Navigli che dall’Adda si dipartono, la Martesana, fino alle terre leonardesche.
Qui l’ecomuseo si dipana in 18 tappe che sono state definite “stanze”, come se di un museo fisico si trattasse, attraverso le province di Milano, Monza Brianza, Bergamo e Lecco. Lungo questo cammino si ammirano il ponte in ferro, ferroviario e stradale, di Paderno d’Adda, capolavoro dell’ingegneria di fine ottocento; le grandi centrali idroelettriche realizzate tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 che portano energia alla grande Milano, ma che sono anche esempi di architettura industriale ricercata; le ville patrizie, come la Melzi d’Eril in cui ha soggiornato Leonardo, la Belgiojoso, la Visconti. E poi il Villaggio Crespi, patrimonio dell’Umanità secondo l’Unesco.
(Il traghetto leonardesco)
Ma
l’Adda è stata appunto confine fin dai tempi più antichi. Del resto ce lo
ricorda Alessandro Manzoni quando fa attraversare il fiume e il confine a Renzo
Tramaglino. Ai tempi dei romani e poi dei longobardi a Trezzo d’Adda e poco
più giù, all’attuale Cornate, c’era il guado. Lo testimoniano i ritrovamenti
archeologici a Trezzo d’Adda e le ricerche di un appassionato archeologo
dilettante, l’editore Ezio Parma, a Cornate. Con i suoi scavi Parma ha
ritrovato una villa romana e tombe e reperti longobardi attorno, là dove si
svolse la battaglia dell’allora Campus Coronate tra il legittimo re longobardo
Cuniperto e l’usurpatore Alachis. Fu la vittoria di Cuniperto, ma anche del
cattolicesimo sulla fronda ariana e da lì in poi tutti i longobardi divennero cattolici.
Oggi in quelle zone si possono ammirare alcuni resti della battaglia e la
promessa di scavi futuri che possano riportare alla luce un luogo delle due
culture, quella romana e quella longobarda.
Pronte ad accogliere qualche secolo dopo i sogni, i progetti, le pitture di Leonardo da Vinci.
*GIORGIO OLDRINI (Sono
nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo
da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come
corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama.
Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto
alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto
“Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)
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