Scauri di Minturno e la Domitiana, il mare d'autunno
di TINA PANE*
In una cupa e all’inizio anche piovosa mattina infrasettimanale di inizio ottobre, ho trovato la scusa per mettermi in auto con un’amica e andare oltre confine, in Lazio, avendo come meta Scauri, che è la prima località indicata dai cartelli stradali quando si supera il ponte sul fiume Garigliano provenendo da Napoli.
Il ponte, che sembra una prova giovanile di quelli straordinari con cui l’archistar Calatrava ha riempito mezza Europa e anche un po’ di mondo, segna il confine tra le due regioni e nella percezione e nei modi di dire anche il confine tra il Sud e il resto d’Italia, almeno sul lato del Tirreno.
Per arrivare al Garigliano si percorre in auto la famigerata via Domitiana (variante 7 quater dell’Appia), strada a scorrimento veloce su cui si aprono le uscite per Licola, Castelvolturno, Baia Domitia, Mondragone: tutte località che fino agli anni ’80 erano meta ambita di villeggiatura, posti dove comprare la seconda casa e facilmente pendolare con la città nelle lunghe vacanze estive.
Poi la tutta zona ha subito un progressivo declino, e alle famigliole della piccola e media borghesia si sono sostituiti nel tessuto sociale ed economico gli immigrati -clandestini e no- richiamati dallo sfruttamento nel lavoro agricolo e da altre occupazioni, quasi sempre in bilico tra illegalità, lavoro nero e imitazione della nostrana arte di arrangiarsi. La mancanza o il cattivo funzionamento dei depuratori ha fatto il resto e ormai da molti anni si percorre la Domitiana con l’ansia di superare i semafori da incubo di Mondragone,
facendo sosta solo per comprare la mozzarella e gli altri prodotti dei caseifici
locali o al massimo per prendere un caffè allo Zanzi Bar, rinomato bar pasticceria con colonnato similclassico e interni
sui quali l’architetto arredatore non ha risparmiato.
Si va oltre, col naso tappato e i finestrini chiusi, si supera il Garigliano e si cerca mare, decoro, sicurezza nelle apprezzate località della Riviera di Ulisse: Formia, Gaeta, Sperlonga, ma anche Itri e più su Terracina, il Circeo e Sabaudia.Questa parte di costa campana, con lunghe spiagge chiare e un entroterra ricco di storia, è solo un pedaggio da pagare, mentre sotto gli occhi scorre il degrado.
Così entrare col sole a Scauri – frazione del Comune di Minturno, posto nell’entroterra tra gli Aurunci - fa tirare un sospiro di sollievo.
È la prima località del Lazio, la più vicina a Napoli, e non ha mai avuto l’appeal turistico delle località della Riviera di Ulisse, ma è la civiltà. Conserva i resti dell’antica città di Minturnae, tra cui un maestoso teatro con cavea, scena e orchestra, un acquedotto con cento arcature ancora in piedi
e si vanta del primo ponte sospeso della nostra penisola, il Real Ferdinando,
voluto e realizzato dai soliti Borbone nel 1832.
In un unicum viario e percettivo, Scauri e Marina di Minturno offrono una spiaggia di quasi quattro chilometri, ampia e di sabbia chiara
accompagnata da un largo Lungomare punteggiato di lidi e ritrovi che fronteggiano una cortina di case basse, ma non per questo belle, interrotte qua e là da squarci di non costruito dove si intravedono i resti di una secolare pineta.
Quasi al centro, troneggia la sagoma enorme dell’ex fabbrica di laterizi Sieci, chiusa dopo un secolo di attività nel 1982, e per la quale ancora si cerca una destinazione d’uso.
Nel frattempo, l’ampio spazio davanti all’edificio è destinato
a parcheggio e una volta alla settimana a mercato.
La vita commerciale si svolge sulla parallela del Lungomare, quella via Appia che con la sua regalità si presta a tutte le interpretazioni: qui accoglie caseggiati, negozi, ristoranti, scuole e il solito traffico da afflusso di traverse, soste in seconda fila e attraversamenti che in estate rallentano la circolazione.
La spiaggia è limitata a sud dal basso Monte d’Argento, una collinetta modesta, che si caratterizza per una piccola cavità nella roccia dove è stato eretto un altarino alla Madonna (bruttina, mi ha ricordato l’inquietante statuetta al centro della serie televisiva Il Miracolo)
e dove mani sconosciute hanno inciso volti che i visitatori si applicano a individuare.
A Nord la spiaggia termina col Monte d’Oro e su questa altura c’è la Torre Quadrata, di fine Cinquecento, ormai poco più che un rudere, su cui un innamorato si è applicato a scrivere innumerevoli volte il nome della sua Sabrina.
L’imponente Torre è un elemento dominante e identificativo del paesaggio, essendo visibile da varie angolature, anche da quella Spiaggia dei Sassolini, famosa per aver ospitato, ai tempi, le riprese di Per Grazia ricevuta e de Il Conte di Montecristo.
La strada per arrivare alla spiaggetta è intitolata a Nino Manfredi, che qui aveva una villa, mentre la strada per arrivare alla Torre è intitolata a un eroe d’altri tempi, Umberto Nobile: anche lui aveva una villa qui.
In quest’inizio d’autunno la spiaggia, vuota di bagnanti e con i lidi quasi tutti già dismessi, si presta a molli passeggiate, a sciogliere i cani e al gioco delle bocce
mentre il Lungomare è trafficato di camminatori più seri e solo
sull’Appia ferve la quieta vita dei residenti, che parlano con quell’accento
misto di romano e napoletano.
Alla fine della giornata, con la luce che si è fatta bella e malinconica
ci rimettiamo in auto. Voltiamo le spalle alla dimensione della provincia, che sempre insinua dubbi e desideri, e lasciamo il mare d’inverno al suo destino da cartolina. A bordo le buste con le mozzarelle e la ricotta ma anche un intenso odore di rosmarino, basilico e lavanda colti dal giardinetto di casa della mia amica. Viatico per il rientro in città.
* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)
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