Sant’Andrea Jonio, un rifugio naturale nella macchia calabrese

di PAOLO VELTRI*

Un rifugio di biodiversità e macchia mediterranea che resiste al sovrasviluppo dettato dal “turboturismo”: è Sant’Andrea Jonio, in provincia di Catanzaro. Un’oasi naturale "sorvegliata" da enti nazionali di tutela ambientale e salvaguardata dal vincolo paesaggistico, che si trova sulla costa degli Aranci a poca distanza dalla città di Soverato.

Sono circa tre km di litorale di sabbia bianca che attraggono da 15 anni l’interesse degli esperti.  Bagnanti fai-da-te provenienti da tutto il mondo scelgono Sant’Andrea per le sue peculiarità. Nel 2006 Fai e Intesa San Paolo finanziarono uno studio sulla flora e fauna nell’area costiera, che ha ospitato anche la nidificazione di tartarughe Caretta caretta. Nel 2008 incombeva il rischio di perdere parte dell’ecosistema naturale, compreso tra il fosso Cupido ed il torrente Alaca, a causa di un progetto comunale per la costruzione di lidi attrezzati.  Fai, Legambiente, Wwf, Italia Nostra coinvolsero la popolazione nella protesta, il progetto fu bloccato e arrivò il vincolo di salvaguardia ambientale. La battaglia è poi proseguita per ottenere l’istituzione di un’area naturale regionale protetta, con l’idea di includere nell’intervento non solo la parte costiera ma anche l’area collinare.

Nel dossier presentato a suo tempo alla Regione dagli ambientalisti, oltre a perimetro e superficie sono elencate sette aree rappresentative dell’habitat faunistico e delle formazioni vegetali. Nella superficie oggetto di ricerca si troverebbero 282 specie. Sono stati inventariati, ad esempio, il salice bianco e rosso, il pioppo e l’ontano nero. Poi la vegetazione dunale come la gramigna delle spiagge, l’ammofila e il ravastrello. Eucalipti, acacie saline e tamerici fungono da frangivento originale tra la battigia e l’interno. Nel progetto è definito l’elenco delle specie potenzialmente presenti o avvistate dalla collina fino alla costa: riccio europeo, volpe, lepre, puzzola, ramarro orientale e lucertola muraiola, vari tipi di insetti e uccelli, la tartaruga marina.

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L’indagine conoscitiva dedica le ultime pagine del documento alla creazione di sentieri didattici e alla riqualificazione degli habitat. Tra gli obiettivi delle associazioni anche le eventuali ricadute occupazionali per la comunità locale. "La nostra idea era di utilizzare – ha raccontato Andrea Dominijanni, 60 anni, di Legambiente – le due strutture delle femiglie Lucifero-Montesi già presenti, una stazione di posta del ‘600 e una costruzione abitata durante l’estate, per accogliere i visitatori del parco. È fondamentale la ricaduta sul territorio".

Una delle strade che conducono alla spiaggia-oasi, collocata nel litorale nord di Sant’Andrea e confinante con San Sostene marina, è privata, così come gli agrumeti e i frutteti che costeggiano il sentiero. Possedimenti storici dei Lucifero. Nessuna costruzione ostacola la visuale nei 150 metri prospicienti la costa. Quando, in acqua, si danno le spalle alla Grecia si può osservare prima la barriera naturale di eucalipti alti anche 10 metri e sullo sfondo le aride colline e l’antico borgo basiliano di Sant’Andrea a 300 metri sul mare.

Oggi lo stato delle cose suggerirebbe una maggiore attenzione per le biodiversità presenti. E per la fruizione da parte dei bagnanti diversamente abili. Ma i proprietari cosa ne pensano? «Le amministrazioni comunali di qui non hanno mai voluto portare a termine il progetto» dice Francesco Montesi, 68 anni, figlio di Enrichetta Lucifero. «Si poteva creare una cooperativa facendo lavorare gente del posto e regolamentando l’ingresso alle spiagge: penso ad un pedaggio di 2 euro. Le dune sono degradate, con la gente che strappa i bulbi di gigli marini. Bene la raccolta differenziata nel paese ma provvediamo noi a pulire l’area e non ci sono cestini».


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Il Comune chiarisce che provvede solo alla pulizia della spiaggia attraverso la raccolta manuale. «Per il litorale interessato dal vincolo abbiamo l’idea del più completo rispetto della natura e dei luoghi esistenti» dice il sindaco di Sant’Andrea Jonio Nicola Ramogida, 60 anni, che giudica più incombenti i problemi relativi all'erosione della battigia della costa andreolese.  Il fenomeno di erosione continua è evidente in particolare nelle spiagge a sud del paesino jonico, dove nei mesi di luglio e agosto operano cinque lidi e due grandi villaggi turistici con migliaia di persone. All’altezza del torrente Salubro la spiaggia è completamente sparita e le onde hanno cancellato anche la strada sterrata che collegava Sant’Andrea a Isca marina. "Ho dato parere positivo a un intervento richiedendo la creazione di due pennelli a T semisommersi sul litorale e il dimezzamento del pennello di Isca. Stiamo seguendo l’evoluzione", spiega il sindaco.

È necessaria, comunque, la tutela ordinaria della zona dove parcheggiano le auto e degli accessi alle spiagge. Nei passaggi che accompagnano fino alla battigia si trovano infatti molti rifiuti lasciati da incivili ma anche eredità di pescatori, come reti e detriti di oggetti per la fabbricazione di barche. La spiaggia è pulita anche se è evidente il passaggio di jeep: una condotta scorretta perché come evidenziato dagli ambientalisti essa preclude il possibile arrivo di tartarughe dallo Jonio.


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Il rispetto della natura, pensato dal sindaco Ramogida per l’area, appare una buona visione. Come le associazioni hanno più volte suggerito, Comune e possidenti possono però fare di più, a cominciare  dalla creazione di un varco per l’accesso a persone con difficoltà motorie o in carrozzella, un’ordinaria pulizia della zona e la collocazione di cestini per i rifiuti differenziati. Il sentiero, ora sabbioso e con detriti, si può rendere percorribile da pedoni e ciclisti delimitandolo con recinzioni ecocompatibili. Andrebbero anche agevolate startup e idee imprenditoriali: sentieri della natura e della gastronomia, un circolo velico, lo spazio di informazione per turisti ed escursionisti. Con il riconoscimento formale del valore dell’area invece si può avviare il processo, con proposta della Regione al Ministero dell’Ambiente e poi alla Commissione europea, che guiderebbe l’oasi protetta alla designazione di Zona speciale di conservazione e quindi all’inclusione nella rete Natura 2000, strumento Ue per la conservazione della biodiversità.

Prima di questo iter, chiarisce Legambiente Calabria, è essenziale il coinvolgimento delle parti interessate per concertare i reali effetti sul territorio. Pro loco, amministrazione comunale, cacciatori, imprenditori locali, autorità, associazioni di tutela ambientale, residenti della zona. Non tutti comunque condividono l'ipotesi di un futuro sostenibile per l’oasi di Sant’Andrea. C’è chi si lamenta, come qualche abitante della zona, così: "Da quando sono arrivate le tartarughe non ci fanno costruire niente. Poi è venuto il Fao…".

 

*PAOLO VELTRI (Giornalista pubblicista, laureato in Relazioni internazionali all'Università della Calabria, si occupa, attraverso riviste, testate giornalistiche e una trasmissione radiofonica, di temi culturali e problemi legati allo sviluppo sociale ed economico della Calabria. Collaboratore di Bottega editoriale in qualità di addetto alle comunicazioni media al Salone internazionale del libro a Torino nel 2014 e 2016, presso Lingotto Fiere. Ha ricoperto il ruolo di addetto marketing e comunicazione per il progetto "Villa Rendano" a Cosenza. Dal 2016 è addetto stampa del Festival leggere&scrivere, organizzato dal Sistema bibliotecario di Vibo Valentia. Da gennaio 2017 è consulente autonomo nell'ambito della comunicazione istituzionale)


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