Sanremo, storie di cover e di emozioni

di MARCELLA CIARNELLI*

Alzi la mano chi non si è ritrovata eseguita sul palco di Sanremo, nella terza giornata del Festival, almeno una delle colonne sonore della sua vita sentimentale. Forse l’unica. O una delle tante a seconda della disinvoltura e la disponibilità del cuore. Ma anche le note che hanno accompagnato contestazioni e viaggi della fantasia. Progetti e delusioni. La vita, insomma.

Sul palco dell’Ariston si sono succedute, eseguite dai cantanti in gara, ventisei tra le più belle canzoni italiane. Anticipate dall’omaggio a Lucio Dalla, nel giorno del compleanno dell’artista, che i Negramaro gli hanno voluto tributare. Giuliano Sangiorgi e i suoi hanno aperto lo show con 4 marzo 1943, una delle più famose canzoni di un autore e un cantante scomparso troppo presto. Il simbolo di una vita, testimonianza di un grande talento come lo è stato quello di Modugno di cui sempre i Negramaro hanno cantato Meraviglioso. 

Tutto secondo tradizione, dato che la sera del giovedì è da sempre serata amarcord. E le canzoni conosciute e amate hanno contribuito a rendere meno spoglio il Teatro Ariston in cui le poltroncine rosse si sono già perse i palloncini. Anche se i finti applausi non hanno riscaldato l’atmosfera.  Eppure cantavano tutti i presenti. Oltre i più diretti interessati alla gara, anche tutti gli altri. Orchestra, maestranze, giornalisti, tecnici. Un po’ di festa sul filo di un ricordo che si è dipanato per ore. Attaccarsi al passato per accantonare per qualche ora il presente (e anche il futuro) che ci sta condizionando in questo modo barbaro la vita. Il passato lo conosciamo. Il futuro fa paura. Ma la nostalgia e la memoria non sono riuscite a dare un guizzo agli ascolti. C’è sempre un milione in meno rispetto allo scorso anno. Anche se gli oltre dieci milioni della prima e seconda parte sono sempre un risultato di tutto rispetto. 

Da Pino Daniele a Battisti, da Battiato a Jovanotti, Sergio Endrigo e Celentano ma anche Fedez in versione Albano. Donatella Rettore e Guccini, Battisti e Luigi Tenco, e vai mettendo il gettone nel jukebox dei ricordi. Ci si sono messi anche Ibrahimovic e Mihajlovic con la loro versione di Io vagabondo. Storia di un’amicizia, di un grande dolore, di un campione che per arrivare a Sanremo, causa incidente in autostrada, si è dovuto far dare un passaggio in moto da un tifoso del Milan. E alla fine come si fa a non emozionarsi. Le esibizioni con l’orchestra che votava hanno rinnovato la classifica. Non più di tanto. Ermal Meta è sempre in testa seguito da Annalisa. Comincia a risalire Orietta Berti che secondo i voti della serata dovrebbe stare al secondo posto. 

Non potevano non comparire sul palco la politica e l’ impegno sociale. Ed anche una protesta. Andiamo per ordine. Alla prima ci ha pensato Fiorello che è entrato a gamba tesa nelle dimissioni di Zingaretti da lui ampiamente già citato assieme a Barbara D’Urso. “Mi ero limitato a fare due battutine e lui cosa fa? Si dimette? Mi sento in colpa” ha detto Rosario arrivando ad ipotizzare il futuro del segretario del Pd :”O candidato a sindaco di Roma o opinionista dalla D’Urso. E Franceschini segretario.  Non è satira politica, è realtà”. Ma c’è dell’altro. “Mi dicono che assomiglio a D’Alema”. Terrore. “ E allora mi taglio i baffi”. Detto fatto. Al lavoro con il rasoio c’è Amadeus. In pochi secondi via i baffi della somiglianza e conseguente irritazione. Ritorna la somiglianza con George Clooney. Almeno così si vede Fiorello.



Sfila sul palco il dolore, la speranza e la voglia di ribellarsi di chi combatte con malattie gravi come la sclerosi multipla oppure contro la fissità di questi mesi che non ha consentito a tanti operatori dello spettacolo di lavorare. Di esprimersi. Di mostrare capacità e anche limiti. Fiorello e Amadeus si alternano, con loro Vittoria Ceretti, modella splendida e garbata. Antonella Ferrari fa l’attrice ed ha la sclerosi. La sua voglia di vivere la urla dal palco con un monologo potente. Donato Grande ha una patologia neuromuscolare, la Sma 2, che lo costringe in carrozzina ma gioca a calcio assieme alla sua compagna con le ruote. Palleggiare con Ibra per lui, tifoso del Milan, è stata la realizzazione di un sogno. 

Tutto il mondo dello spettacolo chiuso per Covid. Da subito e mai riaperto. “E’ passato un anno, non c’è più tempo” dicono quelli che sul palco ci sono arrivati in rappresentanza di tutti gli altri. C’è Valeria Fabrizi, c’è Monica Guerritore al fianco di Achille Lauro che evoca Penelope, “donna usata come un bastone per colpire altre donne” al fianco di un Achille Lauro in versione gold neoclassica, e dà vita al suo terzo quadro: con Emma Marrone canterà appunto Penelope. C’è Francesco Pannofino, i ragazzi dello Stato Sociale e una rappresentanza di quel mondo in crisi. Buona parte degli artisti durante le loro esibizioni hanno indossato la spilletta del movimento con il simbolo della funzione play. I diritti sono uno spettacolo. 

Ma perché i fiori dopo le esibizioni devono averli solo le donne? Se il rituale prevede così in nome di un formale rispetto allora per stravolgerlo basta poco. E alcune cantanti in gara, a cominciare da Francesca Michielin, il loro bouquet l’hanno regalato al partner. “Facciamo una volta per uno”.