Sanremo e la musica, abbassa la tua orchestra per favore

di RAFFAELE CALIFANO*

Dopo il 4, 3, 2, 1 di Fiorello che cosa accade? Partono i primi grandi accordi della grande orchestra di Sanremo 2021, settantunesima edizione. Le battute d'esordio di Amadeus sono rivolte a chi vive di musica, di spettacolo e televisione. Ma chi è il destinatario immediato?  “Oggi la nostra orchestra” ... che "riparte con i nostri cantanti…” (prima l’orchestra, poi i cantanti).  Qual è il brano di apertura quest'anno? "Grazie dei fiori" in versione rock con testo in inglese e in italiano, cantata da Fiorello sotto un grande mantello ricoperto di fiori. Poteva mancare l’orchestra? Certo che no.  Dopo dieci minuti dall'avvìo viene annunciato il primo cantante in gara, è Gaudiano.  Stacchetto musicale. E dopo le quattro battute introduttive del brano Polvere da Sparo fanno ingresso i violini, con le loro lunghe linee melodiche.

Dove sto andando a parare?  Alla centralità e al rilievo che assume l’orchestra nel contesto del Festival di Sanremo. In scala minore fu così sin alla prima edizione del 1951. Allora il complesso era abbastanza ridotto, essenziale, non paragonabile a quello dei giorni nostri. E naturalmente ci sono molte altre differenze fra quel tempo e oggi, a cominciare dal tipo di strumenti fino ad arrivare alle loro qualità, ai tipi di arrangiamento, all’interpretazione del testo musicale da parte degli orchestrali. 

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Il primo ensemble sanremese era composto da una decina di strumenti: quasi tutti acustici, non ce n'erano di elettrici tranne la chitarra, che seguendo onde jazzistiche e ritmi sudamericani accompagnava la voce vincitrice del primo Sanremo, Nilla Pizzi in "Grazie dei fiori", appunto.  Il numero ridotto di orchestrali ovviamente incideva sulla massa sonora, sul timbro e sul numero degli interventi musicali.  Oggi l’orchestra  è formata da almeno quarantacinque (45) elementi, si va dall’acustico all' elettrico al digitale con uso di computer e altri strumenti tecnologici che negli anni Cinquanta erano di là da venire. In più, lo stesso strumento viene raddoppiato o quadruplicato, si arriva a quattro chitarristi, oltre al classico pianoforte ci sono diverse keyboard,  così come è massiccia la presenza dei coristi e di tecnici specializzati. Insomma, due mondi non paragonabili.  Una cosa però rimane uguale: l’orchestra è Sanremo e Sanremo è l’orchestra, così nasce il Festival della canzone italiana.

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Andando alla sostanza, l’orchestra di oggi interviene in diversi momenti della serata. Produce i break tra una presentazione e l’altra, fa da sottofondo alla lettura di un testo narrativo non cantato, crea l'habitat di lancio al prossimo spot pubblicitario; last but not least, svolge la sua funzione principale,  l’accompagnamento e il sostegno ai diversi cantanti, fino a affiancare piccole formazioni che pure si presentano come band autonome. Sembra che non se ne possa fare a meno.

La scenografia del Festival è esaltante, senza dubbio, il teatro pieno di luci e di effetti scenici, i giovani orchestrali in abiti eleganti e così via. Ma in questo grande scenario visivo e sonoro qualcosa non torna. Un senso di eccessiva omogeneità dei brani. Nella maggior parte dei casi, per non dire sempre, ogni canzone viene  riarrangiata con la presenza immanente dell’orchestra: per evitare di produrre "buchi" sonori  nelle performance di chi si presenta a Sanremo col proprio gruppo e con il proprio arrangiamento,  l’idea generatrice di un dato prodotto musicale viene comunque rimodulata per gusto e esigenze produttive da diversi soggetti.  L’uso massiccio dell’arrangiamento orchestrale appiattisce le differenze. Il continuo supporto mette quasi tutte le prestazioni allo stesso livello estetico. Se per caso ti distrai, hai poi difficoltà a riconoscere  dentro quale brano sei. L’uso invasivo dell’orchestra  fa perdere alle canzoni quel carattere identitario che sarebbe necessario per riconoscerle e valutarle davvero.

Naturalmente, l’orchestra di per sé non ha alcuna “responsabilità” se non quella di eseguire ciò che viene proposto attraverso una partitura musicale, che nel caso di Sanremo lascia poco spazio alla creatività del singolo artista e si adagia su ciò che lo spettacolo televisivo richiede. Il Festival ancora oggi, e in particolare nel grande disagio da Covid che tutti stiamo vivendo,  restituisce comunque momenti artistici di grande impatto, provoca emozioni e suggerisce riflessioni sul nostro passato e sul nostro presente. Capisco tutto questo. Dico solo: abbassa la tua orchestra, per favore. 

*RAFFAELE CALIFANO (musicista da 40 anni, collabora con diversi artisti pop italiani. Si dedica da giovanissimo allo studio della batteria e delle percussioni classiche. Ha pubblicato due cd in stile jazz contemporaneo come leader. Continua a studiare e progettare nuovi percorsi artistici)

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