Romagna addio, con Artusi, il Passatore, Gabanein e il carabiniere innamorato

di GINO CERVI 

Quello che segue è un estratto che Gino Cervi ha dato a “Foglieviaggi” del suo libro appena uscito, che racconta emozioni, luoghi e storie del Giro d’Italia dello scorso anno, il più strano, e corso in ottobre. Cervi introduce così il suo: “Ho fatto un Giro, diario di una corsa fuori stagione” edito dal Touring Club: “Ottobre 2020: questo è stato il Giro dell’incertezza e dell’inquietudine… I luoghi e le storie ci sono venuti incontro e ci hanno raccontato un’Italia, forse cambiata o forse no, che nonostante tutto continua ad aspettare il Giro che parte, che passa e che arriva”. Storie come questa. 

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A Forlimpopoli, ci viene incontro Pellegrino Artusi, che qui è nato duecento anni fa: con la sua La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891, dedicata ai suoi due gatti, Biancani e Simillone) si è speso per quello che di lì a poco sarebbe stato l’obiettivo, consapevole o meno, di Touring Club, Gazzetta dello Sport e Giro d’Italia: ovvero, fatta l’Italia, fare gli italiani, e la loro identità collettiva di nazione. Touring, Gazzetta e Giro l’hanno fatto sul piano della conoscenza del territorio e della sua divulgazione come patrimonio comune, da Aosta a Leuca, da Bolzano a Capo Passero. Il buon Pellegrino l’ha fatto a colpi di minestre e rifreddi, umidi e lessi, principi e tramessi, brodi, gelatine e sughi.

E si che l’Artusi, la sera del 24 gennaio 1851, se la vide assai brutta, lui e l’intera sua famiglia. La banda del famoso brigante Stefano Pelloni, meglio noto con il soprannome di Passator Cortese, quella sera assaltò la casa della famiglia Artusi. I banditi fecero razzia di cose preziose e denaro. Pellegrino, allora trentenne, venne malmenato, ma una sua sorella venne addirittura stuprata: la povera Gertrude impazzì per lo shock e venne ricoverata in manicomio, dove morì.

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A Bertinoro s’inneggia all’enfant du pays, Arnaldo Pambianco, vincitore del Giro del 1961. Anche lui, purtroppo, non abbiamo potuto incontrarlo. Oggi Arnaldo, detto Gabanein, per via della giacca da garzone di macellaio, ha ottantacinque anni e gli vogliono tutti bene come allora, quando Secondo Casadei scrisse per lui la canzone Viva Pambianco! Gli vuole bene anche Marco Ballestracci che, un paio di anni fa alla sua sorprendente vittoria ha regalato un intero romanzo, 1961. L’anno in cui vinse il fantasma di Coppi. Qui è quando va a prendere Anquetil sui tornanti dello Stelvio:

Prima non la sentivo, ma adesso sento la gente che dice:

«Dai Pambianco, che il francese è dietro la curva: dai Pambianco!».

E’ davvero qua davanti Anquetil!

In fondo al pezzo di strada prima dell’altro tornante.

C’è ancora tanto per arrivare sopra e me ne accorgo adesso perché la cima la vedo bene.

Adesso finalmente capisco dove sono: Anquetil lo posso riprendere prima del Passo.

Cristoddundio: lo posso riprendere prima del Passo.

Io pedalo e mangio.

Le gambe mi fanno male, ma sento che mi urlano forte «Gabanein siamo sfinite, ma almeno che siamo stanche morte perché vinciamo».

E’ ancora più vicino. È […] tutto arrotolato intorno alla bicicletta che spinge con la pancia e si tira su con le braccia.

Io non so come faccio, ma mi alzo ancora sui pedali.

Vado più forte dell’anno scorso sul Gavia e la gente grida:

«Prendilo Pambianco. Prendilo!».

Eccolo qua.

Eccolo qua il corridore più forte del mondo, col suo numero uno sulla schiena.

Eccolo qua e non so cosa sto facendo adesso, ma mi sposto a sinistra, gli do un’occhiata e lo supero.

Ha la bocca aperta ed è tutto raggruppato come se è la sua corsa preferita: la cronometro, ma in salita non si corre così.

Mi dispiace Anquetil: in salita non si corre così.

Non sento neanche più il rumore della sua catena.

Non lo sento più.

Mi giro ed è già più indietro di dieci metri.

Cristoddundio.

Se avessimo avuto più tempo, ci sarebbe piaciuto fermarci a mangiare un piatto di tagliatelle al Bar Barbotto. Ci siamo però finalmente rifatti la bocca alla tavola del bed&breakfast I Cento Mulini, casolare vecchio di trecento anni all’inizio della valle del Savio, alle porte di Cesena, dove, la sera, Claudia e Thomas ci hanno cucinato un profumato e gustoso risotto alla zucca e delle delicatissime polpette di mora romagnola.

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Invece quello che non sapremo mai è a chi stava indirizzando la propria dedica quel carabiniere che, in servizio d’ordine poco dopo il Passo delle Siepi, furtivamente, con tanto di bomboletta spray, stava scrivendo sull’asfalto un TI AMO L…

Al nostro transito, il carabiniere innamorato si è rapidamente ricomposto e, nascondendo lo strumento della sua calligrafica dichiarazione d’amore, ha mulinato la paletta invitandoci a passare in fretta.


*GINO CERVI (Classe 1964, la stessa - ma solo in senso anagrafico - di Gianni Bugno. Segue il ciclismo dai tempi delle lacrime di  Michele Dancelli sul palco di Sanremo. Da 35 anni lavora nell’editoria: dizionari, enciclopedie - prima di carta, poi in cd-rom e infine sul web - , manuali scolastici di letteratura, storia e geografia, guide turistiche, storie di sport. Fa abitualmente il "meccanico" dei libri degli altri, ma qualche volta gli è capitato di correre in proprio. Sua miglior stagione il 2019, quando ha scritto un libro su Coppi e uno sul Milan. Va - ma piano - in bicicletta e vorrebbe farlo di più - ma sempre piano)