RECENSIONE - Procida sacra, tra feste riti e processioni

di TINA PANE*

Mentre nelle grandi città e nei contesti fortemente urbanizzati la ciclicità del tempo è scandita dalla pubblicità televisiva e dalle vetrine dei negozi attraverso l’offerta di prodotti più o meno globalizzati – i cioccolatini con gli aforismi, le uova con la sorpresa, il torrone e naturalmente tutto il variegato campionario di panettoni e pandori - nei piccoli centri di tutta Italia lo scorrere del tempo e delle stagioni ancora trova riferimento in riti ispirati alla religione e alla devozione.

Esiste tutto un patrimonio di feste per Santi e Madonne, di riti e di processioni diffuso in ogni angolo del nostro paese, sul quale ogni tanto si accendono i riflettori di qualche servizio giornalistico (soprattutto i TG regionali della RAI) o di qualche benemerita associazione culturale locale che offre strumenti di conoscenza e approfondimento.


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(La chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Corricella)


Ma poi, come si dice, passa il santo, passa la festa, e il sipario cala mentre le comunità interessate faticano ogni anno di più a trovare i volontari (e i fondi) per mantenere in vita Le tradizioni, con il risultato che questo patrimonio immateriale resta affidato alla memoria dei più anziani e alla documentazione fotografica, quando c’è.

Alla luce di queste poche considerazioni non si può non salutare con apprezzamento il libro “Procida sacra. L’immaginario religioso tra feste, riti e processioni”, a cura di Salvatore Di Liello ed edito da Nutrimenti edizioni, pagg. 175, € 16,00. Nutrimenti, va detto per inciso, qualche anno fa ha aperto sull’isola una bellissima libreria, ha pubblicato altri libri su Procida e ha dato vita a un contest letterario in cui gli scrittori incontrano i residenti e scrivono racconti ispirati alla loro vita.


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(Confraternita dei turchini, foto di gruppo)


“Procida sacra” è una sorta di guida che compie un approfondito excursus storico, artistico e architettonico sul patrimonio culturale e religioso dell’isola mettendolo in relazione con la comunità che lo interpreta e con gli spazi dove, in alcuni casi da secoli, si svolgono questi riti e processioni: strade e piazze, edicole votive, slarghi, moli e banchine.

I vari contributi di studiosi e docenti universitari (della Federico II e di Suor Orsola Benincasa) che compongono il libro documentano la nascita e l’evoluzione di queste processioni ancora vive e rievocano quelle che non hanno resistito alle trasformazioni economiche, sociali e culturali degli ultimi anni. Il libro è arricchito da un interessantissimo apparato iconografico e da mappe che presentano anche i percorsi dei cortei che non si svolgono più.


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(La processione del Venerdì santo)


Le fotografie recenti e antiche ci mostrano statue e paramenti, carri allegorici, chiese ed edicole votive, altari e strade dove ancora si snodano le processioni, e testimoniano come scrive Di Liello “lo stretto legame tra territorio e riti religiosi che un tempo più di ora scandivano il calendario liturgico dell’isola”.

Anche la storica presenza delle Confraternite, antiche forme di associazionismo religioso, come osserva Fabio Mangone nell’introduzione, è testimonianza di un patrimonio culturale che “va considerato anche e soprattutto in relazione alle comunità”.

Chiunque abbia assistito almeno una volta alla più famosa di queste processioni, quella del Venerdì Santo che risale al 1600, non ha potuto non cogliere l’autenticità del rito, l’abnegazione dei suoi protagonisti, il mix di fede, devozione e tradizione che regge l’intera impresa. Davanti alla straordinaria e sentita partecipazione di tutti gli isolani, anche il semplice spettatore resta avvolto in un’atmosfera che emana religiosità e devozione antiche, e che porta indietro nel tempo.


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(La statua della Madonna addolorata)


Ma la comunità procidana è riuscita a conservare anche altri appuntamenti, che essendo meno noti vengono vissuti in un clima più riservato, come le due processioni in onore di san Michele Arcangelo, protettore dell’isola, che si tengono a maggio e settembre, la processione di san Giuseppe lavoratore e quella di santa Maria delle Grazie, quinquennali, e la processione del Corpus Domini.

Il pregio del libro è dunque quello di fornire una ricostruzione dell’antica identità dell’isola, rimasta integra almeno fino al secondo dopoguerra. Scriveva lo storico napoletano Ferdinando Ferrajoli nella sua guida di Procida pubblicata negli anni ’50: “I Procidani sono molto religiosi e le loro feste sono legate da quelle secolari tradizioni piene di folklore. Le feste dell’isola sono così ricche, di costumi, di addobbi, di luci e di spari, che si potrebbe fare un magnifico studio di arte, di costumi, di usanze, di leggende, di culto, e di storia (…)”.


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(“Procida sacra"  a cura di Salvatore Di Liello   edizioni Nutrimenti     pagg. 175        euro 16,00)


Ecco, questa nuova guida “Procida sacra” lo studio lo fa, e si offre come uno strumento davvero utile a tutti quei turisti che sbarcando sull’isola capitale della cultura vorranno approfondire anche l’aspetto dell’immaginario e delle pratiche religiose che ne connotano fortemente l’identità.

 

 

* TINA PANE (Napoli, 1962. Una laurea, un tesserino da pubblicista e un esodo incentivato da un lavoro per caso durato 30 anni. Ora libera: di camminare, fotografare, programmare viaggi anche brevissimi e vicini, scrivere di cose belle e di memorie)


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