Putignano, il Carnevale dei Cornuti e la Serie dei giovedì

di MARIA GRAZIA CORVI* 

È l'alba di giovedì grasso e un corteo di mantelli neri e cilindri biforcuti percorre le stradine del bianco centro storico per omaggiare il "Gran Cornuto dell'anno". Ma...prima, c'è tanta storia da raccontare, quella del Carnevale più antico d'Europa.Il Carnevale di Putignano...

Questa festa, nata nella cittadina del sudest barese, ha origini remote, che intrecciano il sacro al profano e l'élite al mondo rurale. 

Era il 26 dicembre 1394 e le coste pugliesi pativano la minaccia saracena. I Cavalieri di Malta, governatori del territorio, decisero di trasferire le reliquie di S.Stefano dall'omonima abbazia fortificata benedettina di Monopoli all'entroterra, per metterle al sicuro nella chiesa (bellissima) di Santa Maria La Greca a Putignano: qui sono custodite dentro una testa d'argento, opera di oreficeria romanica, che riproduce il volto di un crociato. E qui si trova la statua lignea del santo, divenuto protettore del paese.


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(La sfilata)


Si narra che il solenne corteo attirò l'attenzione dei contadini, impegnati nell'innesto delle viti con la tecnica della propaggine, e che questi vi si accodarono danzando e improvvisando versi in dialetto, con i volti imbrattati di farina.  Nascono così "Le Propaggini", una sorta di tradizionale mascherata contadina divenuta poi occasione di accesa satira verso i personaggi della vita amministrativa locale. La sera del 26 dicembre parte la lunga serie delle manifestazioni carnevalesche, con gruppi di "propagginanti" che da un palco improvvisano versi polemici in vernacolo.

Alcuni di loro sono notissimi, come Pietro Campanella, di cui il figlio ha ereditato l'arte. 

La mattina dello stesso giorno, una processione parte dalla chiesa delle reliquie e si ferma davanti al comune, dove il presidente della Fondazione Carnevale passa un cero al presidente del comitato Feste patronali. La cerimonia ha lo scopo di chiedere perdono per i peccati che porterà il Carnevale e gli dà ufficialmente inizio. Tutto culminerà nelle sfilate dei sette carri allegorici, maschere di carattere (opere delle giovani leve della cartapesta) e coloratissimi gruppi  che animano il corteo e invitano al divertimento.

Nel ventennio fascista la parata dei carri diventa un mezzo di propaganda, e inizia la storia della cartapesta putignanese. Il primo carro, del 1936, rappresentava un elefante, con riferimento al duce e alle imprese coloniali. Aveva una struttura in legno e rete metallica, quella di un pollaio, con bambini nascosti nella pancia per muovere la proboscide, dalla quale uscivano coriandoli.


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(La Festa dei cornuti)


Nei decenni successivi, l'arte della cartapesta progredì sempre più, fino ad arrivare ai virtuosismi di oggi.  Quello di Armando Genco, maestro cartapestaio che ha dato un'importante accelerazione alla modernità del Carnevale, dagli anni '50 in poi è un nome che appartiene alla storia di Putignano. Dalla prima fase dei bozzetti alla molteplicità dei movimenti di rotazione, oscillazione e basculamento, il carro allegorico è diventato "ingegneria d'arte", e tocca oggi altezze di 16m.

Nel 1953 il carnevale di Putignano viene riconosciuto come "evento turistico e culturale di grande importanza". Deve avere una sua maschera! Dalla fantasia di Mimmo Castellano, presso la storica litografia "Favia" di Bari, nasce "Farinella". Si ispira ad un personaggio del popolo, un burlone avvinazzato che Castellano veste da giullare-arlecchino, con guance rosse e lineamenti grossolani. Farinella ha tre sonagli al collo e un cappello a tre punte, ad indicare i tre colli di Putignano, e una sacchetta, attaccata alla cintura, per contenere uno sfarinato di orzo e ceci tostati, da cui la maschera prende il nome.


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(La maschera di Farinella)


La "farinella" nasce qui come pane dei poveri, quando esistevano pesanti dazi sulla farina. Oggi è diventata ingrediente di piatti gourmet, ma la "scarpetta nel sugo di braciole" - involtini di carne - resta la sua applicazione più riuscita. 

Farinella, impersonato con grande passione dall'attore Dino Parrotta, è l'allegria che appiana i dissidi e fa superare i contrasti. Durante la sfilata dei carri va in bicicletta, salta sulle tribune salutando i bambini ed entra nei selfie di chi lo reclama divertito, compresa chi scrive. Ciò che più caratterizza il Carnevale di Putignano è quel corollario di attività, piccoli e grandi eventi e feste che lo rendono unico, come unici sono i suoi personaggi.

Tra questi spicca "u bbaresidde", ( il piccolo barese), al secolo Stefano Caldi, classe 1888. Con la sua passione per il travestimento ha incarnato l'anima del Carnevale e ne è diventato un mito. Si mascherava da bambino, signora con fiori e ombrellino, da vecchia... Quando lui appariva, la banalità del quotidiano si arrendeva al mondo della fantasia. È nel cuore di molti putignanesi.


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(Stefano Caldi, u' bbaresidde)


Una tradizione tipica del Carnevale di putignano è la" Serie dei giovedì", a partire dal primo dopo il 17 gennaio, giorno di S.Antonio Abate (Sant'Antun, masck'r i sun", ovvero "Sant'Antonio, maschere e suono"). Ogni giovedì è dedicato ad una categoria sociale, in scala decrescente dal sacro al profano: i monsignori, i preti, le monache, i cattivi, che nel dialetto locale sono vedove e vedovi, dal latino "captivus", nel significato di "prigioniero", in questo caso della solitudine e delle costrizioni sociali. Poi vengono i pazzi, cioè i giovani scapoli, le donne sposate e, per finire in gloria, il giovedì grasso è per "i cornuti!".  Tante categorie perché a Carnevale, tutti meritano "un giorno di straordinaria follia". La recente istituzione dell' "Accademia delle Corna" ha nobilitato la categoria del giovedì grasso, perché da queste parti "sei un gran cornuto" vuol dire "sei uno in gamba!".

Il Cornèo, corteo degli accademici con mantelli e cilindri biforcuti neri, premia di buon mattino il "Gran cornuto dell' anno" - il cui nome è fino ad allora tenuto in gran segreto - con la consegna di una pergamena e l'imposizione sul capo del "Superbo Palco Cornèo".  Lo scorso anno, è stata - diciamo così - "incoronata" Luciana Littizzetto, infrangendo per la prima volta la destinazione tradizionalmente maschile del riconoscimento.  Nel pomeriggio, il Cornèo invita tutti i "cornuti" al "pubblico ammasso" - luogo metaforico di purificazione - per il taglio delle corna, con successiva consegna di una "tessera sanitaria" che ne certifica le dimensioni e lo stato di salute.


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(Un veglione nel Teatro comunale di Putignano)

E poi... il giorno in cui il "domino" di Tonina, mia suocera, spuntò dal suo armadio, fu come un'epifania, e diede inizio ad un affascinante racconto, fatto sì di ricordi lontani, ma così vivi da rendere quasi visibile l'evento per eccellenza: il Veglione.

Questa parola esprime la fame di divertimento dei putignanesi, che attendevano tutto l'anno per potersi scatenare nei balli delle feste in maschera.  Il "domino", lungo mantello o tunica con cappuccio, solitamente di seta nera, nascondeva tutta la persona, in veletta e guanti. Permetteva alle donne di uscire liberamente con le amiche senza essere riconosciute e a tutti dava la possibilità di fingersi un'altra persona. Quanti putignanesi, il giorno dopo il veglione, hanno scoperto con grande delusione di essere stati corteggiati da uomini e non da donne! 

Si faceva il giro dei "sottani" - bassi del centro storico - che attiravano le maschere con addobbi e orchestrine. Ogni localino aveva il suo tavolo dei dolci e sedie lungo i muri, e il domino incoraggiava le ragazze ad invitare i ragazzi, rovesciando le regole. Tra una "chiacchiera" e l'altra - i tipici dolci di Carnevale, che a Roma si chiamano frappe - si ballavano valzer, tanghi e danze più moderne.  Il Teatro comunale, - prima un Petruzzelli in miniatura - era sede del veglione più spettacolare e ambito, assieme a quelli delle sale storiche del paese. Qui sono passati i protagonisti della canzone italiana negli anni '50-'70: Il Duo Fasano , Nilla Pizzi, Il Quartetto Cetra, fino al Massimo Ranieri di "Rosse rosse per te" e molti altri.


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(La chiesa di Santa Maria la Greca, a Putignano)


La tradizione dei veglioni, piccoli o grandi che siano, naturalmente continua, pandemia permettendo.  La festa volge al termine, e sono le 23,00 di martedì grasso. La "Campana dei Maccheroni" con i suoi rituali 365 rintocchi avvisa tutti che manca solo un' ora all'inizio della Quaresima. Una sola ora per continuare a mangiare pasta al sugo e darsi alla pazza gioia. 

I putignanesi, però, delusi e risentiti, reclamano un'altra campana, quella che finalmente annunci la "fine dell'astinenza!".  La loro creatura più amata è stata immolata anche quest'anno al dio Covid, e sarà l'estate ad accoglierla, ma "a Carnevale questo scherzo Non vale!".  Perché il Carnevale è la loro Storia, e nelle vene dei putignanesi, si sa, scorrono coriandoli...

 

*MARIA GRAZIA CORVI (nasce e vive a Roma. Figlia di Renato, detto "er Roscio", mitico capotestata dell'Unità di via dei Taurini, e "nuora" di Tonina, che tanto amava la sua Putignano. A loro dedica questo scritto.)