Piazza fratelli de Rege, formidabili quei comici

di NICOLA FANO* 

Una fila d’alberi, uno spazio cementato grande e vuoto (vi si immaginano i ragazzini in bici a fare le gimcane), un venditore di frutta un po’ scontroso, un gruppo di anziani che guarda; poi dei cittadini curiosi, qualche appassionato, un cartello stradale e una pedanina: le cerimonie municipali sono tutte uguali, nelle metropoli come nei paesi. Ma qui siamo a Casagiove e stiamo per inaugurare Piazza Fratelli De Rege. Vuoi mettere!


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C’è una scena memorabile in uno di quei film commedia che all’inizio degli anni Sessanta riunivano torme di grandi comici intorno a storie esigue ma funzionali alla loro genialità interpretativa, che mi torna alla mente in questa situazione. Parlo di Sua eccellenza si fermò a mangiare di Mario Mattòli (1961) con Totò, Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Lia Zoppelli, Lauretta Masiero, Virna Lisi e una miriade di altri attori formidabili. Ebbene, la scena in questione è quella in cui Vianello, potente ministro, presenzia alla cerimonia di inaugurazione di una piazza dedicata a tale Maria Pocchiola, eroina locale. 

Il fatto è che il suo assistente (Tognazzi), gli ha mescolato le carte, letteralmente, sicché Vianello non sa chi sia questa Maria Pocchiola e quindi, per tesserne l’elogio pubblico, costruisce un monologo esilarante intorno alla domanda apparentemente retorica "Chi era Maria Pocchiola?" fra il ludibrio e l’indignazione di tutti. Così mi sento io, qui, in Piazza Fratelli De Rege: salvo che non sono Raimondo Vianello (purtroppo) né ministro; e dei De Rege qualcosa so. Eppure, attacco col proverbiale: «Chi erano i Fratelli De Rege?».





Per chi non lo sapesse (ossia quasi tutti, oramai) erano due comici formidabili, divi assoluti prima del Varietà e poi della Rivista (solo molto occasionalmente dell’Avanspettacolo). Vissero nei primi decenni del Novecento: uno, Guido, la spalla, dei due il maggiore, morì a Milano nel 1945, l’altro, Giorgio, detto Ciccio, il comico assoluto, morì in scena a Torino, nel 1948. Qualcuno ancora li ricorda grazie a una imitazione che ne fecero Walter Chiari (il comico) e Carlo Campanini (la spalla) per la tv degli albori, nella seconda metà degli anni Cinquanta. I più li associano alla battuta proverbiale «Vieni avanti, cretino!» che rappresentava l’incipit degli sketch di Chiari/Campanini e poi è stata usurpata in contesti assai più volgari da Lino Banfi, ma che nelle registrazioni dei duetti dei veri De Rege non compare mai.


Ciccio, il comico, era un mamo, ovverossia lo scemo classico della tradizione napoletana (il termine discende dall’Opera buffa seicentesca): balbettava le sue risposte assurde alle domande insistenti e aggressive del fratello/spalla. Finché alla fine, con una trovata imprevedibile e geniale risolveva la questione e spiazzava il pubblico: ma questo è scemo davvero o è un genio nascosto? (La figura del mamo, per farvi capire, venne adottata da Walt Disney per costruire il personaggio di Pippo.) I De Rege furono popolarissimi negli anni Trenta: divi assoluti, erano l’attrazione preferita di tutti i grandi impresari, ragione per la quale, a differenza delle convenzioni dell’epoca, non fecero mai compagnia ma agirono da scritturati d’oro. E questa, forse, è la ragione per la quale il loro ricordo si è perso più di quello di altri divi comici dello stesso periodo.






Ma forse, la ragione della loro perdurante memoria ha a che fare anche con un’altra questione che, per vie traverse, ci riporta qui, a Casagiove.

I Fratelli De Rege si chiamavano in verità De Rege di Donato di San Raffaele. Erano rampolli di una importante famiglia nobile piemontese, imparentata con i Savoia e dunque potentissima. I due nacquero a Casagiove, un piccolo centro contiguo a Caserta, perché qui alla fine dell’Ottocento c’erano le residenze degli ufficiali di stanza alla Reggia. E lì, nel tempio vanvitelliano, comandava il Duca Savoia-Aosta, di cui il padre dei comici, Alessandro De Rege di Donato di San Raffaele, era primo aiutante di campo. Insomma, i nostri due erano piemontesi trapiantati a Casagiove. Ma questo l’ho scoperto io insieme a molte altre faccende divertenti venticinque anni fa, quando mi misi sulle tracce della loro leggenda per ricostruirla in un libro che, all’epoca, ebbe un buon seguito.






Ed ecco spiegato perché il promotore di questa iniziativa – l’intitolazione di questa vasta piazza ai Fratelli De Rege – l’attore Enzo Varone, mi ha chiamato qui a dire "Chi sono i Fratelli De Rege?".

Ammetterete che è singolarmente lodevole che un piccolo centro intesti un luogo simbolico della sua vita comune (qui, in questa piazza, ha luogo il grande mercato settimanale) a due comici popolari, ossia a due rappresentanti di un’arte colpevolmente considerata “minore” benché sia stata, nella storia millenaria della nostra cultura, maggioritaria in termini di partecipazione. Quasi un contrappasso compiuto con eleganza: la targa, sobriamente, recita "Piazza Fratelli De Rege, attori". Vedendola, mi è venuto in mente il marmo omologo che Roma – una ventina d’anni fa – ha dedicato a uno dei suoi cittadini più amati un secolo fa. Dalle parti di Piazzale delle Muse, una stradina stretta che compie un circolo e si richiude in se stessa, è stata intitolata a Ettore Petrolini. Sulla targa c’è scritto: "Ettore Petrolini, attore drammatico". Robe che il povero comico si starà ancora rigirando nella tomba.


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(dalla pagine Fb  Fratelli De Rege) 


Si può dire che qui a Casagiove sono stati più attenti all’identità comune, alla propria storia e al proprio posto nel mondo: tutti, nel contesto teatrale del tempo (all’epoca delle mie ricerche andai a scocciare parecchi sopravvissuti di quell’epopea), sapevano che i De Rege erano "napoletani di Caserta" e nessuno li conosceva come piemontesi, segno che i due comici erano legati alla loro città natale e ne ostentavano le radici fra i teatranti. Del resto, la famiglia nobile li aveva disconosciuti e diseredati formalmente. I due, con la moglie di Guido e la compagnia complice di una terza sorella, pittrice, trasferitasi a Roma, vissero solo delle loro fortune, apparentemente mai più riallacciando legami con la famiglia.


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Quando cominciai a investigare su di loro (non c’era il motore di ricerca di Google, all’epoca), compulsai tutti gli elenchi del telefono d’Italia e chiamai tutti i (pochi De Rege) che vi incontrai: molti mi attaccarono il telefono in faccia, qualcuno mi mandò a quel paese e solo una signora gentile (di cui ho scordato il nome) mi disse che sì, effettivamente i “fratellini” erano lontani parenti di suo marito… e da questo piccolo indizio partii per svolgere il filo della sconosciuta nobiltà piemontese dei De Rege. Seppi poi che la maggior parte di quelli che mi avevano mandato a quel paese erano parenti dei comici. Addirittura un loro cugino primo, vecchio e altezzoso ambasciatore, mi disse che no, i comici non avevano nulla a che vedere con la famiglia De Rege di Donato e che, insomma, la smettessi di rimestare in questa storia altrimenti mi avrebbe diffidato dal mettere in relazione il suo nome con quello di due comici d’avanspettacolo. Gli spiegai che i fratelli De Rege non avevano mai fatto l’Avanspettacolo e riattaccai. E continuai le mie ricerche.


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(dalla pagine Fb Fratelli De Rege)


Per dire, grazie al successo del libro che ne nacque, mi contattò un vecchio signore milanese, un medico distinto e gentile, che mi raccontò di aver assistito fino alla morte Guido, la spalla, a Milano, e di aver preso a pensione, in casa sua, Ciccio il quale ogni mattina usciva – fino alla Liberazione – armato di tutto punto perché militava nella Resistenza milanese (ho raccontato l’episodio con nomi e cognomi, ovviamente, nella seconda edizione del mio libro). Come potevano, i De Rege di Donato di San Raffaele, tollerare un atipico comunista (ché tale era Ciccio, in base anche ad altre prove che ho trovato negli archivi della Pravda) nella loro genealogia?


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(Dal Museo della biblioteca dell'attore, Genova: la locandina di un film con i fratelli De Rege)


Con tutto questo voglio dire che la famiglia d’origine ha fatto molto, moltissimo, perché la memoria dei congiunti comici si perdesse rapidamente (non solo si son smarriti i loro materiali di scena ma non si sa nemmeno dove siano sepolti, per dire…): oggi, dei veri De Rege esistono due foto, una caricatura e la registrazione audio di otto sketch radiofonici. Solo di recente sono stati ritrovati (nella cineteca di Tirana, dove le aveva portate l’esercito fascista occupante a metà della seconda guerra) le pellicole di due film nei quali sono protagonisti assoluti; mentre ancora circolano i due film di Eduardo (Non ti pago! E Casanova farebbe così) dove il comico, Ciccio, ha un ruolo di qualche peso.


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Insomma, il riscatto dei De Rege parte da Casagiove, lì dove ogni lunedì mattina, centinaia e centinaia di persone affaccendate andranno al mercato settimanale e si chiederanno: "Chi erano i Fratelli De Rege?".


*NICOLA FANO (1959. Vive tra Roma e Torino dove insegna all’Accademia Albertina di Belle Arti l’astrusa materia di Letteratura e filosofia del teatro. Da quarantacinque anni va a teatro quasi tutte le sere e, giacché è recidivo, alla storia del teatro ha dedicato i numerosi libri che ha scritto. Detesta il calcio, ma gioca a pallacanestro: quando smetterà di farlo, con ogni probabilità, morirà)

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