Partenze e ritorni, le canzoni di Gianmaria Testa

di GINO CERVI*

Forse sarà perché per anni ha fatto il capostazione e ha passato il tempo a veder passare locomotori e vagoni, viaggiatori e viaggiatrici («Le donne nelle stazioni, / le donne, c’è sempre uno che le aspetta», Le donne nelle stazioni).

E dentro quei vagoni raccontato viaggi di lavoratori e di cuori innamorati, e sopra quelle carrozze cieli con passaggi di nuvole e, sotto, un correre di acque («Dentro l’acqua di questo torrente / così limpida e veloce scenderò / fino a quando la mia montagna/ fino a dove questa montagna/ si farà pianura», Il viaggio).

E lungo quelle acque cantato di posti lontani da quella città lunga e stretta che è Cuneo, che sembra la prua di un bastimento pronto a salpare, seguendo il corso della Stura e del Gesso fino al mare in fondo alla pianura («È così lunga la città / che in questa nebbia che scende giù / ti sembra che svaniscano le case / soltanto noi restiamo qui / seduti ancora un po’ / ad aspettare», Città lunga).

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O sarà perché ci ha fatto navigare per quell’altro mare che sta alle spalle, oltre le colline che diventano montagne, ma che si fanno docilmente scavalcare dal salmastro che arriva dalle spiagge e dalle onde («Si muovono e c’incantano le ore / di certe nostre sere / e sanno di partenza e di tramonto / e di sorvolare lento, lento / ma noi che le sappiamo prigioniere / non le possiamo liberare / come le onde dal mare», Come le onde del mare).

Sarà per tutto questo bell’andare che l’ex capostazione Gian Maria Testa, figlio di contadini e allevatori, nato il 17 ottobre del 1958 in una cascina nei dintorni di Cavallermaggiore, e morto ad Alba, cinque anni fa, il 30 marzo 2016, a noi non sembra sia mai andato via del tutto.
Non sono molti, anche nella più illustre tradizione della canzone d’autore italiana, gli artisti che hanno saputo parlare della loro terra mettendola in comunicazione con l’altrove.

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Gian Maria Testa, così inequivocabilmente piemontese di Bassa Langa, aveva preso il volo come una delle sue mongolfiere («Anche noi, anche noi/ con gli occhi controvento al cielo / abbiamo cercato e perso/ le tracce del loro volo/ dentro le nuvole del pomeriggio / nei pomeriggi delle città/ ma chissà dove è incominciato tutto chissà», Le traiettorie delle mongolfiere) per attraccare nelle sale da concerto e nei teatri d’Oltralpe, e nei cuori dei francesi, molto prima che anche in Italia si cominciasse ad apprezzare l’arte sincera della sua voce e della sua chitarra.


Ha anche saputo cantare, con versi semplici, lavorati come un falegname leviga il legno, o un vignaiolo pota la vite, le storie dei moderni migranti, sempre con voce discreta, mai retorica («Ritorna la coda dal caricamento, / torna la fila, torna l’andazzo / degli uomini da bastone, delle femmine da ragazzo, / che si lasciano perquisire sotto le giacche, sotto le giacche, / che si lasciano indovinare sotto le gonne, le gonne nere», Al mercato di Porta Palazzo). 

E sempre con mitezza ci ricordava da dove arrivano le nostre storie di italiani nel mondo («Lo sapevamo anche noi / il colore dell’offesa / e un abitare magro e magro / che non diventa casa / e la nebbia di fiato alla vetrine / e il tiepido del pane / e l’onta del rifiuto / lo sapevamo anche noi /questo guardare muto», Ritals).


Troppo breve su questa terra, e sulla sua terra, e stato il passaggio di Gian Maria Testa. Ma noi che lo salutiamo come dal marciapiede di una stazione («E con la mano, ma che non veda nessuno / con questa mano ti saluterei») sappiamo che non è mai partito per davvero.


*GINO CERVI (Classe 1964, la stessa - ma solo in senso anagrafico - di Gianni Bugno. Segue il ciclismo dai tempi delle lacrime di  Michele Dancelli sul palco di Sanremo. Da 35 anni lavora nell’editoria: dizionari, enciclopedie - prima di carta, poi in cd-rom e infine sul web - , manuali scolastici di letteratura, storia e geografia, guide turistiche, storie di sport. Fa abitualmente il "meccanico" dei libri degli altri, ma qualche volta gli è capitato di correre in proprio. Sua miglior stagione il 2019, quando ha scritto un libro su Coppi e uno sul Milan. Va - ma piano - in bicicletta e vorrebbe farlo di più - ma sempre piano)

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