Natura d'Italia, dallo stambecco al lupo i magnifici sette dei Parchi

di REDAZIONE

I "magnifici sette", li ha ribattezzati Legambiente: sono lo stambecco, l'aquila reale, l'orso marsicano, il lupo, il camoscio appenninico, la scarpetta di Venere e il gatto selvatico. E sono i protagonisti del nuovo report dell'associazione ambientalista,  “Natura Selvatica a rischio in Italia”, in cui si tirano le somme sulla biodiversità nazionale alla vigilia della giornata mondiale della fauna selvatica. Il report è anche un omaggio al Parco del Gran Paradiso (PNGP) e al Parco d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) che celebrano i cent'anni di storia e che ospitano ciascuno alcuni dei Magnifici sette, per l'appunto. Ma la tutela a flora e fauna, secondo Legambiente, è ancora molto carente, va estesa e migliorata innanzitutto facendo crescere entro il 2030 le aree protette e le zone di tutela integrale, e aiutando animali e piante a rischio con un programma che li aiuti a resistere al cambiamento climatico..  


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(Stambecco    foto Dario De Siena  archivio PNGP)

Lo stambecco, simbolo del Parco del Gran Paradiso, è presente ovunque nelle Alpi, ma solo nel PNGP non è mai scomparso in tempi storici. Tutte le altre popolazioni in Italia sono frutto di reintroduzioni o di nuove introduzioni. Lo stambecco alpino rischiò l’estinzione alla fine del XIX secolo, salvandosi dalla caccia solo nelle valli che oggi compongono il Parco del Gran Paradiso. In quei confini ce ne sono 2.900 esemplari, su un totale stimato sulle Alpi (quindi non solo in Italia) di circa 55.000 individui.


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(Aquila reale         foto Filippo Cravero  archivio PNGP)


L' Aquila reale è presente da noi sulle Alpi e sulla dorsale appenninica, nonchè su rilievi di Sardegna e Sicilia. Nel Gran Paradiso è ben distribuita e nidifica in tutte le valli all’interno dei confini dell’area protetta. Oggi si contano oltre 20 coppie nidificanti. Sono tre, invece, le coppie presenti nel PNALM. Un grande pericolo per questa specie è rappresentato dai veleni usati illegalmente contro i predatori domestici e selvatici. Anche l’abbandono della montagna e il conseguente rimboschimento naturale di ambienti a struttura aperta come pascoli, prati e incolti potrebbero limitare la ripresa numerica. 


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(Orso bruno marsicano    foto di Valentino Mastrella)


L' Orso bruno marsicano è invece il simbolo del PNALM, e si trova esclusivamente in Appennino. Le maggiori densità si registrano nel Parco e nei territori limitrofi.  Ci sono circa 50-55 individui, con popolazione stazionaria ma in leggera espansione geografica. Numeri però inferiori rispetto alla popolazione dell’orso sulle Alpi, che conta circa un centinaio di individui. Le cause di mortalità sono essenzialmente: bracconaggio, investimenti stradali e ferroviari, avvelenamento, infezioni trasmesse dal bestiame. 


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(Lupo      foto di Marco D'Alfonso           Archivio PNGP)

Il Lupo, dopo aver rischiato l’estinzione, a partire dagli anni ‘70, ha iniziato ad ampliare progressivamente il proprio areale distributivo espandendosi su tutta la catena appenninica, ripopolando nuove aree e arrivando ormai fino alle Alpi. Si trova oggi anche nel Gran Paradiso; nel PNALM è stabilmente presente e in espansione con poco meno di una decina di branchi. Le minacce per questa specie sono soprattutto: il bracconaggio, i conflitti con gli allevatori ed i cacciatori, l’incrocio con i cani vaganti, malattie e incidenti stradali, perdita e frammentazione dell’habitat, disturbo antropico, fattori demografici, forma e frammentazione dell’areale. 


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(Camosci             foto di Antonio Antonucci                Parco Nazionale della Maiella)


Il Camoscio appenninico, distinto dal camoscio alpino, è una sottospecie endemica dell’Italia centrale. A rischio estinzione nel ‘900, è riuscita a passare dalle poche decine di individui presenti agli inizi dell'altro secolo nell’allora Parco nazionale d’Abruzzo ai circa 3700 animali oggi distribuiti su 5 aree protette: i Parchi Nazionali di Maiella, Gran Sasso e Monti della Laga, Abruzzo, Lazio e Molise, i Monti Sibillini e il Parco Regionale Sirente Velino. Tra le minacce c’è da segnalare la scarsa consistenza di alcuni gruppi, in particolare per le neocolonie, la bassa variabilità genetica cui però i recenti interventi dei progetti di tutela stanno dando un grande contributo e, infine, le interazioni sanitarie a rischio con i domestici. 


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(Gatto selvatico       foto da Museo naturale della Maremma)

Il Gatto selvatico è diffuso nella penisola e in Sicilia, in Sardegna è presente invece con una diversa sottospecie. Protetto dalla legge 157/92 e inserito tra le specie di interesse comunitario che richiedono protezione rigorosa, è il felino selvatico maggiormente diffuso in Italia nonostante sia raro ed estremamente elusivo. In condizioni ottimali come tipo di habitat e abbondanza di prede, la densità tipica è di tre individui ogni 10 km quadrati. 


LEGGI IL REPORT SU LEGAMBIENTE


Nel PNALM è stata riscontrata la presenza del gatto selvatico tanto all’interno dell’area protetta quanto nei territori dei comuni immediatamente limitrofi. Tra le minacce per questa specie c’è: l’ibridazione con il gatto domestico, la distruzione, il degrado e la frammentazione degli habitat, l’esposizione a sostanze chimiche agricole tossiche e l’uso di bocconi avvelenati, gli incidenti stradali, la trasmissione di malattie da parte dei gatti domestici e la persecuzione diretta per il commercio della loro pelliccia, minaccia diminuita nel nostro Paese ma ancora presente in stati esteri. 


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(Scarpetta di Venere    foto  di Fabio Conti)



La Scarpetta di Venere, infine: è la più grande e vistosa orchidea presente in Italia. È maggiormente diffusa nell’arco alpino e in poche stazioni appenniniche (in Maiella in un’unica località con una popolazione costituita da poche decine di individui, e nel PNALM in un numero maggiore di stazioni ed una popolazione più consistente con alcune centinaia di esemplari).  Si tratta di una specie fortemente minacciata e il suo stato di conservazione è ancora più critico a livello locale. Gli interventi di conservazione non sono semplici in quanto la moltiplicazione in vivo di questa pianta è estremamente difficile. 

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