Mammola, pesce stocco e libertad

di CARLO PONTORIERI*

Siete mai stati a Mammola (con l’accento sulla prima “a”)?

È in Calabria, nei pressi dell’altipiano dello Zomaro (dal greco ozómenos - paludoso), nei pressi del monte Limina (dal latino limes – confine, limite), terra greca, romana, bizantina, formalmente conquistata ma in realtà mai dominata da tutti i popoli che hanno occupato il nostro Mezzogiorno. Una volta in una zona di briganti, oggi nel Parco Nazionale dell'Aspromonte.mammolajpg

Per arrivarci, occorre percorrere la “Strada dei due mari” che congiunge il Tirreno allo Jonio: quella che va da Rosarno, a cui si arriva con la leggendaria Salerno-Reggio Calabria, fino a Gioiosa Jonica. Una strada ideata negli anni ’70, quando si pensava di realizzare il “V centro siderurgico” italiano a Gioia Tauro, con il sogno di offrire grazie all’industria pesante un futuro diverso alla Calabria, e in particolare alla provincia di Reggio – quasi a compensazione del capoluogo regionale a Catanzaro – immaginando la nascita di una classe operaia e il riscatto di questa terra. Un’operazione di “ostetricia sociale” dagli esiti poi tutt’affatto differenti da quelli sperati. Infatti, la crisi mondiale dell’acciaio e opacità varie nei giganteschi lavori di realizzazione dell’opera misero fine ingloriosamente a questa storia, e a Gioia, al posto di centinaia di ettari di ulivi centenari e variegatissimi agrumi, è rimasto solo un porto nel deserto:una struttura ciclopica a cui si è cercato di dare un senso negli ultimi anni, anche in questo caso con più di un’ombra; mentre questa strada “dorsale” calabra è stata davvero inaugurata al traffico veicolare solo negli anni ’90.

Tuttavia, è un luogo che ha una sua suggestione: una strada con una lunghissima e un po’ inquietante galleria (su cui ricorrentemente sorgono leggende di ogni tipo) e un viadotto di oltre 5 km, che s’incunea tra balze e monti verdissimi, incontrando due fiumare: lo Sciarapotamo (di nuovo un nome dall’evidente matrice greca), che sfocia nel Tirreno, e il Torbido, che va a finire invece nel mar Jonio. Il panorama del Monte Limina, che in effetti segna davvero il confine tra la catena delle Serre e l’Aspromonte, però è superbo.

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Molti quando pensano alla Calabria immaginano luoghi di mare e lunghissime spiagge bianche. Non è sbagliato: per caratteristiche geografiche, la Calabria è la regione italiana con più spiagge, tra le regioni continentali; la Calabria è però soprattutto montagna, misteriose rupi, fittissimi e impenetrabili boschi, dolci ma infide fiumare, laghi, spesso artificiali ma ormai parte del paesaggio come fossero là da sempre: perché la Calabria è innanzitutto la sua Silva, come la chiamavano gli antichi romani, una grande verde montagna, che comincia con la Sila e finisce con l’Aspromonte, passando per le Serre. Forse anche per questo alternarsi di mare e monti Alexandre Dumas, dopo un suo viaggio in queste terre, scriveva che la regione è quel luogo “dove può far caldo come a Timbuctu, freddo come a San Pietroburgo”.

Mammola s’incontra pochi chilometri dopo la galleria: località variamente segnalata dalle guide gastronomiche, a partire dalla Michelin, perché le acque leggerissime, elargite generosamente dalla montagna, consentendo il migliore ammollamento possibile del pesce stocco, forniscono la materia prima a una varietà di ristoranti, che costituiscono così una delle fonti principali dell’economia del luogo.

Mammola è infatti un paesello di montagna che vive praticamente di questa tradizione - pare risalga al XVIII secolo - del pesce conservato norvegese, e perciò, più in generale, quasi esclusivamente di turismo enogastronomico. Ogni 9 agosto si celebra la Sagra del Pesce stocco, a cui accorrono golosi da tutta la regione e non solo, esiste una ricetta locale ormai codificata di “Stocco alla mammolese” (con pomodoro, patate, olive, capperi,cipolla rossa di Tropea e ovviamente peperoncino), ma anche i bucatini con lo stocco, i ravioli allo stocco, lo stocco al forno o fritto, nelle melanzane ripiene o ridotto in polpette, con i fagioli o con i funghi, a Mammola trova il suo perché. Nel paesello della Limina infatti sono strepitosi pure i funghi, maxime i porcini; come quasi dappertutto in Calabria, i gelati; ma pregevole è anche il vino rosso, che nelle sue migliori declinazioni non ha molto da invidiare ai migliori rossi meridionali. Anzi, a questo proposito, è da notare che per la tradizione mammolese lo stoccafisso va accompagnato con questo vino rosso, non con quello bianco, pur in presenza di piatti di pesce.mammola paesaggioJPG

L’ ultima volta che sono stato a Mammola era un caldo giorno d’agosto, ed ero salito da quelle parti innanzitutto per trovare un po’ di refrigerio. Dopo però un sontuoso pranzo a base di tagliatelle ai funghi, assaggi di tutte le varianti possibili di ricette allo stoccafisso, il tutto concluso con il canonico Tartufo di Pizzo, mi sono reso conto che non avevo portato con me l’accendino.

Ero arrivato giusto a ora di pranzo e in Calabria la pausa pranzo è sacra: salvo i ristoranti, chiudono tutti i negozi, inclusi i giornalai e gli alimentari, tutte le strade si svuotano e non si vede più anima viva. D’estate durante la controra in Calabria non si può fare niente, salvo pranzare e poi riposarsi, è vietato pure morire. Praticamente non c’è troppa differenza tra controra calabrese e lockdown totale.

E ovviamente durante la controra in Calabria chiudono pure i tabaccai.

Per cui, dopo il pranzo con laute bevute di quel rosso potente e l’inevitabile caffè, ero entrato praticamente in paranoia (non imparate a fumare! È un bruttissimo vizio!).Avevo con me le sigarette, ma non potevo accendere la canonica postprandiale dopo il caffè.

Cominciai perciò a camminare nervosamente per il paese, osservando distrattamente case, negozi e conformazione delle strade, e guardandomi intorno.Dopo un’ora e passa così a zonzo, vedo però la piazza principale che si riempie progressivamente di gente silenziosa, che si siede sulle panchine e guarda, anzi proprio squadra, sia me, forestiero da quelle parti, ma pure chiunque altro si trovi a passare di lì.

Sono tutti uomini, di qualunque età, anche se in maggioranza anziani, ma solo uomini: volti antichi, bruciati dal sole, solcati da rughe primordiali, uomini che comunicano tra loro con piccoli e misuratissimi gesti, poche parole in dialetto strettissimo e a bassissima voce. Una scena di vita che non vedevo in Calabria da decenni. Sarebbe piaciuta a Carlo Levi.

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In ogni caso, così riesco a farmi prestare da qualcuno l’agognato accendino e finalmente posso aspirare avidamente la mia sigaretta.

Dopo un po’ anche un tabaccaio riapre il suo negozio, per cui entro nella bottega.

Mi accoglie un grande ritratto di Che Guevara.

“HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!”

Sorrido tra me, e gli chiedo un pacchetto delle mie sigarette e appunto un accendino.

Il tabaccaio, aria placida, anche lui solcato da rughe primordiali, mi consegna un accendino tutto rosso, con una grande stella e la scritta: “LIBERTAD”

Mi viene di nuovo da sorridere e stavolta commento:

“Bello!”.

Al che lui:

“Costerebbe un euro, e ce n’è solo un altro, ormai sono gli ultimi due… Vuoi, tutti e due, un euro e cinquanta?”.

Così da Mammola ho portato anche il ricordo di quei due accendini rossi con la scritta: LIBERTAD.

*CARLO PONTORIERI (Insegna diritto romano all’Università della Calabria, ma è convinto di capirne anche di musica, vino, politica e soprattutto pallone. Ha pubblicato altre cose qua e là)

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