Ma che faccia hanno i ladri di biciclette

di GIORGIO OLDRINI*

Spesso ho pensato che i rapporti con le persone sono come quelli con la bicicletta. Ognuna infatti, cambio o no, ha una sorta di armonia segreta e si tratta di scoprire quale è il ritmo giusto, quello che la caratterizza. Se lo si scopre si pedala senza fatica e rapidamente, altrimenti è uno sfinimento anche percorrere una strada in pianura. E’ proprio così con le persone che si conoscono nella vita. Ognuna ha un suo ritmo e se lo si scopre i rapporti diventano facili e piacevoli, altrimenti si arranca o si perdono le possibilità di camminare insieme, fosse anche per un breve tratto.

Un’altra curiosità che mi ha sempre attraversato è quella di vedere in faccia i ladri delle mie biciclette. Come tutti coloro che ne hanno avute alcune nella vita, me ne sono state rubate tante.

La prima che scomparve era chiara e non l’avevo comprata, ma avuta con i punti che si raccoglievano acquistando una serie di detersivi della Mira Lanza. Era 50 anni fa e mi ero sposato da pochi mesi con Tina. Lavoravo all’Unità senza essere assunto, lei studiava e per fortuna è sempre stata molto brava per cui prendeva immancabilmente borse di studio con le quali pagavamo l’affitto di casa. Ma, insomma, non avevamo di che scialare e comprare una bicicletta era una spesa che non potevamo permetterci. Così scoprimmo che comprando quei detersivi si accumulavano buoni che alla fine di un lungo percorso ti premiavano con una bicicletta.

Noi eravamo solo due e per quanto lavassimo piatti e camice con quei prodotti non ce l’avremmo mai fatta. Così convincemmo mia mamma, mia sorella, i miei suoceri a passare alla Mira Lanza e alla fine sommando i punti di tutti arrivai alla agognata bicicletta.

Mira LanzaJPG

(Il catalogo Mira Lanza)


Andai a ritirarla alla stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni e mi resi conto che non era proprio la Bianchi di Fausto Coppi, ma comunque meglio di niente. Arrivai a casa, la parcheggiai davanti al portone, salii per chiamare Tina perché scendesse a vedere la nostra nuova proprietà e quando dopo 5 minuti gliela indicai non c’era più. Non ho nemmeno fatto in tempo ad essere sicuro di che colore fosse.

Mi sarebbe piaciuto vedere il volto di chi me l’aveva rubata, ma temevo la faccia di mia mamma, di mia sorella, dei miei suoceri quando avrei dovuto spiegare loro che avevano consumato quintali di polvere per lavare per nulla. Secondo me il ladro doveva essere un ragazzotto, squattrinato come me e in fondo mi fece persino un po’ di pena. Rubare la bici dei punti del detersivo è cosa da poveretti.

Dopo molti anni mia moglie per un Natale decise di regalarmi una bella bicicletta. Oramai eravamo sposati da tempo e avevamo due figli adolescenti. Lei non sa nemmeno andare in bicicletta così chiese aiuto ad un mio carissimo amico, che si chiamava Giorgio come me, e che invece era uno sportivo nato. Andarono in un negozio specializzato, il mio amico con uno stratagemma si fece dare persino le misure delle mie gambe. A Natale apparve Giorgio con un pacco meraviglioso, una sorpresa molto bella. Una bicicletta di classe, con una sella delicata e i cambi giusti. Mi aggiravo per Sesto con molto orgoglio, e un giorno mio figlio mi chiese: “Devo andare a Milano, mi presti la bici? Arrivo alla metropolitana, la lego in piazza dove c’è un sacco di gente. Non corri pericolo”.

La sera Giulio tornò praticamente in lacrime e con in mano solo la ruota anteriore con tanto di catena. Lui si era rivolto al venditore di fiori e all’edicolante che stanno in piazza per chiedere loro se avessero visto qualcosa, ma nulla.

Questo ladro mi ha fatto molto arrabbiare perché quella era una bella bicicletta e perché era un regalo cui avevano partecipato mia moglie, Giorgio e il furto aveva anche coinvolto mio figlio. Lasciare poi la ruota con la catena era uno sberleffo insopportabile. Sicuramente il ladro era un bullo di periferia, quello che i cubani chiamano “un guapo del barrio”. Ma la ruota l’ho ancora. Non si sa mai riappaia la bici.

Metropolitana- Sesto Marellijpg

(La stazione di Sesto - Marelli)

Invece ho ammirato il coraggio di chi mi ha rubato la bicicletta che avevo parcheggiato con tanto di catena alla fermata della metropolitana di Sesto Marelli. Quando andavo a Milano, prendevo la bicicletta per arrivare alla fermata più lontana della metropolitana, la legavo agli appositi stalli e la riprendevo al ritorno per fare il viaggio al contrario. Ero sicuro, non solo perché molte erano le bici parcheggiate lì e la mia non aveva nulla di particolarmente appetibile, ma soprattutto perché l’entrata delle metropolitana e i parcheggi delle bici sono esattamente a due metri dal muro del commissariato cittadino. Tra l’altro molti agenti vanno e vengono spesso, perché lì accanto c’è un bar che alcuni frequentano.

Quando la sera tornai a Sesto e non vidi più la mia bicicletta e neppure la catena con cui l’avevo legata ebbi insieme un moto di rabbia a uno di ammirazione per quel ladro che evidentemente era arrivato con un tronchesino nascosto ed adeguato, aveva fatto attenzione a che non passasse nessun agente di polizia, aveva tranciato la catena in un attimo e se ne era andato pedalando, o aveva caricato la mia bici su qualche camioncino. Ho immaginato il volto di quel ladro mentre se ne andava, sicuramente con un ghigno soddisfatto e compiaciuto per la sua abilità e per avere commesso un furto proprio sotto gli occhi della polizia.

Spero almeno che qualcuno stia pedalando allegramente sullo stormo delle mie biciclette rubate. In fondo sono fatte per quello, indipendentemente dalle gambe che le muovono alla ricerca del loro ritmo segreto.

 

*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)

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