L'Oberland bernese e la promessa del ritorno
di MAURIZIO SORRENTINO *
La prima volta ci capitai per caso, più o meno cinquant'anni fa. Ancora mi risuona nelle orecchie la voce aspra e cantilenante dell'anziano capotreno che annuncia la fermata: «Grindelwald!»
Zio Gino, il fratello di mia madre, viveva a Los Angeles con la moglie americana e i due figli, Marco, quasi coetaneo di mio fratello, e Francis Xavier (stesso nome e cognome del nonno Francesco Saverio, pastaio gragnanese) che ha più o meno la mia età. Al tempo venivano in vacanza a Sorrento ogni due anni, ma zia Lorna, donna intelligente, discreta, indipendente e dotata di un suo umorismo assolutamente British, non resisteva più di quindici giorni nella Sorrento dei suoceri, dei cognati e dei vecchi amici del marito. Così quell'anno aveva progettato di lasciare in Italia zio Gino e il figlio minore e trascorrere in Svizzera la seconda parte della vacanza, insieme a Marco e a mio fratello Antonio. Non so se a rifiutare il cortese invito fu Marco, fu Antonio o furono entrambi. So che in Svizzera con zia Lorna ci finimmo io e Francis.
(Infanzia foto di Maurizio Sorrentino)
Mi comprarono polacchine, giacca a vento e un vocabolario tascabile di inglese. Francis e zia Lorna non parlavano italiano e io, a dieci anni, non parlavo ancora nemmeno il napoletano: le speranze di comunicazione erano affidate a mia zia Elda, giovane sorella di mia madre, che venne con noi e che qualche corso di inglese l'aveva fatto.
Zia Lorna controllò e approvò personalmente il nostro equipaggiamento e autorizzò la partenza. In realtà avevamo un po' sopravvalutato le competenze linguistiche di Elda, ma per fortuna avevamo anche sottovalutato la capacità di intendersi che magicamente si crea tra persone che si vogliono bene e hanno piacere di stare insieme.
Per me fu una specie di iniziazione: il primo volo, il primo viaggio all'estero, i primi treni a lunga percorrenza e anche la prima esperienza senza genitori. Rimasi incantato dai paesaggi del tutto nuovi, dal verde brillante delle valli, dall'indaco delle montagne, dal riflesso dei ghiacciai, dal rumore dei campanacci, dal suono gutturale della lingua del posto, dall'odore della pelle di vacca che ci mettevano addosso sulle seggiovie per ripararci da vento o pioggia, dalla pulizia e dall'organizzazione di quei posti. Dovetti adattarmi alle cene a base di consommé o strane verdure in gelatina, ai pic-nic a base di pane nero di segale e formaggini (cibi per i quali ho conservato una certa idiosincrasia) e all'umiliante rimprovero di zia Lorna, che ancor oggi sento doppiamente doloroso ‒ perché sacrosanto e perché rivolto sia a me che alla mia terra ‒ allorquando un'occhiata scandalizzata e un sibilato «Maurizio, this is Switzerland!» mi indussero a raccogliere vergognosamente la carta del cioccolatino che avevo gettato a terra. Del resto si cresce anche così.
(Infanzia foto di Marizio Sorrentino)
Di quel viaggio, dei posti visitati, serbo tuttora una memoria meravigliosa.
«Effetto di un'infanzia lontana,spensierata e felice...», potreste pensare.
E invece no. Affrontando il rischio di sovrascrivere al ricordo fatato nuove e deludenti immagini colte con l'occhio dell'adulto, vent'anni fa volli tornare a Grindelwald e nell'Oberland Bernese con la mia famiglia. Niente da fare. Zero delusione. Quel posto era e rimaneva splendido.
E siamo ai giorni nostri. In agosto l'epidemia sconsiglia o impedisce la maggior parte degli itinerari. Mujer ha già sentenziato che «quest'estate o in montagna o a casa!». Gianni e Angela, amici cari e nostri affiatati compagni di viaggio, ci propongono di organizzare una decina di giorni in montagna.
Ci penso un po' su e capisco che le valli sovrastate dall'Eiger, dalla Jungfrau e dal Monch sono il mio posto del cuore. Ho una gran voglia di rivederle. Gli amici accettano, Mujer conferma i suoi propositi, si liberano due bilocali a Interlaken: era destino!
(A Firenzuola foto di Maurizio Sorrentino)
Data la situazione scegliamo viaggiare in macchina. Per motivi di lavoro partiamo nel tardo pomeriggio di venerdì. Per la tappa intermedia abbiamo prenotato due stanze in un agriturismo a Firenzuola che ha un buon rapporto qualità-prezzo. Si chiama Brenzone, pare di strada, poco lontano dalla Firenze Bologna. Eccezionalmente Cristina, la proprietaria, accetta di riceverci ancorché il nostro arrivo sia previsto fuori orario, intorno alle 23.00. Ci aspetterà il marito.
Per cena divoriamo sul piazzale di un Autogrill le frittatine di pasta che Angela ha preparato come da tradizione dei nostri viaggi insieme. Lasciamo l'autostrada a Firenzuola-Mugello e dal navigatore comprendiamo che abbiamo sbagliato la scelta della sosta. Ci aspetta quasi un'ora di strada tortuosa e buia. Arriviamo, piuttosto stanchi ma entro l'orario previsto, a questo casolare sperduto nell'oscurità. Sul piazzale di parcheggio due auto. Nell'unica sala illuminata tre avventori e tracce di una serata di bisboccia che volge al termine.
Ci presentiamo e chiediamo informazioni per le nostre stanze. I tre fingono di non saperne nulla. Uno in particolare, Luca, poi rivelatosi il famoso marito della titolare, ci guarda stupito e ci chiede perché mai ci rivolgiamo a lui. La questione si sblocca con l'intervento di Mujer: «Secondo me ci stanno prendendo per il culo! ».
La risata che ne segue
è solo la prima di molte altre che per circa un'ora, in un crescendo di
allegria, confidenza, birra, crostate fatte in casa e rosolio, condividiamo con
Luca e suoi amici. Le serate, quelle giuste, quando meno te le aspetti.
Al mattino ci ritroviamo in questo incredibile posto dell'appennino Tosco Emiliano, immersi nella natura e nel silenzio. Dopo averci servito un'ottima colazione i nostri ospiti insistono («avete fatto trenta, fate trentuno!») affinché facciamo una passeggiata al fiume, il torrente Diaterna, a cui si arriva in una quindicina di minuti attraverso un sentiero nel bosco. Consiglio ascoltato. Eh sì. Veramente bello questo posto scoperto per caso («È come se io, per venire a Sorrento, avessi fatto tappa a Benevento» cit. Luca). Ci dispiace dover partire così presto. Sarebbe stato piacevole fare un bagno nel torrente, assaggiare la cucina di Cristina e fermarsi almeno un'altra notte.
(A Firenzuola foto di Maurizio Sorrentino)
Promettiamo di tornare e riprendiamo la strada per la nostra destinazione svizzera.
Mentre guido mi trovo a riflettere che la vita dei viaggiatori è piena di queste promesse di ritorno quasi mai mantenute. Al momento di programmare la nuova partenza il desiderio di raggiungere una meta del tutto nuova finisce sempre per prevalere sulla nostalgia di tornare in un luogo amato e apprezzato. L'Oberland Bernese è la mia eccezione. Ci sto tornando per la terza volta, con lo stesso entusiasmo e una gran voglia di condividere con gli amici le meraviglie del posto.
Alloggiamo a Interlaken nel residence Hapimag. Abbiamo due bilocali vicini. Dal balcone a fronte strada possiamo goderci gli atterraggi dei temerari che si lanciano dalle montagne in parapendio e arrivano qui, a Hohematte Park. Dalla finestra della camera da letto intravediamo un tratto del fiume Aare che collega i due laghi alpini di Thun e di Brienz, dalla cui confluenza la cittadina prende il nome.
(Interlaken - Hunterseen foto di Maurizio Sorrentino)
Per i primi quattro giorni acquistiamo il costoso pass per i mezzi pubblici (treni, bus, battelli, impianti di risalita): concentreremo in quel periodo le escursioni che non possiamo fare in macchina.
La prima è a Top of Europe. Abbiamo dovuto prenotarla. È richiestissima, nonostante l'epidemia.Il trenino ci porta a Kleine Sheidegg, qui cambiamo per la Jungfraujoch, la ferrovia a cremagliera più alta d'Europa che ci porta alla stazione sotterranea di Eismeer, con affaccio sul ghiacciaio superiore, e poi su a Top of Europe a 3400 metri d'altitudine. Molto cambiato dalle mie visite precedenti, ma sempre emozionante. Hanno realizzato un percorso turistico nella montagna e definito un sentiero nella neve per una camminata di un paio d'ore. Le sculture nel palazzo di ghiaccio sono nuove. Mi mancano le slitte con gli husky, che cinquant'anni fa c'erano, ma evidentemente i gatti delle nevi hanno mandato in pensione i cani da slitta.
(Griderwald, ghiacciaio inferiore foto di Maurizio Sorrentino)
Trascorriamo i giorni successivi in un turbine di funicolari, cabinovie, funivie e trenini alternati a lunghe passeggiate e piacevoli soste mangerecce sulle terrazze dei rifugi alpini. Andiamo a Mannlichen con la cabinovia più lunga d'Europa (eh sì, è un posto pieno di record), con immancabile vista sulle marmotte che si godono il sole. Poi a First, con scarpinata di oltre un'ora per goderci il verdeggiante lago Bachalp. Ancora a Wengen e Murren, con la strana sensazione di silenzio dovuta all'assenza di automobili. Increduli assaporiamo i panorami dal treno, sempre a cremagliera, che ci porta a Schynige Platte in un'atmosfera che rimette le lancette del tempo indietro di un secolo. Ci divertiamo a storpiare i nomi di fiori e piante lungo il percorso botanico in cima all'altopiano. Per finire la funicolare di Harder Kulm,con la scenografica vista dall'alto dei due laghi al tramonto, e un giro serale in battello sul lago di Thun con visita a Spietz e ritorno in treno.
(Grotte di san Beato foto di Maurizio Sorrentino)
Scaduto il pass ci muoviamo in auto: Lauterbrunnen, Lucerna, che col sole è veramente spettacolare, Grindelwald (e qui a me e Mujer viene il buco nella pancia quando riconosciamo la casa in cui abbiamo alloggiato vent'anni prima con i bambini di otto e sei anni). Poi Trummelbach, la straordinaria cascata nella montagna, con la piccola funicolare scavata nella roccia nel 1913. Gletscherschlucht, il cammino su passerella lungo la gola scavata dal ghiacciaio inferiore dell'Eiger, che anno dopo anno arretra in maniera preoccupante. L'impressionante percorso nelle grotte di San Beato. Il luminoso borgo di Iseltwald, per un tuffo nelle acque smeraldine del lago di Brienz.
(Jungfraujoch, top of Europe foto di Maurizio Sorrentino)
Per l'ultimo giorno abbiamo tenuto la passeggiata a piedi a Unterseen, un quartiere di Interlaken in cui la cittadina lascia il posto al caratteristico borgo di montagna.
Il tempo è volato. Abbiamo dovuto rinunciare a diverse cose che avremmo rivisto volentieri, come lo Shiltorn e il ristorante girevole Pitz Gloria (famoso anche per alcune scene del film "Agente 007 al servizio di Sua Maestà"), il museo della civiltà contadina a Ballenberg, i borghi di Brienz, Thun, Gimmelwald.
Ripartiamo. Ho postato su Instagram una foto della stazione di Lauterbrunnen e mio cugino Francis ha commentato: «Lorna Land». Zia Lorna è mancata qualche anno fa. Le mando col cuore questa cartolina virtuale che lei, fiera dei suoi viaggi e dei suoi nipoti, potrà mostrare alle amiche e attaccare al frigorifero nel paradiso dei viaggiatori.
(Lucerna foto di Maurizio Sorrentino)
Un pizzico di tristezza mi assale e leggo negli occhi di Mujer la stessa sensazione. Questa volta nessuno dei due ripeterà la frase di rito, la solita bugia consolatoria, il «Qui ci torneremo!» che accompagna tutti i nostri rientri.
Siamo diventati meno sognatori. O forse solo più vecchi.
* MAURIZIO SORRENTINO (Piano di Sorrento, 1961; quando è sveglio è l'Area Manager Sud della Enifuel Retail; quando sogna si diverte a suonare la chitarra e a scrivere racconti e romanzi; quando vive viaggia)
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