L'astronomo Sperello Alighieri: "In viaggio con Dante fra le stelle, da Tolomeo alla scoperta di Marte"

di ROBERTO ORLANDO* 

"E quindi uscimmo a riveder le stelle". Ultimo verso dell'Inferno di Dante, ma anche un viatico per questa diciannovesima edizione del Festival della Scienza di Genova, tornata in presenza con tutti i suoi eventi, le sue mostre, i suoi laboratori e le sue conferenze dopo l'emergenza Covid del 2020.

Ma questo è anche l'anno in cui si celebra il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri e pertanto al Festival non poteva mancare la partecipazione di Sperello di Serego Alighieri, astrofisico, discendente in linea diretta del Sommo Poeta. Lo scienziato stasera (domenica 31 ottobre, ore 21.30) incontrerà al Palazzo della Borsa Andrea Mazzucchi, ordinario di Filologia dantesca all’Università di Napoli Federico II, che fa parte delle commissioni preposte all’Edizione nazionale degli antichi commenti e alla Nuova edizione commentata delle opere di Dante. Il dibattito sarà moderato dalla giornalista, e astronoma, di TV2000 Letizia Davoli. Insieme compiranno un "Viaggio immaginifico nella Divina Commedia, dalle miniature celesti all'astronomia moderna". 


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Sperello di Serego Alighieri, 69 anni, appassionato di grandi viaggi (tra cui un invidiabile Italia-Cina lungo la Via della Seta in moto) ha lavorato nell’Astronomy Division al centro Estec dell’Esa, contribuendo alla costruzione dello strumento (Faint Object Camera) che ha spianato la strada alla partecipazione europea al Telescopio Spaziale Hubble. Ha lavorato all’Osservatorio Astrofisico di Arcetri (Firenze), ed è stato fondatore e primo direttore del Centro Galileo Galilei alle Isole Canarie. 

Dottor Alighieri, il fatto che le tre cantiche della Divina Commedia si concludano tutte con la parola "stelle" ha in qualche modo influenzato la sua scelta di dedicarsi all'astronomia?

"Direi di no, la scelta è arrivata abbastanza tardi. Mio padre, appassionato di astronomia, quando ero bambino mi mostrava qualche costellazione, ma era proprio un divertimento. Poi mi sono iscritto al liceo classico e quindi al corso di Fisica dell'Università Statale di Pisa, perché mi piacevano molto matematica e fisica. Al terzo anno dovevo scegliere un indirizzo e all'epoca andava molto in voga Fisica delle particelle, ma a me non entusiasmava. Ero invece rimasto affascinato da un esame di astronomia, molto bello. A Pisa però non c'era il corso di laurea in Astronomia e così mi sono trasferito a Padova, dove credo ci sia tuttora. Insomma Dante non c'entra, l'avevo soltanto studiato al liceo".

Quanta astronomia c'è nella Divina Commedia?

“Ce n'è parecchia ed è stata studiata a fondo nei secoli. Con un collega ho scritto un libro, che fa parte della collana di cinque volumi distribuiti con Repubblica nell'aprile scorso, in cui abbiamo raccolto buona parte delle informazioni disponibili su questo tema. Ma la cosa importante da dire è che Dante, da uomo medievale e da genio quale era, riusciva a comprendere tutte le conoscenze dell'epoca e tutte bene. Questa capacità si è perduta nel corso dei secoli perché i campi della conoscenza si sono via via espansi e non è stato più possibile per un'unica mente occuparsi di tutto. Quello che oggi si può fare è specializzarsi in un campo ed è solo così che possiamo creare qualcosa di nuovo, raggiungere nuovi obiettivi. Dante invece aveva la possibilità di spaziare uniformemente tra i vari campi della conoscenza, uniformità che poi ha trasfuso nelle sue opere. Per questo noi oggi, per capire la Divina Commedia, non possiamo stare ad ascoltare una sola persona, ma bisogna sentirne tante, esperte di diverse discipline del sapere. Io stesso posso parlare dell'astronomia che si trova nei canti, ma non certo della poetica, della geologia, della filosofia, della storia...”


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Quali altre scienze incontriamo nella Divina Commedia?

"La matematica, molta numerologia, la geografia, la fisica oltre all'astrofisica. Un'opera complessa insomma. Pensi che la settimana scorsa, dopo una delle numerose conferenze che ho tenuto sull'astronomia dantesca, mi ha avvicinato un professore che insegna Italiano al liceo il quale mi ha confessato che salta ad esempio il secondo canto del paradiso, perché è molto scientifico, così ostico per lui da non sapere che cosa spiegare agli studenti".

La Divina Commedia può essere definita una mappa della conoscenza, anche scientifica?

"Dante è considerato il padre della lingua italiana, ha trasformato il dialetto fiorentino perfezionandolo in modo tale che diventasse la lingua di tutto il Paese. E questo è indubbio. Ma una lingua non è solo un modo di esprimere i nostri pensieri, è soprattutto la mappa secondo la quale i pensieri si formano. Questa è una cosa nota ai linguisti, ma è molto importante che la capiscano tutti. Dante ci ha dato la mappa della mente, la mappa grazie alla quale si formano i nostri pensieri. E' un tema ideale per il Festival della Scienza incentrato quest'anno proprio sulle mappe. Ne parleremo senz'altro alla conferenza con Letizia Davoli e Andrea Mazzucchi".  

 All'epoca di Dante com'era invece la mappa dell'universo?

"Le conoscenze erano quelle dei greci, arrivate al Medioevo attraverso gli arabi. Era l'universo tolemaico, con la Terra al centro e tutti i Cieli che girano intorno. Era l'universo che si poteva osservare a occhio nudo. Il primo a scrutare il cielo con un cannocchiale fu Galileo Galilei, nel 1609... La cosa interessante è che Dante ha esteso l'universo tolemaico inventandone uno parallelo: l'Empireo".


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Oltre al geocentrismo, quali altri errori astrofisici ci sono nella Divina Commedia?

"In realtà non si può parlare di veri e propri errori. Anche il principio dell'universo geocentrico era frutto dell'unica intuizione possibile all'epoca, senza quegli strumenti di osservazione che sono arrivati molti secoli dopo. Per fare un altro esempio, Dante parla in diverse occasioni della Via Lattea nella Divina Commedia. Nell'Inferno fa riferimento a una leggenda della mitologia classica. E' quella di Fetonte, figlio di Apollo, che un giorno prende il carro del Sole, il carro del padre, e va in giro a scorrazzare per il cielo lasciando dietro di sé una scia luminosa, dando così origine alla Via Lattea. Dante riporta la storia, ma sa benissimo come tutti noi che si tratta di una leggenda, tanto è vero che sempre nella Divina Commedia, ma anche nel Convivio, descrive la Via Lattea come una massa di lumi, stelle che non possono essere distinte singolarmente ma che insieme formano questa fascia luminosa. Non si era inventato lui questa teoria, ma all'epoca già se ne parlava con convinzione. Insomma Dante è un uomo a cavallo di due culture, ancorato alla cultura classica ma capace di intuire che le conoscenze cambieranno". 

Qual è invece oggi il concetto di universo?

“Intanto è chiaro che la Terra non è al centro, che esistono tante galassie, stelle e pianeti che gli ruotano intorno, probabilmente altre forme di vita. E poi sappiamo con certezza che l'universo non è sempre esistito, ma ha avuto un inizio. Un inizio che al tempo di Dante si attribuiva alla Creazione. Noi lo chiamiamo Big Bang, ma il principio è sostanzialmente lo stesso: prima non c'era nulla. Questo nella storia non è sempre stato così chiaro. Ora sappiamo che l'universo si è formato 13,7 miliardi di anni fa, lo spazio e il tempo hanno cominciato a esistere in quel momento. Lo spazio si è espanso, hanno cominciato a formarsi la materia, le strutture, le galassie, le stelle, i pianeti... con un'evoluzione di cui ormai si conoscono molti aspetti e molti altri ancora no...” 

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E quale sarà la prossima tappa della ricerca astronomica?  

"Difficile da dire. La ricerca, in tutti i campi, non solo in astronomia, procede in vari modi, ma uno di quelli fondamentali è l'errore. Noi scienziati sappiamo benissimo di sbagliare e sappiamo che le teorie che crediamo giuste oggi magari domani possono risultare meno precise di quanto si pensasse. Questo succede di frequente. Ci sono però questioni aperte sulle quali vale la pena concentrarsi: capire come sono i pianeti che ruotano intorno alle altre stelle, se sono simili a quelli del sistema solare, magari alla nostra Terra. Questo è un campo in evoluzione e quindi sicuramente prima o poi qualcosa di interessante si scoprirà. Ma anche altri ambiti di cui mi sono occupato anch'io potrebbero riservare sorprese. Ad esempio, noi sappiamo che l'universo è in continua espansione, ma fino a vent'anni fa si credeva che la velocità di espansione fosse costante e invece accelera. Un fenomeno del tutto imprevisto. Si credeva che la velocità di espansione dovesse rallentare perché l'unica forza che agisce sulle grandi distanze è la gravità che è attrattiva. Invece accelera e questo per ora è un mistero. O meglio, lo spieghiamo paradigmaticamente: si parla di energia oscura, ma non sappiamo che cosa sia. Su questo penso che ci saranno dei progressi. E poi c''è un altro aspetto sempre legato all'espansione dell'universo sul quale si sta lavorando. La velocità di espansione nell'ultimo secolo è stata misurata più volte e il valore è cambiato a seconda della precisione degli strumenti impiegati. Adesso si fanno misurazioni molto precise, tanto che ci sono delle differenze sostanziali a seconda del metodo impiegato per eseguirle. Se noi misuriamo l'espansione prendendo in considerazione oggetti vicini a noi si ottiene un certo valore, se invece utilizziamo informazioni sull'universo iniziale che si ottengono dalla radiazione a microonde, che è una sorta di residuo del momento inziale dell'espansione, si ottengono risultati diversi. I metodi di misurazione sono entrambi di massima precisione e quindi non si riesce a capire perché la differenza sia così rilevante, tra il 5 e il 10 per cento. Forse la discrepanza è dovuta alla nostra cattiva conoscenza di come l'espansione sia evoluta, al modello che utilizziamo per rappresentarla. Ecco, probabilmente scoprendo dov'è l'errore faremo scoperte interessanti".

E la conquista di altri pianeti, Marte per esempio? Dante sarebbe probabilmente favorevole all'impresa perché nel Paradiso è proprio nel cielo di Marte che incontra Beatrice. E lei?

"Eh beh, io pure. Pensi che verso la fine degli anni Settanta partecipai alla prima selezione italiana di astronauti dell'Esa. Ero arrivato abbastanza avanti nel percorso, ma poi non superai la prova della centrifuga, quella che simula le fortissime accelerazioni del vettore al distacco da terra: soffro di pressione bassa e fui costretto a rinunciare. Fu scelto Franco Malerba, che diventò il primo astronauta italiano".

Per tornare a Dante, chiamarsi Alighieri per lei è un onore, un onere o entrambe le cose?

"Direi entrambe. Essere un discendente non è un merito, ma nemmeno una colpa. Un onore, certo: quest'anno mi hanno chiamato da tutta Italia per le celebrazioni dantesche. E anche onere. Lo spiego citando alcuni versi della stessa Divina Commedia, quei pochi che in realtà ricordo perché mio padre me li aveva insegnati da bambino:  'O poca nostra nobiltà di sangue.../Ben se’ tu manto che tosto raccorce/sì che, se non s’appon di dì in die,/lo tempo va dintorno con le force...'  Per dire che insomma la nobiltà di sangue non serve a niente se non si fa qualcosa giorno dopo giorno per mantenere il prestigio. E questo è senza dubbio un onere".


*ROBERTO ORLANDO (Nato a Genova in agosto, giornalista professionista dal 1983. Ultimo capocronista del Lavoro. Dopo uno scombinato tour postrisorgimentale che lo conduce in molte redazioni di Repubblica è rientrato tra i moli della Lanterna. Viaggia, fotografa e scrive. Meno di quanto vorrebbe)


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