La recensione - La neve che bagna Napoli

di GIGI SPINA*

La dedica a tutti gli amanti della Dama Bianca farà venire in mente forse una donna e un uomo che non potevano amarsi pubblicamente in un’Italia che per fortuna non c’è più. No, la dedica è alla neve, e la personificazione regge alla prova della metafora, anche se nell’Italia del futuro (che speriamo non sia mai così) qualcuno/a potrebbe censurarla come metafora maschilista.

Il libro accompagna in una passeggiata (copritevi bene), come dire, multivocale e diacronica, anche se in un’area geografica ben precisa.


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(Piazza del Plebiscito, 1956     foto da La neve a Napoli)

Un trio di poeti napoletani, Rocco Galdieri e Giovanni Capurro, cui si unisce un anonimo, offre alle prime pagine tre poesie in vernacolo (invernacolo sarebbe un bel neoconio, adatto al’occasione), tradotte in italiano; poesie che sono in realtà la colonna sonora ritmica e suggestiva dell’intero libro, perché passano dal desiderio di neve alla sorpresa che la neve può ‘bagnare’ anche Napoli, anche se si tende a dimenticarlo.

Gli autori riescono ad essere scientifici e romanzieri, unendo nozioni di base utili per comprendere i parametri e gli andamenti del clima in Campania e Napoli – bastano una trentina di pagine, nella prima parte, già corredate di foto altrettanto utili – alla narrazione degli eventi nevosi degli ultimi 130 anni, le grandi nevicate, a partire dal gennaio del 1891 fino a quella del febbraio 2018.

La seconda parte del volume, più corposa e più illustrata, va affrontata davvero come un viaggio nel tempo e nei luoghi di una Napoli ‘bianca’ spesso irriconoscibile.

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(1907, da Corso Vittorio Emanuele      foto da La neve a Napoli)

Basterà indicare la sequenza degli anni per capire la consistenza del fenomeno, al quale gli autori dedicano mappe e foto per ogni età capace di ricordare, se non altro per i racconti dei nonni o bisnonni: 1891, 1907, 1922, 1927, 1929, 1932, 1935, [… qualcuno potrebbe sostenere che il fascismo riuscì, oltre che a fare arrivare i treni in orario (ma sarà poi vero? e, nel caso, perché non nominarlo, Lui, semplicemente capostazione, come sosteneva giustamente Massimo Troisi?), perché la nevicata successiva è del …] 1956, 1971, 1973 [l’anno che, in estate, fu del colera], 1985, 1986, 2012, 2018.

Alla fine del libro ci sono anche le foto dei quattro autori, in foggia estiva, per la verità, che bisogna davvero ringraziare per questa bella impresa.

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(1891, la Floridiana     foto da La neve a Napoli)

Il patrocinio del libro è della Società dei Naturalisti di Napoli, una delle belle presenze di via Mezzocannone 8, la via dell’Università Federico II.

Che ho percorso tante volte, negli anni dal 1969 al 2009, anche se devo confessare di non ricordare tutti gli eventi nevosi del mio periodo, mentre ne ricordo uno salernitano, anche perché feci una ripresa pionieristica con una cinepresa Kodak: c’è una via Armando Diaz infioccata e un mio caro amico di scuola, che non c’è più da venti anni, che gioca a palle di neve.

L’anno? Non può essere né il 1956 né il 1971, troppo in anticipo e troppo in ritardo, rispettivamente, rispetto al periodo del ginnasio-liceo (il glorioso Tasso).

E allora? Possibile che una volta la neve abbia bagnato Salerno e non Napoli?

Dovrò chiederlo agli autori.


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Alberto Fortelli, Adriano Mazzarella, Nicola Scafetta, Mario Toti

La neve a Napoli. Immagini ed emozioni, Collana Terra fluida e dintorni, Roma 2021

Aracne editrice  pagg.  220      euro 22


*GIGI SPINA (Salerno, 1946, è stato professore di Filologia Classica alla università Federico II di Napoli. Pratica jazz e tennis. Gli piace pensare e scrivere, mescolando passato e presente)   


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