La recensione / La leggerezza del kayak

di CARLA CHELO*

Emilio Rigatti, autore della Leggerezza del kayak, appassionato ciclista e insegnante, in un’intervista che si può trovare in internet racconta il suo metodo d’insegnamento: "La bici  - sostiene - è uno strumento, geografico, scientifico e poetico. Geografico: stiamo attraversando un paesaggio, abbiamo una carta topografica in mano; è scientifico perché ci permette delle osservazioni scientifiche, i miei (studenti) a vita sapranno che cosa è una collina morenica perché ci hanno pedalato sopra e hanno conosciuto le rapide e ripide pendenze di queste formazioni geologiche; e poetico perché attraversare una campagna così alla mattina predispone l’animo a… una bella giornata”.

 Ecco, uno che fa lezione così anche quando scrive un libro sa come tenere attenti i suoi lettori, e riesce a comunicare molto di più di un diario di viaggio. La leggerezza del kayak, edito da Ediciclo, descrive escursioni di una giornata o viaggi più lunghi, una pagaiata ad alto rischio e massima goduria tra le calli di Venezia (di cui ha scritto Patrizio Roversi in queste pagine e su Turisti per caso) e altre avventure sui torrenti o tra la neve e l’acqua; ma quello che più colpisce dopo la lettura è che il kayak - come la bicicletta – è il passepartout verso un’altra dimensione: permette di attraversare il paesaggio in silenzio e lentamente, aprendo un varco dall’altra parte.

Quale? Una volta può essere quella dell’anarchico senza legge, un'altra semplicemente del poeta, un'altra ancora dell’avventuriero romantico, dipende un po’ dai vostri gusti. Leggete qua: “Il kayakista è anarchico, e la sua barca, anarchica come lui, lo invita a una serie di cose a mio avviso ecologiche ed educative. Lo costringe a spendere poco, lo obbliga a riprendere in mano il proprio tempo senza tassametri, trasforma i naviganti da tonni in scatola a delfini liberi di guizzare dove vogliono. Gli standard di controllo e sicurezza piano piano ci hanno tolto la libertà e il libero arbitrio, è perciò il kayak è un mezzo eversivo e pericoloso.”

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Poco più avanti, a pagina 72, Rigatti descrive i saluti a un uomo incontrato casualmente poche ore prima in Dalmazia. Quello che avrebbe potuto essere uno scambio fortuito di gusti e aneddoti si riempie di significato: “Jorge, l’argentino di Smrska Uvala, scende a salutarci di buon’ora con il piccolo Rocco e ci lasciamo cantando a mezzavoce Adiós muchachos…, uno dei tanghi più celebri di Gardel. Cortocircuito in testa: mia moglie a Bogotá, mio figlio ad Addis Abeba, io qui, appena sgusciato da una notte all’addiaccio che canto un tango con un clown argentino, finito qui per amore. Se ti muovi, tutto comincia a muoversi attorno a te. Ma anche dentro, c’è un sistema stellare che si muove in risonanza".

O ancora a pagina 79 quando descrive come, liberandosi da quasi tutto, ci si gode l’essenziale: “Si vive a un percento di vitalità nettamente superiore a quello della vita scandita dalla quotidianità, dall’abitudine: il bagno al sorgere del sole, cucinare, controllare GPS, bussola, radio e scorte d’acqua, stare attenti ai possibili sbarchi, a dove mettere la tenda, alla guardia costiera che potrebbe spedirci in tribunale, tenere d’occhio vento e barometro. Ma anche stupirsi dell’alba, immergersi per ore nei colori mutevoli del mare e delle rocce, perdersi dietro alle costellazioni che si spostano nel buio, tutto questo ti mette in una dimensione di attenzione e di presenza che non conoscevo prima di navigare con questa gondola in fibra di vetro. Altro che 'vacanza'. Per cui, quando la signora che gestisce il campeggio che si affaccia sulla baia successiva a quella del paese si confida con noi – ma cosa la spinge a farlo? – lamentandosi del lavoro,delle tasse, del marito che in quel momento è a dormicchiare, mentre lei pulisce bagni e accoglie turisti, capisco di colpo come la nostra non sia una 'vacanza', ma una fuga dalla quasi totale tirannia della quotidianità, che ci obbliga a cose che non ci interessano, che dobbiamo fare e che alla fine ci rendono distratti o assenti: 'vacanti' ”

A un certo punto Rigatti confessa: “Non sono mai riuscito a rassegnarmi non tanto all’età, quanto alla crescita, questa squallida operazione di perdita di felicità che viene richiesta a ogni bravo cittadino”. Se anche voi vi sentite un po’ stretti in ufficio date retta a Rigatti, imparate a pagaiare in kayak.


*CARLA CHELO (Nata a Roma, ha lavorato per il quotidiano l'Unità, il settimanale Diario della settimana e i tg di Studio Aperto e di Tgcom24 a Mediaset. Ora viaggia e scrive solo per piacere)
   

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Titolo: La leggerezza del kayak  autore: Emilio Rigatti   pagine  96   prezzo 9,50 euro    Ediciclo