La recensione - Bicicletta, piccola rivoluzione in viaggio

di ANGELO MELONE* 

“… E’ parte integrante del quotidiano e non conosce frontiere. E’ cultura e movimento. Veicolo dell’immaginario e dell’infanzia, la Petite Reine, come la chiamano i francesi, è fonte continua di ispirazione da quasi duecento anni…”. Questa frase è di Claude Marthaler, uno che se ne intende con i suoi viaggi infiniti, fino ai sette anni trascorsi a fare il giro del mondo a pedali. E riassume quasi perfettamente le tante suggestioni di una “antologia per ciclisti e sognatori” appena edita da Ediciclo: “Dell’andare in bicicletta e altre divagazioni”, a cura di Francesca Cosi e Alessandra Repossi con la prefazione di Marco Pastonesi.

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(immagine da pixabay)

In questa antologia vediamo la bicicletta ispirare racconti di grandi autori scritti a cavallo dei due secoli scorsi: tra fine ‘800 e inizio ‘900. Sono gli anni della consacrazione del cavallo a due ruote. Non è più uno strano oggetto del desiderio da domare ma già evoluto, fino ad assomigliare alle bici moderne; il suo arrivo non viene più annunciato da un insopportabile fracasso perché nel frattempo sono stati inventati – per lei – i pneumatici, è ormai lontana la sua caratteristica di essere costosissima e snob per trasformarsi invece in prodotto industriale e – in parte – di massa. Ed è diventata uno degli strumenti di una inarrestabile trasformazione sociale. Anche perché – spiega Vernon Lee nel suo racconto del 1913 – "è un antidoto alla fretta, ti lascia completa libertà e non è d’intralcio quando si smonta” (come il cavallo).

“Traverso le viti della bicicletta si può scrivere la storia d’Italia”, diceva Gianni Brera (un altro che se ne intendeva). Ed ecco che la rivoluzione a cavallo del Novecento è raccontata – in questo libro – da un terrorizzato Edmondo De Amicis quasi sbeffeggiato dagli amici, a Torino, per la sua ostinata repulsione per il nuovo mezzo. Il racconto è del 1900, De Amicis la chiama “la streghetta” per le “fatture” con cui fa cadere in suo potere quasi tutti i suoi conoscenti. Eppure non cede (e non cederà), e sentenzia: “L’uomo sulla bicicletta non è bello, egli fa col corpo un fantoccio rotto in due”. Ecco la condanna pubblica di quel tempo. Nella sua imperdibile “Storia sociale della bicicletta”, lo storico Stefano Pivato ricorda che la bici era considerata “pericolosa per l’ordine sociale”, un attentato al decoro, e a lungo sarà proibita a preti e ufficiali dell’esercito. Per chi vuole rivivere queste atmosfere il racconto di De Amicis è perfetto.

Ma l’ostilità – scrive sempre lo storico Pivato – “è soprattutto legata alla sconveniente e scandalosa posizione a cavalcioni della sella cui vengono costrette le donne”. La lotta per conquistare la parità vive nel racconto bellissimo del 1895 di Frances Willard: lei, donna evoluta, vuole imparare e lo farà “anche se nessuno dei miei amici mi ha incoraggiato”. Una appassionata cronaca dei suoi tentativi che lei paragona – appunto – alle riforme “che prima stanno a malapena in piedi… e poi si rivelano appena iniziano ad andare più veloci”.

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(foto da pixabay)

Nei capitoli di questo libro ci sono tutte le suggestioni di un mondo che cambia grazie anche a un incessante ruotare di pedali. La bicicletta è l’oggetto del desiderio di Gian Burrasca (Vamba , 1912); è la sfida tra amici per riuscire a riparare i suoi ingranaggi (Jerome K. Jerome, 1900); lo strumento del crimine per Cesare Lombroso, (1900); o il racconto dell’impresa di cento ciclisti da Verona a Roma (Olindo Guerrini, 1908). E c’è persino chi la paragona ad un atto d’amore. E’ H.G. Wells, in un racconto del 1896: “Guidare la bici come si deve ricorda in tutto e per tutto una relazione amorosa – sostanzialmente è una questione di fede. Se sei convinto di potercela fare, è cosa fatta: se ne dubiti, non ci riuscirai per niente al mondo”.

Fantasia scatenata. Alla quale non si potevano certo sottrarre due maghi dell’invenzione letteraria e della parola. Emilio Salgari – è il 1896 – racconta una affascinante conquista del Polo australe in bicicletta. E Alfred Jarry ci trascina nella folle gara tra una “quintupletta” e una locomotiva. Ovvio chi vincerà.

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(foto da pixabay)

La fantasia e la libertà che l’andare in bici garantisce sono, di fatto, il tema conduttore sotterraneo di tutti i racconti scelti per questo libro. Lo rivela Octave Thanet in una appassionata cronaca della sfida sociale di due amiche che inforcano le bici. E' del 1897. La scrittrice riflette: “Nessun’altra cosa sa far rivivere, giunti alla mezza età, la pura ebbrezza fisica dell’infanzia. Solo su due ruote la signora avanti con gli anni può sentirsi come quando correva, saltava e si divertiva in mezzo ai fiori da bambina”.

Impossibile non evocare la vignetta di Altan divenuta quasi un manifesto della bicicletta. La moglie di Cipputi, con sguardo rassegnato, gli chiede: “Ma dove vai?”. E lui, vestito da ciclista e con una bici in mano le risponde: “A portare a spasso il bambino che è in me”.


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“Dell’andare in bicicletta e altre divagazioni” a cura di Francesca Cosi e Alessandra Repossi

Illustrazioni di Marco Consoli Prefazione di Marco Pastonesi

editore Ediciclo pagine  177 prezzo 22 euro


*ANGELO MELONE (Nato nel '56, giornalista prima a l'Unità poi a Repubblica. Ama fare molte cose. Tra quelle che lo avvicinano a questo sito: la passione per i viaggi, tanta bicicletta e i trekking anche di alta quota)  

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