Ischia, magica isola del raggio verde

di TIZIANA ESPOSITO*

Anno scolastico 1987/88, ero stata convocata al Convitto Nazionale Vittorio Emanuele di Piazza
Dante a Napoli per scegliere la sede dell’istituto in cui avrei insegnato nel primo incarico di
ruolo. Quando si avvicinò il mio turno molti erano già andati via e i nomi delle località che si
rincorrevano nello stanzone erano Vallata e Ischia. Non conoscevo il primo paese, mi spiegò
qualcuno, in fila insieme a me, che si trattava di un posto nell’ Avellinese, quasi in montagna, nei
pressi di Lacedonia. Già preparavo mentalmente una valigia di abiti pesanti e sentivo il freddo e
l’isolamento, quando la ragazza davanti a me rivelò di essere di Avellino. A me toccò l’isola verde.

Quando arrivai ad Ischia il primo giorno di scuola, avvolta dal sole e dall’odore di salsedine, fui
colpita dai turisti stranieri che in pantaloncini e sandali indossati sui calzini mangiavano panini e
bevevano cappuccini dalle prime ore del mattino. Sarebbe diventata una scena ricorrente, nei
mesi successivi: tante persone che camminavano a passo spedito verso le loro attività e i turisti là, fermi come una parte dell’arredamento dei bar.

Percorsi la strada fino a Piazza degli Eroi, all’epoca c’era una stazione di benzina, e poi deviai verso destra per raggiungere la scuola, il Liceo Scientifico Albert Einstein. Nome importante, ma la sede era una palazzina di due piani, gli appartamenti usati come aule, un piccolo bar nei pressi. Dalla stessa piazza, deviando a sinistra, si raggiungeva Ischia Ponte, col Castello Aragonese legato alla terra da un ponticello e la casette basse e colorate, da borgo di pescatori. All’interno del Castello, in una visita successiva, vidi le stanze segrete delle monache e anche il luogo macabro e affascinante in cui venivano sistemati i loro corpi, dopo la morte, perchè perdessero gli umori.  Tradizione antica da cui nasce un detto napoletano provocatorio e minaccioso:  “Puozz scula'...”
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All’inizio di questo percorso però splendeva in un trionfo di fiori il bar Calise che - quella mattina
lo ignoravo - sarebbe diventato meta di incontri pomeridiani e di squisiti gelati tra colleghi
conosciuti sull’isola. 


La vita da pendolare - primo treno della Circumvesuviana, metropolitana a Napoli piazza Garibaldi, la corsa per le scalette fino al molo e l’aliscafo che in quarantacinque minuti ti portava all’isola 
facendoti ammirare durante il tragitto le ville bellissime nascoste tra le rocce - durò una settimana.  Il mio papà, tramite un amico,proprietario di quella stessa stazione di servizio che indicava il mio cammino verso la scuola, trovò un appartamentino. Era minuscolo ma centralissimo, la camera da letto, soggiorno con angolo cottura e piccolo bagno in un vicoletto che sbucava su Corso Vittorio Colonna e poi Via Roma, le strade affollate e frequentatissime dello shopping.  L’unica corsa rimase così quella del lunedì mattina, quando tornavo dopo il fine settimana trascorso a casa, lasciavo il bagaglio e correvo all’Einstein.

Cominciò così la mia vita da isolana;  la mattina a scuola, il pomeriggio, dopo aver studiato per le
lezioni del giorno dopo, in giro prima da sola poi con i colleghi residenti-pendolari come me, o
con quelli ischitani che cominciarono a prendermi in simpatia. Perchè di Ischia e dei suoi abitanti
compresi presto le contraddizioni: mare e spiagge bellissime e montagne elevate, locali affollati e
scorci di tranquillità, colleghi affettuosi e disponibili e docenti con la puzza al naso. Paese geloso del suo isolamento ma anche metropoli, perchè vicina al capoluogo, con il cinema, la rassegna teatrale, le associazioni dove era possibile discutere, la mentalità aperta di chi accoglie
turisti tutto l’anno. 

In quel luogo ricco di bellezze e di contrasti ho conosciuto vecchine vestite di nero, il capo coperto dal fazzoletto, insieme a profughi per libera scelta, persone di vari luoghi d’Italia che avevano rinunciato al lavoro e alla vita precedente inseguendo una malìa che non lasciava loro scampo. Una, la ricordo bene, a Milano lavorava alle Poste, si era licenziata per trasferirsi e viveva creando collanine e trasmettendo la passione per i tarocchi. Feci amicizia, in particolare, con una collega di Arte del Classico, con la quale condividevamo la voglia di esplorare e la scarsa passione per la cucina... ricordo che una sera, tornando dalla visione di Angel heart, il film con Mickey Rourke e Robert De Niro, ci accompagnammo reciprocamente a casa per due o tre volte
prima di deciderci a fare un pezzo di strada ognuna per conto suo, tanta era la paura di
incontrare il diavolo.

La sera, quando andavamo ai pub sulla riva destra, le rive droite, la visione dell’ultimo traghetto
ancorato e pronto a ripartire la mattina dopo trasmetteva la sensazione di vivere davvero su un’isola, una sorta di pizzico tra il cuore e lo stomaco che è difficile da comprendere per chi non l’ha mai provato.  E poi Lacco Ameno e il Fungo che emerge dal mare come una costruzione marziana, i Giardini Poseidon a Forio, la discoteca Negombo dove si svolse un bellissimo Mak p dei miei alunni diplomandi, che cantarono una serenata arrampicandosi sull’albero di fronte a casa mia e svegliando tutto il vicolo; la Mortella, bellissimo parco con un’infinità di piante rare, le case bellissime di San Francesco che quasi non si vedono dalla strada ma all’interno, attraversando le camere grandi, ti fanno affacciare sul grande blu del mare.

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A Sant' Angelo trascorsi il periodo degli esami di maturità, costretta dai docenti più anziani ad essere commissario interno ma ospitata da una collega nella dependance della sua villa, costruita su una fumarola naturale, altra caratteristica di Ischia: di nuovo le contraddizioni, e quando la mattina presto prendevo l’autobus che mi faceva fare il giro intero dell’isola anche io mi sentivo metà e metà, insegnante e turista; il pomeriggio facevo il bagno sull’affascinante spiaggia dei Maronti e la sera frequentavo i localini caratteristici del borgo, fonte di ispirazione per Fred Bongusto, che spesso si rifugiava qui.

Fra i ricordi si staglia la Chiesa del Soccorso, tutta bianca come la Madonna della Neve cui è dedicata, a picco su un promontorio che guarda il mare e dal quale, se sei fortunato,  puoi vedere il famoso raggio verde, che spunta all’improvviso sulla linea dell’orizzonte come un fulmine velocissimo, ma al contrario. Era il periodo del film omonimo di Eric Rohmer ispirato a un verso di Rimbaud,  "Ahi! Venga il tempo in cui i cuori si innamorano”, e su quella terrazza a picco sul blu si coltivavano aspettative, innamorati già del panorama. Un pomeriggio ho aspettato il tramonto insieme ad Antonella, una mia amica storica che era venuta a trovarmi, con un grande pacco di patatine e lo sguardo fisso. Non so dire se lo abbiamo visto o solo immaginato il famoso raggio, di sicuro siamo rimaste legate per sempre.

Settembre 1988, in Circumvesuviana, di ritorno da Napoli, incontro un amico. “Ti vedo strana, è successo qualcosa?” Gli rispondo che sono appena stata in Provveditorato per consultare
l’elenco dei trasferimenti per il prossimo anno scolastico e ho scoperto che la mia nuova sede sarà il Liceo Scientifico di Castellammare di Stabia. “Che fortuna”, dice lui, e io penso alla mia casetta nel vicolo, agli appuntamenti non detti e lasciati in sospeso con persone e luoghi, a un anno che è scomparso troppo veloce all’orizzonte.
Sono trentadue anni che non metto piede ad Ischia, non riesco a pensare di poterci tornare per poco, solo di passaggio, per il timore che la mia madeleine non abbia lo stesso sapore. Ma la malìa dell’isola verde la conservo dentro di me, per sempre.

*TIZIANA ESPOSITO (Nata nel 1961, docente di Italiano e Latino, “eterna ripetente” al Liceo Scientifico Francesco Severi di Castellammare di Stabia. Vorace lettrice e divulgatrice di libri, ha fondato, insieme a una sua terza liceale, il gruppo di lettura su Facebook Una città che legge)




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