Il versante sbagliato del Ventoux

di PAOLO BRANCA*

Dicevano che somigliasse alla Luna.

Grandi spazi bianchi e desolazione, quasi un deserto di pietre, l’aria rarefatta se non fosse per le violente folate di maestrale. Non a caso all’inizio del millennio ci ha lasciato l’orma un americano di nome Armstrong dopo una avvincente battaglia con un altro grande ciclista, l’italiano Pantani: sul traguardo il primo ha smesso di pedalare, poi ha spiegato di averlo fatto apposta, per lui contava solo la maglia gialla, ed è nata l’ennesima grande inimicizia sui pedali. Avversari irriducibili dal destino maledetto: anni dopo uno è stato squalificato a vita per doping, l’altro era già morto per un’overdose in un residence della Romagna.

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Ma intanto dov’è la Luna? Mentre la strada sale verso il Ventoux, il “monte ventoso” (Petrarca dixit, molti secoli prima), o se si preferisce il “monte calvo”, è un esplosione di natura lussureggiante. Grandi boschi ai lati della strada e un bel fresco, anche in piena estate. Nella flora si segnala addirittura il papavero di Islanda. E sullo sfondo – è pur sempre  Provenza – i soliti campi di lavanda. Tutt’altro scenario rispetto a quello che rimandano le immagini della tv in bianco e nero di una calda estate 54 anni fa. Si vede il ciclista in maglia bianca che boccheggia, barcolla, zigzaga, a sinistra e poi a destra, infine perde l’equilibrio e stramazza ai bordi della strada dove le pietre sono bianchissime. Era Tommy Simpson, ucciso pare da un mix di anfetamine e alcol ancora più micidiali nel clima torrido di quel luglio. Era stato nominato baronetto dopo la vittoria di un Mondiale, all’epoca il ciclismo era uno sport per matti in Inghilterra, mica come adesso, con i sei Tour de France consecutivi vinti da inglesi, Wiggins, quattro volte Froome e Thomas, e anche l’ultimo Giro d’Italia conquistato da Teo Geoghegan Hart, l’inglese dal nome impronunciabile.

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Se non altro la fama di salita dura, mozzafiato, è rispettata. Da Bedoin, versante sud, sono quasi 23 chilometri di ascesa, con una pendenza media del 7, 5 per cento e punte superiori al dieci-dodici. Da Malaucen, versante ovest, una salita a scaglioni, i chilometri sono ventuno e le pendenze ancora più dure. C’è anche un’altra possibilità da De Sault, 25 chilometri in tutto, la parte iniziale è più agevole, poi si ricollega col tragitto di Bedoin all’altezza dello Chalet Reynard e lì iniziano i dolori. Meglio rifornirsi di tanta acqua e anche di zuccheri, magari una banana, nella sosta obbligata a Carpentras, ormai diventato il paese delle biciclette, l’ultimo avamposto prima della mitica ascesa.


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Sulla strada è una processione in bicicletta, amatori di tutte le età, molte le ragazze. Ci sono due tipologie di ciclisti del Ventoux, come ormai in tutte le strade e le salite d’Europa: i solitari e i gruppi. I primi solitamente sono più lenti e magari riflessivi, la fatica gliela leggi subito in viso, vorrebbero godersi meglio il paesaggio ma l’”impresa” richiede tutta la concentrazione. Dei gruppi invece fanno parte ciclisti più “professionali”, sono più bravi e veloci, l’abbigliamento è più curato, li senti scherzare tra loro, scommettere, raccontarsi altre imprese e la fatica la nascondono bene. Meglio lasciarli andare, non cercare di stargli dietro, il rischio di andare “fuori giri” è altissimo. Anzi, ogni tanto, è consigliabile una breve sosta per riprendere fiato, magari con la scusa di controllare i copertoni o il cambio. Nessun problema se ti passa uno che ha dieci anni o quindici anni di più, basta dirsi che fa ciclismo da una vita, e comunque meglio non fare troppo gli orgogliosi perché la salita non perdona.

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Soprattutto adesso che comincia a somigliare davvero alla Luna e le pendenze sono più dure e “cattive”, come dicono in gergo. Negli ultimi chilometri aspetti i tornanti per riprendere fiato, ma c’è poco da rifiatare, la salita è ripida e bianca, qualche escursionista si ferma ai lati a fare foto, sì è una meraviglia ma lo sarà ancora di più quando tutto sarà finito. In cima ai 1912 metri della montagna di Petrarca, svetta una costruzione, ovviamente bianca, l’Osservatorio astronomico. Ma che fine ha fatto la stele di Simpson, il piccolo monumento di pietre e copertoni di ruote, diventato luogo di pellegrinaggio degli appassionati? La salita è stata affrontata dal versante “sbagliato”, ormai si potrà ammirare solo in discesa…

  Bisognerà tornare prima o poi, dalla parte giusta.


*PAOLO BRANCA   (Cagliaritano, 1958. Giornalista in pensione dopo una vita professionale trascorsa interamente a l'Unità. Tra i suoi vanti aver visto il Cagliari vincere lo scudetto e aver corso sei volte l’Eroica da 135 chilometri)


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