Il pane della disgrazia sul mare di Salina
di ALBERTO GAMBINO*
C’era una volta un pane poverissimo, ma talmente povero che nessuno voleva mangiarlo. Fu così che aggiungendo povertà a povertà nacque il pane cunzato, il pane cioè ripieno di ingredienti delle modeste tavole contadine: olive, origano, acciughe, capperi... Detto anche pane della disgrazia, quel pane fece strada diventando l’orgoglio della Sicilia, specie del trapanese. Oggi non c’è panetteria, tavola calda o trattoria che non offra ai suoi avventori "U pani cunzatu" condito con pomodorini, cipolla, alici e, in alcune varianti dell'entroterra, persino con salsiccia, funghi porcini e pancetta.
C’è una striscia di terra ai confini dell’isola di Salina, chiamata Lingua - di nome e di fatto - che ci ricorda la filosofia delle origini del pane cunzato, nella variante eoliana (capperi, cucunci, ricotta salata grattugiata sopra), con la testimonianza vivente del signor Alfredo.
Il pane cunzato qui viene proposto su un disco di pane tostato, farcito e servito con pomodorini, cipolle rosse, alici e altri prodotti del territorio insulare.
Alfredo vive a Salina da quando è nato, ottantuno anni fa. C'era la guerra e a cinque anni rimase orfano di padre; vendevano pesce e lui continuò a farlo per decenni. Poi arrivò un genovese e lo ingaggiò in un locale a Lingua a cucinare pesce fritto. La salatura delle acciughe diventò la specialità di Alfredo, coadiuvato dalla perizia delle donne dell'isola. Poco prima di morire il genovese lasciò ad Alfredo la padella per friggere il pesce e con questa in pugno Alfredo prese le redini del locale, ampliando l'offerta con un bar-ristorante. Le eccellenze: granite e, appunto, pane cunzato.
Da allora sono passati tanti anni, ma questo - il 2020 - è quello più particolare, trascorso per gran parte, causa virus, nella stanza da letto sovrastante il locale di punta Lingua.
Salina deve il suo nome a questa sottile striscia di terra dove sorgevano le prime saline.
Oggi è un borgo di pescatori che si popola nei mesi estivi di turisti della giornata, abbigliati con i parei sgargianti della vicina Panarea. Eppure l'habitat non ne risente: il ponte settecentesco di ciottoli di mare, le antiche vasche del periodo ellenico e il laghetto d'acqua salmastra delle origini del nome stanno lì immobili a segnare la sobria e umile personalità dei luoghi.
Lontano, quel tanto che basta, si vedono, da un lato, Stromboli e Panarea, dall’altro la costa di Lipari e talvolta, nelle giornate nitide e luminose, addirittura la costa sicula con l’Etna. Lingua è zona protetta dall'Europa per le sue caratteristiche climatiche che favoriscono specie di uccelli sempre più rari.
Non distanti, il borgo di Malfa con la chiesa settecentesca; Pollara, dove Troisi ambientò "Il postino"; Leni col suo santuario dedicato alla Madonna e la spiaggia di sabbia nera.
“Degli americani un giorno mi proposero di registrare il marchio e aprire una catena di fast food negli Usa: da Mr. Alfredo, pane cunzato e granite....", racconta sornione a braccetto col parroco dietro la mascherina sanitaria che lo protegge dal mondo in vacanza che, nonostante tutto, non gli mette paura. A quella proposta Alfredo disse di no: il pane cunzato fatto in serie perde di sapore, come i Mcdonald.
Così sta sempre lì, al bar, ad accogliere le frotte di turisti che si affacciano timidamente a cercare un tavolo libero e poi, trovato il posto seduti, col piglio determinato di clienti esigenti reclamano una mezz’ora di degustazione di pane cunzato e granite.
Fosse andato in America, mister Alfredo oggi sarebbe nella più nera delle crisi economiche del settore della ristorazione, oppure - chissà - si sarebbe salvato dalla pandemia grazie alla capacità di reinventarsi, diversificando le attività come fece cinquant'anni fa. Ma questo sarebbe un altro racconto di viaggio.
Alfredo sta lì a ricordarci che le origini di una storia non vanno mai dimenticate. Solo così le storie insegnano qualcosa a chi le ascolta.
*ALBERTO GAMBINO (Roma, 1967, professore di diritto, fa anche un
po' l'avvocato specie coi figli. Cattolico praticante e, quindi, peccatore. Ama
il pensiero lento e gli piace cantare fuori dal coro mescolando cose nuovissime
e cose antiche)
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