Haiti, gli schiavi che fecero la Rivoluzione come in Francia

di GIORGIO OLDRINI*

Era lì a qualche decina di chilometri dalla casa di Porto au Prince dove è stato assassinato qualche notte fa il Presidente di Haiti Jovenel Moise e ferita gravemente la moglie, che nel dicembre del 1492 sbarcò Cristoforo Colombo e il 25 di quel mese passò, primo europeo, il Natale sul nuovo continente. Per ricordare questo avvenimento Colombo battezzò Navidad il forte che fece immediatamente costruire. L’isola, che Cristoforo chiamò La Espaniola, era allora abitata da pochi indios, che vennero presto sterminati dal lavoro forzato, dalle persecuzioni e dalle malattie che i conquistatori avevano imposto o portato con sé. Quella di Colombo però è stata solo la prima invasione dell’isola. Più tardi arrivarono i francesi e quell’ex paradiso divenne terra di scontri tra potenze dell’epoca, Francia, Spagna, Inghilterra. La sua fortuna e la sua dannazione fu lo zucchero, per la cui lavorazione vennero importati migliaia e migliaia di schiavi dall’Africa nera, in proporzione ancora più numerosi di quelli che arrivavano nelle vicine Cuba, Giamaica, Barbados.


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Ma l’originalità di Haiti sta nel fatto che tra le fine del 1700 e i primi anni del 1800 vi arrivarono le idee della Rivoluzione francese. “Liberté, egalité, fraternitè” furono parole che fecero breccia tra gli schiavi neri che pensarono valessero anche per loro. Ci credette fino all’ultimo un ex schiavo, Toussaint Loverture, che guidò la rivolta contro i colonialisti e finì deportato in un carcere francese, dove morì. “Sono nato schiavo, ma la natura mi ha dato l’animo di un uomo libero” si era descritto così Toussaint. Ma la lotta degli schiavi continuò, a volte violentissima e crudele. Molti bianchi scapparono attraversando il braccio di mare che divide Haiti dall’Oriente cubano, e portarono in quella parte dell’isola vicina  i loro cognomi (Vilma Espin si chiamava la moglie di Raul Castro), la loro musica come il danzòn, i loro strumenti come il pianoforte. I racconti dei fuggiaschi condizionarono a lungo la vita politica di Cuba. Quando prendeva forza il partito che chiedeva l’indipendenza dalla Spagna, subito una parte della società “criolla” insorgeva “Non se ne parla, abbiamo troppi schiavi africani, finiremo come Haiti”. Per questo l’Avana fu l’ultima in America latina a liberarsi dalla Spagna. “I francesi” ancora oggi a Cuba sono chiamati i discendenti di quei fuggiaschi.  

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Deportato Toussaint, continuò la lotta il suo luogotenente Jean Jacques Dessalines che sconfisse i francesi, nel 1803 decretò la fine della schiavitù e nel 1804 proclamò la “Repubblica di Haiti”. Il primo caso di una rivolta di schiavi che fece nascere una nazione indipendente. Ebbe vita breve e il ritorno dei colonialisti fu tremendo. Questa volta furono molti rivoltosi ad attraversare quel braccio di mare e a cercare rifugio nell’isola vicina. Divisa La Espaniola tra i francesi, Haiti, e gli spagnoli, Santo Domingo, le differenze tra le due parti dell’isola si sono via via accentuate, anche se in tutte e due le parti, così come all’Avana, presto arrivarono gli Stati Uniti con i loro marines e i loro capitali speculativi. Del resto per il Presidente Monroe questo era “il cortile di casa degli Usa”. Non solo si appropriarono degli zuccherifici, ma persino della Banca centrale, quella che emette la moneta nazionale, assorbita dalla Citibank. Negli anni ’50 del secolo scorso gli Stati Uniti imposero il dittatore Francois Duvalier, Papà Doc, mentre a Santo Domingo avevano scelto Leonidas Trujillo, a Cuba Fulgencio Batista e nel Nicaragua continuavano a sostenere i Somoza.  Papà Doc governò con il terrore.  Alternava i riti voodoo, la magia nera, gli zombies con la ben più concreta spietata persecuzione dei Tonton macutes, una sorta di pretoriani che solo al dittatore rispondevano.


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Oggi Haiti è il Paese più povero dell’America, sul quale oltre tutto si è abbattuto nel 2010 un tremendo terremoto di grado 7 della scala Richter. La criminalità altissima lo rende anche il luogo più insicuro del continente. Secondo le Nazioni Unite ci sono circa 200 rapimenti al mese, magnati, suore, bambini. I riscatti vanno da milioni di dollari a pochi soldi, a volte solo derrate alimentari. La situazione politica è insieme causa e conseguenza di questa realtà. Il Presidente assassinato non si sapeva bene se fosse legittimamente al potere o no, il Parlamento non è mai stato riunito in un anno, vari giudici della Corte suprema erano stati cambiati d’autorità. La scorsa settimana erano stati assassinati per strada il giornalista Diego Charles e l’attivista politica Marie Antoinette Duclaire. Fino all’assassinio del Presidente in casa sua.  A pochi chilometri da dove Cristoforo Colombo celebrò il primo Natale in terre americane, in quello che allora era solo un paradiso dall’altra parte del mondo.


*GIORGIO OLDRINI (Sono nato 9 mesi e 10 giorni dopo che mio padre Abramo era tornato vivo da un lager nazista. Ho lavorato per 23 anni all’Unità e 8 di questi come corrispondente a Cuba e inviato in America latina. Dal 1990 ho lavorato a Panorama. Dal 2002 e per 10 anni sono stato sindaco di Sesto San Giovanni. Ho scritto alcuni libri di racconti e l’Università Statale di Milano mi ha riconosciuto “Cultore della materia” in Letteratura ispanoamericana)


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