Guida turistica al purgatorio - terza parte 10) Le ninfe, le salamandre, il ritorno

di PAOLO BIROLINI*

Ci sono due o tre cose belle ancora in giro nella mia testa e a quelle bisogna affidarsi. Facce etrusche irridenti, bambini, libri che sognano giovani che sognano libri, fiumi scomparsi, quartieri mai morti. Li porto con me pure se non mi vogliono. Come un cappello involontario, una piccola cicatrice, una fioritura autunnale.

Quando ho deciso che avrei raccontato di me e del mio mestiere maldestro e senza tempo, ho pensato fosse meglio liberare il racconto dai luoghi delle storie. Così ho tirato fuori i luoghi, le strade, la piccola storia ignobile del creato minuscolo e divino che sta sotto e sopra il Purgatorio. Perché la storia è leggera ma i luoghi sono densi, significano. Partono da un ponte senza fiume, finiscono con fiume che non ha mai conosciuto ponti, che spariva e scorreva e mutava e ristagnava. La storia aspetta, il fiume sta sparendo.

E dunque chetatevi, si arriva in fondo. Dagli ultimi luoghi umani staccate, attraversate il deserto delle paludi. Oltre i borghi e le fidanzate di dio, oltre le radure occupate e i pensieri molesti, c’è una strada che costeggia una ferrovia minore. Per la stessa strada potrete ripartire. Si chiamava Parco Fontane e forse ancora adesso si chiama così. Una toponomastica banale quella di quelle terre: acque, fontane, parchi. La parola irridente del mondo. Adesso a guardarlo trovate una favela, con il fiume masticato e sparito. Ma era un bosco intriso di acqua ed erba. Poche case e pochi camorristi assonnati, pochi fucili e poche porte sul retro.

Da lì si partivano gli amanti all’alba: “Destate Amore, a Deo…”. Da lì si partiva il ragazzo frettoloso, coi capelli del corvo e il petto lieve, da lì la ninfa nera e crocifissa, con gli occhi di giaietto e il seno candido come un giorno mariano, apriva la finestra sul deserto e lasciava il ragazzo e la sua fuga, la sua testa e l’universo madido del letto. I colpi di moschetto, il ghigno del doganiere.

Da lì partiamo noi e rovesciamo questa clessidra opaca. C’è una stazione piccola e un binario e di fianco un sentiero. Percorretelo cauti e dopo attraversatelo: rovi, spini, robinie e acque che muovono lentissime, come tutte le vite del Quartiere.

Questo era il posto più abitato del mondo, poi il più deserto, ora il più desolato. Ma quando il ragazzo decise di abitarvi, meriggio e fauno, un poco tutti i giorni, divenne un bosco magico e un racconto.

Raccoglievo le pietre del giudizio, le salamandre d’oro che davano l’oblio, le serpi che parlavano del male, cercavo il mio giardino, le colpe dei viventi e il pregiudizio.

Dell’acquitrino e del mondo voi troverete qui ogni spiegazione e il vostro viaggio non sarà stato inutile e il mio nemmeno. Dal confine dei ponti alle case cadute e ridestate, dai bar legnosi al sesso dei macelli, dai maghi neri alle femmine estese dei cancelli, dai cani magri ai lupi, qui troverete il senso e la condanna.

E una Ninfa. Una Ninfa.

                                                             Breve postilla del narratore.

En ma fin est mon commencement.     (Maria Stuart)

"In my beginning is my end"             (T.S.Eliot)

"Il principio e la fine sono la stessa cosa".               (Eraclito)

 

Mio nonno materno era mago. Di giorno per vivere era molitore, faceva farina, pasta. Come missione era mago, guaritore. Annullava le fatture, toglieva i vermi, aggiustava le ossa con le mani, liberava le fanciulle dalle fascinazioni, liberava le case dal maligno, dagli spettri, dagli occhi. Testimone oculare mia madre, che è l'unica dei numerosi figli ad averlo conosciuto da quasi adulta. Certo era un'adolescente quando il padre le insegnava i rudimenti del mestiere e la portava nelle case infestate dagli spiriti. Ma quelle cose me le raccontava come fossero vere. Anche se si è sempre rifiutata di seguirne le orme. Io penso che sia giunto il momento di raccoglierne l'eredità, di restituire quello che mi è stato donato. Ho evitato di esercitare per sessant'anni. Ma ora penso sia giunto il momento di attivare quello che era sopito, di muovere il non-nato. Vi guarirò, mi basterà toccarvi.


* PAOLO BIROLINI (Napoli, 1959; in lui convivono un fratello furbo e un fratello scemo. Quello scemo fa il Dirigente d'azienda e mantiene quello furbo, che prova a fare il poeta) 

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